MESSAGGI WHATSAPP NEI PROCEDIMENTI CIVILI: NUOVE LINEE GUIDA DELLA CASSAZIONE
09/02/2025
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La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito l'ammissibilità dei messaggi WhatsApp come prove documentali nei procedimenti civili, a condizione che ne sia verificata la provenienza e l'affidabilità. Le pronunce dell’Ordinanza n. 1254/2025 e della Sentenza n. 11197 del 27 aprile 2023 hanno fornito chiarimenti cruciali, delineando un quadro normativo aggiornato in un contesto di crescente digitalizzazione delle comunicazioni.
Un nuovo paradigma probatorio nel processo civile
Con l’Ordinanza n. 1254/2025, la Suprema Corte ha riconosciuto che i messaggi WhatsApp, al pari degli SMS, possono costituire prova piena dei fatti e delle circostanze in essi rappresentati. La Cassazione ha sottolineato che tali comunicazioni, considerate riproduzioni informatiche e meccaniche ai sensi dell’art. 2712 del Codice Civile, assumono efficacia probatoria se la parte contro cui sono prodotte non ne contesta esplicitamente la conformità alla realtà.
La Sentenza n. 11197 del 27 aprile 2023, richiamata nella stessa ordinanza e ampiamente commentata dalla dottrina, ha ulteriormente precisato che la modalità di acquisizione dei messaggi, ad esempio tramite screenshot, è legittima purché si possa dimostrare con certezza l’origine e l’integrità del documento digitale. La Cassazione ribadisce così l'importanza di una rigorosa verifica tecnica, elemento imprescindibile per evitare abusi e garantire la corretta ricostruzione dei fatti
I criteri per l’ammissione della prova digitale
Entrambe le pronunce evidenziano che il valore probatorio dei messaggi WhatsApp dipende da due aspetti fondamentali:
- Autenticità della provenienza: È necessario dimostrare che il messaggio provenga da un dispositivo identificabile e che la trasmissione e la conservazione non ne abbiano alterato il contenuto.
- Affidabilità e integrità del contenuto: La prova deve essere supportata da strumenti tecnici e, se necessario, da perizie forensi, che attestino che il contenuto non sia stato manipolato e rispecchi fedelmente la comunicazione originaria
La sentenza 11197/2023 ha stabilito che la semplice riproduzione fotografica dei messaggi è sufficiente a garantire la validità della prova, se accertato il corretto iter di acquisizione e se il destinatario non ne contesta la veridicità in maniera circostanziata
L’orientamento espresso dalla Cassazione rappresenta un significativo passo avanti nell’aggiornamento del sistema probatorio alle esigenze del mondo digitale. La possibilità di utilizzare i messaggi WhatsApp come prova piena consente, da un lato, di rendere più efficiente la ricostruzione dei fatti in sede processuale, dall’altro di porre l’attenzione sulla necessità di un’accurata gestione e conservazione dei dati digitali.
Gli operatori del diritto e gli esperti forensi sono invitati a implementare metodologie rigorose per l’acquisizione e la conservazione delle prove digitali, affinché il loro utilizzo in giudizio non sia oggetto di contestazioni e risulti sempre in linea con i principi di autenticità e attendibilità sanciti dalla giurisprudenza
L’Ordinanza n. 1254/2025 e la Sentenza n. 11197 del 27/04/2023 evidenziano la volontà della Cassazione di adeguare il diritto alle trasformazioni tecnologiche in atto. Riconoscendo la piena validità probatoria dei messaggi WhatsApp, a condizione di un’adeguata verifica della loro provenienza e integrità. Rimane, tuttavia, fondamentale monitorare l’applicazione pratica di questi criteri, affinché l’innovazione non comprometta la tutela dei diritti delle parti e la sicurezza processuale