Media-conciliazione obbligatoria

di Andrea Pesci - Gennaro Torrese

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Con quest’ultimo provvedimento il Governo presieduto dall’Onorevole Letta reintroduce nel nostro ordinamento la media-conciliazione obbligatoria.
Non può negarsi che l’Avvocatura tutta (e forse, speriamolo, anche buona parte di questo paese) sia rimasta piuttosto sorpresa da questa decisione che va contro il buon senso e finanche contro una importante pronuncia della Corte Costituzionale.
Non v’è dubbio che le nuove norme, se confrontate con quelle contenute nella disciplina poi dichiarata incostituzionale, hanno qualche novità il cui sapore, a dire il vero, è per gli avvocati meramente consolatorio.
Gli avvocati saranno infatti mediatori di diritto e la nuova procedura avrà qualche riduzione nei costi e anche nella durata complessiva, tant’è vero che è previsto un incontro informativo e di programmazione tra le parti e il soggetto chiamato a svolgere la funzione di mediatore da svolgersi entro 30 giorni dal deposito dell’istanza.
Il suddetto termine verrà davvero inteso come perentorio o è lecito sospettare che alla fine possa esser considerato anche e soltanto meramente ordinatorio con le conseguenze che tutti gli avvocati possono facilmente prevedere?
Rimane il fatto che la nuova conciliazione mantiene una caratteristica (secondo molti legali addirittura odiosa) in forza della quale è da ritenersi obbligatoria e anche onerosa.
E’ proprio l’obbligatorietà che colpisce, così come aveva colpito nel recente passato.
Ed è proprio l’obbligatorietà, bisogna dirlo con franchezza, che fa venire più di un dubbio sulla legittimità costituzionale anche della nuova norma che comunque va ad incidere su quella parte fondamentale della carta costituzionale che riguarda l’accesso dei cittadini alla giurisdizione.
Ma le anomalie della conciliazione non finiscono qua.


Intanto il Governo Letta pare non aver considerato che intorno alla conciliazione, nuovamente obbligatoria, si creeranno meccanismi di business che finiranno per favorire più che l’interesse dei cittadini, quello degli istituti privati che saranno creati appositamente per svolgere la conciliazione.
Non solo, ma il ‘Decreto del Fare’ conferma anche la possibilità che i mediatori possano essere anche professionisti con caratteristiche diverse rispetto a quelle che il giurista deve avere.
Dato quest’ultimo preoccupante e neppure poco.
Com’è possibile che non si capisca un dato di chiara evidenza: gli accordi bonari e conciliativi in genere si raggiungono, talvolta su mere questioni economiche, ma talvolta anche sulla corretta interpretazione dei principi giuridici che presiedono e regolano la materia portata in conciliazione.
Difficile pensare che vi sia una figura diversa dall’avvocato (l’avvocato è giurista per definizione, ma proprio in virtù di questa sua capacità è anche capace di valutare gli aspetti economici che sono sottesi a questioni controverse) che possa svolgere appieno questo ruolo.
Ecco quindi che allorquando l’Avvocatura tutta, sia quella - diciamo - istituzionale, sia quella più associativa, ha chiesto a gran voce lo stralcio dal ‘Decreto del Fare’ delle disposizioni riguardanti la giustizia, non ha fatto altro che manifestare il proprio disagio, oltreché dissenso, rispetto ad una scelta davvero criticabile.
D’altra parte se è vero com’è vero che l’avvocato, anche per scelte importanti fatte negli ultimi anni (si pensi alla formazione continua e si pensi anche alla specializzazione), ha cercato di rafforzare la propria immagine e soprattutto la propria preparazione professionale, non può esservi dubbio che l’avvocato si veda, prima di ogni altra cosa e forse unicamente, come protagonista e parte integrante della giurisdizione.
Ovvio che ciò è inconciliabile con il concetto che sta alla base della media-conciliazione.
Che cosa succederà di qui alla metà di agosto?
Difficile fare previsioni.
Vi è qualche flebile speranza che il legislatore possa migliorare la normativa varata dal Governo Letta, ma la lucidità che deve accompagnare le istituzioni forensi (la Cassa di Previdenza, prima di tutto) impone di pensare in termini pessimistici.


Niente sarà migliorato e la struttura portante del Decreto Legge del Fare sarà confermata.
Speriamo di essere smentiti con i fatti, ma prepariamoci al peggio.
Quel che è giusto ribadire (e ciò al fine di evitare che qualcuno possa pensare che gli avvocati siano portatori solo di interessi propri, anche quelli meramente economici) è che la media-conciliazione finisce per pregiudicare quella richiesta di giustizia che è propria di uno dei più significativi diritti fondamentali che uno Stato moderno e civile deve saper riconoscere ai propri cittadini.


Avv.ti Andrea Pesci e Gennaro Torrese – Componenti Comitato di Redazione CF NEWS

 

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