ONORARI DOVUTI DAL CLIENTE E LIQUIDAZIONE DEL GIUDICE A CARICO DEL SOCCOMBENTE

di Leonardo Carbone

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L’esito sfavorevole della causa non ha alcuna influenza nella liquidazione degli onorari nei confronti del cliente; così come non incide sul diritto al compenso dell’avvocato la circostanza che le prestazioni dell’avvocato non hanno arrecato alcun concreto utile al cliente. Infatti, l’obbligo del cliente di corrispondere all’avvocato gli onorari per l’assistenza legale ricevuta prescinde dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali;  né rileva su tale “diritto” la parziale compensazione delle spese di lite disposta dal giudice.

La problematica se la misura del compenso spettante all’avvocato sia o meno  vincolata alla pronuncia sulle spese da parte del giudice che definisce la causa, è stato risolta negativamente dalla giurisprudenza della Suprema Corte nel senso che la liquidazione degli onorari che l’avvocato pretende dal proprio cliente è indipendente e svincolata dalla statuizione che condanna la parte soccombente al pagamento delle spese e degli onorari di causa (Cass. 6 marzo 2018 n. 5224). 

Il cliente è sempre obbligato a corrispondere gli onorari all' avvocato da lui nominato, ma la determinazione del relativo ammontare non è vincolata dalla pronuncia sulle spese del giudice che ha definito la causa cui quelle spese si riferiscono.

La misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato, quindi, prescinde dalle statuizioni del giudice contenute nella sentenza che condanna la controparte alle spese ed agli onorari di causa, misura che deve essere determinata in base ai criteri diversi da quelli che regolano la liquidazione delle spese tra le parti. Il cliente è sempre obbligato a corrispondere gli onorari all’avvocato da lui nominato ed il relativo ammontare deve essere determinato dal giudice nei suoi specifici confronti, senza essere vincolato alla pronuncia sulle spese da parte del giudice che ha definito la causa cui le stesse si riferiscono; e ciò anche perché sono diversi i criteri dettati per la liquidazione degli onorari a carico del cliente ed a carico della controparte (Cass. 17 ottobre 2018 n. 25992). Peraltro, si evidenzia come la sentenza che ha provveduto alla liquidazione delle spese giudiziali non ha efficacia (cioè non è vincolante) nei confronti dell’avvocato per l’assorbente ragione che lo stesso non è parte nel giudizio che ha contrapposto il cliente alla controparte.

Pertanto, la misura degli onorari dovuti dal cliente al proprio avvocato prescinde dalla liquidazione contenuta nella sentenza, che condanna l’altra parte al pagamento delle spese ed onorari di causa. Tale principio “vale” anche dopo l'entrata in vigore della l.n.247/2012, che ha determinato il passaggio dal sistema tariffario a quello dei parametri. L'art.13 della l.247/2012, là dove prevede che se il compenso non è stato stabilito per iscritto tra cliente ed avvocato è liquidato dal giudice,ne ragguaglia la determinazione non già al principio di causalità, che governa le statuizioni sulle spese contenute nel provvedimento che definisce il giudizio, bensì ai parametri allegati al dm n.55/2014. Solo l’inequivoca rinuncia del legale al maggior compenso può impedirgli di pretendere onorari maggiori e diversi da quelli liquidati in sentenza (la rinuncia non può essere desunta dalla accettazione della somma corrisposta dal cliente, e posta a carico dell’altra parte, quando non risulti in concreto che la somma è stata accettata a saldo di ogni credito per tale titolo).

Il cliente, quindi, è sempre obbligato a corrispondere gli onorari all' avvocato da lui nominato, ma la determinazione del relativo ammontare non è conformata dalla pronuncia sulle spese del giudice che ha definito la causa cui quelle spese si riferiscono.

Con riferimento specifico alla figura dell’avvocato difensore di una curatela fallimentare, la Suprema Corte, con decisione 29 settembre 2023 n. 27586 (in Foro it., 2023,, I, 2730), afferma che in tema di fallimento, qualora il giudice della causa in cui si sia costituita la procedura liquidi a titolo di spese legali un importo maggiore rispetto a quello liquidato dal giudice delegato su istanza del difensore e la pronuncia diventi cosa giudicata, il passaggio in giudicato determina la definitività del solo parametro di determinazione del valore della causa trattata e non già della quantificazione delle somme operata, ma il difensore, in sede di reclamo contro il decreto di liquidazione ex art.26 l. fall., ha diritto di pretendere la differenza a titolo d'ingiustificato arricchimento della massa, che gli è riconosciuta con pronuncia i cui effetti sono sospensivamente condizionati all'effettivo incameramento della somma corrispondente da parte del curatore, se non già avvenuto .


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