PROPOSTA CONCILIATIVA DEL GIUDICE  E MEDIAZIONE DEMANDATA

di Pier Giorgio Avvisati

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Già il titolo della legge delega (n. 206/2021), poi reiterato nel decreto legislativo di attuazione (n. 149/2022) nel richiamare la “efficienza del processo civile” unitamente alla “revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie” ha reso  evidente  l’attenzione del legislatore delegante e delegato alla auspicabile complementarità tra giustizia giurisdizionale e giustizia consensuale con la valorizzazione di un sapiente esercizio dei poteri del giudice di promozione dell’autonomia privata delle parti nella composizione del loro conflitto, scegliendo esse stesse una soluzione creativa.

Opzioni conciliative nel contesto giudiziario

Tra le “opzioni conciliative” pensiamo all’invio delle parti in mediazione, alla  conciliazione giudiziale e alla proposta transattiva o conciliativa del Giudice.

Per la mediazione demandata vi è senza dubbio una valorizzazione e incentivazione dell’istituto: essa può essere disposta dal Giudice, anche in sede di Appello, “fino al momento di precisazione delle conclusioni” (in precedenza “prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni”) valutando una serie di indici che consentono di ritenere mediabile la lite già approdata in sede giudiziale.

Valutazione delle circostanze da parte del Giudice

Il Giudice, infatti, è tenuto a valutare “la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti” (come già in precedenza) ma anche “ogni altra circostanza” e questo permette al Giudicante di gettare il suo scandaglio ampiamente all’interno della vicenda rimessa al suo prudente apprezzamento.

Non vi sono limiti per materia e il Giudice può demandare la causa in mediazione, anche se è già stata in precedenza esperita, ad esempio perché obbligatoria per legge.

Motivazione dell’ordinanza e termini di avvio della mediazione

L’ordinanza deve essere adeguatamente  motivata, viene eliminato il termine di avvio per la mediazione, prevedendo che il Giudice fissi l’udienza di verifica dopo tre mesi, termine prorogabile.

La mediazione demandata costituisce condizione di procedibilità sopravvenuta della domanda giudiziale e si applicano i commi 4, 5 e 6 dell’art. 5.

Il Giudice deve verificare l’avvenuto esperimento all’udienza di rinvio a pena di improcedibilità della domanda giudiziale.

Anche per la demandata la condizione di procedibilità si considera avverata se il primo incontro si conclude senza l’accordo di mediazione.

La frequenza di corsi e seminari organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura in materia di mediazione e gli accordi conciliativi costituiscono indici di impegno, capacità e laboriosità del Magistrato per la valutazione di professionalità.

E’ prevista una rilevazione statistica delle ordinanze di invio in mediazione.

Collaborazione con enti per favorire la formazione

E’ anche considerata la facoltà da parte dei capi degli Uffici Giudiziari di realizzare progetti, in collaborazione con Università, Ordini Avvocati, Organismi di mediazione, enti di formazione e altri enti e associazioni professionali di categoria, senza onere per la finanza  pubblica, al fine di favorire la formazione in materia di mediazione e, in ultima istanza, aumentare il ricorso alla mediazione demandata.

Comparizione personale delle parti e tentativo di conciliazione

Oltre alla mediazione demandata, la riforma ha introdotto, all’art. 183 c.p.c.,  la previsione che le parti debbono comparire personalmente (richiamando l’art. 116 c.p.c.) e che il Giudice tenta la conciliazione ai sensi dell’art. 185 c.p.c..

Vi è poi, quanto alla proposta conciliativa del Giudice ex art.185 bis c.p.c., la indicazione che essa sia ora possibile fino al momento in cui viene fissata l’udienza di rimessione della causa in decisione (prima , invece, “sino a quando è esaurita l’istruttoria”).

L’art. 185 bis indica, quali parametri  di riferimento, la natura del giudizio, il valore della controversia, l’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione di diritto.

Possibilità di modificare la proposta conciliativa

Si è posto il problema se la proposta  sia modificabile  e in giurisprudenza può segnalarsi l’orientamento emerso (Trib. Latina ordinanza 9/11/2023) secondo il quale è possibile formulare una nuova proposta (nella fattispecie a seguito di dichiarazioni rese dalle parti in sede di comparizione), soluzione che si ritiene in linea con la necessità di adeguare la composizione alla situazione concreta e alle  emergenze anche sopravvenute in sede di comparizione disposta dal Giudice; (v. pure Trib. Roma 26.9.2019, che, quanto alla proposta, prevede che “ le parti potranno modificare e integrare secondo le circostanze del caso” in quanto “ ispirata dall’equità e che non è dato ritenerne la sovrapponibilità, in caso di mancato accordo, alla eventuale sentenza”.

Altro tema rilevante è quello di prevedere o meno la possibilità che la proposta debba essere di stretto riferimento giuridico o possa eventualmente considerare anche altri aspetti metagiuridici, valutando quelli che si definiscono gli interessi e i bisogni delle parti, cosa che non  pare esclusa in via di principio.

Utilizzo combinato degli istituti di mediazione e proposta conciliativa

Il riferimento della norma alla formulazione “ove possibile”, lascia intendere una incentivazione dell’istituto rimesso all’apprezzamento del magistrato, che potrà anche valutare la combinazione con la mediazione demandata, tenendo conto che il Giudice non è e non deve svolgere il ruolo di mediatore, che richiede una adeguata formazione e un continuo aggiornamento e un punto di osservazione sicuramente diverso da quello del Giudicante.

Si ritiene preferibile quindi un invio in mediazione con la possibilità in difetto di esito positivo dell’avanzamento di una proposta, stante la configurabile  connessione tra i due istituti.

E evidente che occorra una particolare sensibilità del Magistrato, frutto di valorizzazione di una cultura  idonea che vada oltre il conflitto e l’ambito strettamente giuridico e che riguardi anche la psicologia e le dinamiche relazionali tra le parti, cioè a  dire aspetti metagiuridici.

Nella mediazione demandata il Giudice propone alle parti di  avviare il percorso di definizione della lite con l’ausilio di un soggetto terzo, dotato di particolare propensione al ruolo, cosa sicuramente diversa dalla proposta che il giudice avanza mediante soluzione conciliativa o transattiva che richiede auspicabilmente idonea motivazione frutto di uno studio attento della causa ( secondo Trib. Roma 4.11.2013 “benchè la legge non preveda che la proposta formulata dal Giudice ai sensi dell’art.185 bis c.p.c. debba essere motivata…possono essere indicate alcune fondamentali direttrici utili a orientare le parti nella riflessione sul contenuto della proposta e nell’opportunità e convenienza di farla propria, ovvero di svilupparla autonomamente”; v. pure Trib. Messina 13.1.2023 per il quale la proposta “ dovrà essere alquanto dettagliata, così da evidenziare le criticità delle reciproche posizioni delle parti”; così come (Trib. Nocera Inferiore 27.8.2013) anche il rifiuto della proposta di conciliazione, ai sensi del combinato disposto dell’art. 185 bis c.p.c e degli artt. 91 e 92 c.p.c., deve essere sempre motivato per non incorrere nelle conseguenze di legge previste da queste ultime disposizioni”.

Il Giudice avrà quindi la possibilità di utilizzare anche entrambi gli istituti con lo stesso provvedimento proprio per valorizzare l’aspetto facilitativo (ripresa dei rapporti con possibilità delle parti di individuare la via più idonea per un accordo) o quello valutativo, prospettando una soluzione e potrebbe (Trib. Verona 18.4.2017) “ prima di assegnare alle parti il termine per presentare l’istanza di mediazione…formulare una proposta conciliativa ai sensi dell’art. 185 bis c.p.c. tenuto conto che l’eventuale esito negativo di tale iniziativa non renderà inutile il successivo esperimento della mediazione atteso che il mediatore potrà assumere tale proposta come base per un autonomo tentativo di conciliazione”(v. pure Trib. Palermo 16.7.2014 secondo il quale il Giudice, nel formulare la proposta conciliativa,può indicare alle parti che, qualora la proposta non venga accettata, sarà disposta la mediazione ex officio iudicis quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, condizione che si riterrà soddisfatta soltanto se al primo incontro le parti svolgano effettivamente il tentativo di mediazione”; Trib. Roma 26.9.2019 e 23.9.2013 secondo cui “ è possibile prevedere, anche all’interno dello stesso provvedimento che contiene la proposta del Giudice, un successivo percorso di mediazione demandata dal Magistrato”; e Trib. Verona 29.3.2022 per il quale “ il Giudice, in relazione a quanto emerso dagli atti processuali e all’ipotetico esito del giudizio, può formulare alle parti una proposta conciliativa evidenziandone la convenienza economica e processuale. Al contempo può invitare le parti ad esperire una procedura di mediazione demandata”.

Proposta conciliativa e differenza con la sentenza

E’ evidente che la motivazione della proposta sia cosa diversa da quella della sentenza non dovendo apparire esse sovrapponibili, mirando ad obiettivi distinti e avendo indubbia natura diversa.

Sul punto, Trib. Roma 1.2.2016  osserva che la proposta del Giudice “deve avvicinarsi quanto più possibile a quella che sarebbe una sentenza allo stato degli atti, variandone però l’esito con sapienti prudenti integrazioni e correttivi, ispirati all’equità e all’obiettivo accordo conseguibile solo attraverso la prospettazione, ad ognuna delle parti, di un possibile vantaggio ricavabile dall’accordo rispetto alla sentenza”

Si ritiene quindi utile avviare una riflessione sulla efficacia di una combinazione e coordinamento tra questi istituti, che costituiscono indubbiamente modelli diversi, ma che possono alimentarsi a vicenda e che favoriscono l’uscita della controversia dal processo anche attraverso un’interpretazione giurisprudenziale “fertile”, tenendo conto che la tendenziale preferenza per la mediazione demandata può derivare da una disciplina ben strutturata, articolata e complessa e dal ruolo indipendente e imparziale del mediatore che non è un giudice, così come è vero anche il contrario.

Accompagnare l’invio in mediazione all’avanzamento di una proposta in caso di esito negativo della prima potrebbe quindi sollecitare l’interessamento diretto delle parti con la loro partecipazione diretta e favorire un allargamento della successiva proposta ad aspetti più  ampi rispetto al thema decidendum in senso stretto.

Il “processo del tempo” nelle valutazioni delle parti

Da non sottovalutare anche, accanto al tempo del processo, il “processo del tempo”, che permetterebbe alle parti di utilizzare periodi più ampi per le valutazioni anche soggettive.

Sono tematiche tutte rilevanti per poter incrementare il ruolo veramente complementare della giustizia “non giurisdizionale”.

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