ORDINI PROFESSIONALI E CONTROLLO MINISTERO ECONOMIA E FINANZE (MEF) SUL COSTO DEL PERSONALE

di Daniela Carbone

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Il Ministero dell’Economia e  delle Finanze, con la circolare 16.5.2019 n. 15, con decorrenza 2018,  pone a carico degli Ordini professionali obblighi di rilevazione e di invio dei dati relativi alla consistenza del personale in servizio ed in quiescenza e al relativo costo ai fini dello svolgimento delle attività di controllo sulla spesa pubblica incidente  sul comporto del personale pubblico ai sensi dell’art.60 del d.lgs. n.165/2001.

E ciò in quanto, per il Ministero, gli Ordini professionali, in quanto enti pubblici non economici, sarebbero amministrazioni pubbliche ex d.lgs. n.165/2001 e, quindi, soggetti per ciò solo all’obbligo dell’invio dei riferiti dati, obbligo a carico delle amministrazioni pubbliche.

Ordini professionali: natura giuridica pubblicistica o privatistica?

La circolare è stata impugnata dal Collegio provinciale dei Consulenti del lavoro di Livorno innanzi al Tar Lazio, ritenendo che il costo del personale (degli ordini professionali) non rientra nel conto consolidato della pubblica amministrazione, dal momento che gli ordini si finanziano autonomamente tramite le quote associative  degli iscritti, ed anche perché  gli Ordini non sono soggetti né al controllo di gestione da parte della Corte dei Conti né alla normativa di contabilità generale dello Stato.

La problematica è stata “risolta” dal TAR del Lazio, sezione seconda, con sentenza 2.11.2022 n. 14283 in senso favorevole agli ordini. In particolare, partendo dalla natura autoritativa della circolare impugnata (“la circolare in esame può essere qualificata quale atto amministrativo generale e astratto”), dichiara l’illegittimità dell’impugnata circolare in quanto agli ordini professionali  non può applicarsi in via automatica né l’intera disciplina sul pubblico impiego né  la generale disciplina sulla razionalizzazione e contenimento  della spesa pubblica. Si legge nella citata sentenza del Tar Lazio che

In tutti i casi in cui manca una disciplina ad hoc oppure in assenza di principi generali sul controllo della spesa pubblica, non può l’amministrazione sostituirsi al legislatore che, consapevole evidentemente del ruolo istituzionale svolto dagli Ordini, ha chiaramente indicato entro quali limiti tali enti possono essere soggetti al controllo della spesa. Nella fattispecie tali limiti sono stati travalicati in violazione dell’art.2, comma 2-bis, del d.l. n.101/2013, che assoggetta espressamente gli Ordini ai soli “principi” del d.lgs. n.165/2001 e non tout court all’intera disciplina e, …la normativa sul controllo della spesa pubblica non ha natura di principio ma, al contrario, costituisce un puntuale articolato normativo che conforma l’azione dell’amministrazione”

Per il TAR Lazio, quindi, il MEF, estendendo con la circolare impugnata agli Ordini professionali la specifica disciplina dettata dal d.lgs n.165/2001 sul controllo della spesa pubblica sul personale, ha di fatto innovato l’ordinamento in violazione del principio di legalità, in quanto vi ha “ricompreso soggetti che, pur svolgendo funzioni di rilievo pubblicistico, non rientrano nella categoria degli enti pubblici sottoposti per legge al controllo sulla spesa perché non finanziati con fondi pubblici.

E’ da ritenersi che i principi sanciti dalla riferita sentenza,   avendo annullato la circolare del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del 16.5.2019, prot. 114271, sono applicabili anche a tutti gli altri  ordini professionali,  e non soltanto al Collegio dei Consulenti del lavoro, che si è “prontamente ed efficacemente” attivato per l’annullamento della riferita circolare.


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