Difesa legittima, sicurezza privata e Costituzione: una breve riflessione sulla nuova normativa
29/04/2019
Stampa la pagina
A distanza di pochi anni dalle precedenti modifiche della disciplina della difesa legittima, senza attendere lo sviluppo dell’elaborazione di giurisprudenza e dottrina diretta a stabilizzare l’interpretazione e l’applicazione di tale disciplina come modificata nel 2006, il Legislatore ha prodotto una ulteriore riforma di tale istituto.
L’originaria norma, come prevista dal codice penale del 1930, era stata sottoposta, con l’entrata in vigore della Costituzione, a un’interpretazione costituzionalmente orientata, caratterizzata, soprattutto, dallo spostamento del suo baricentro dal riferimento alla proporzione tra mezzi a quello della proporzione tra beni.
La riforma del 2019 delle disposizioni dell’art. 52 e dell’art. 55 c.p. richiede un’analisi sotto tre profili, quello simbolico-totemico, quello politico-criminale e quello dogmatico.
L’istituto della difesa legittima è forma di manifestazione di un principio generale, quello della impedibilità della condotta illecita altrui, e trova attuazione nelle ipotesi in cui la necessità di difesa di un diritto proprio o altrui da un’aggressione ingiusta non consente di attendere l’intervento degli organi statuali preposti, unici detentori del potere di uso legittimo della forza.
In presenza di diffusi fenomeni di criminalità predatoria che hanno destato allarme nell'opinione pubblica, si è ritenuto di rispondere con un ampliamento della facoltà del privato di uso della forza per respingere un’aggressione ingiusta e con una semplificazione delle regole di accertamento della legittimità di tale uso della forza da parte del privato.
Recuperando, a volte anche esplicitamente, il criterio della proporzione tra mezzi (già superato, come prima si è detto, da un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’originaria norma dell’art. 52 c.p.), mediante la previsione che “nei casi previsti dall’art. 614, primo e secondo comma, sussiste sempre il rapporto di proporzione … al fine di difendere i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione”; accentuando l’utilizzazione di una sorta di metodo casistico, che può condurre a una differenziazione di disciplina di situazioni simili sul piano della ratio e di difficoltà di interpretazione e di applicazione; sovrapponendo profili relativi alla prova con profili attinenti alla struttura, come ad es. laddove viene indicato come apparente elemento di struttura lo “stato di grave turbamento”, che, in realtà, è un elemento di prova relativo all'eventuale integrazione dell’ipotesi di cui all’ult. co. dell’art. 59 c.p., riguardante la legittima difesa putativa; e introducendo elementi di difficile tipicizzazione, come, ad es., questo del “grave turbamento”, risultando del tutto non identificabile un criterio per distinguere il “grave” turbamento dal “semplice” turbamento. Non è questa, però, la sede per un’analisi della nuova disciplina sotto il profilo dogmatico.
Sul piano politico-criminale, a fronte di un’azione di contrasto alla criminalità mafiosa e alla criminalità predatoria che forse richiede una rielaborazione e un rinnovamento, la soluzione sul tema dell’uso della forza da parte del privato a difesa propria o di altri nelle ipotesi in cui non sia in condizione di intervenite tempestivamente la tutela degli organi statuali preposti, dovrebbe essere trovata su un piano diverso e più organico da quello adottato dalla riforma in esame.
Come sopra detto, la riforma reintroduce una sostanziale rielaborazione della proporzione tra mezzi, che costituiva un criterio giurisprudenziale di applicazione della norma di cui all'art. 52 c.p. prima dell'entrata in vigore della Costituzione e del conseguente riferimento da parte della giurisprudenza al criterio della proporzione tra beni.
Il tema della facoltà di sparare da parte di chi abita nella casa "violata" ha degli aspetti di somiglianza con il tema dei cd "offendicula", che è stato oggetto di ampia elaborazione sia prima, che dopo l'entrata in vigore della Costituzione e che ha subito un'evoluzione interpretativa parallelamente al passaggio dalla proporzione tra mezzi a quella tra beni.
Mutatis mutandis, bisognerebbe, forse, riposizionare l’attenzione sul tema degli “offendicula”, sostituendo tali mezzi con altri più moderni, non pericolosi e più efficaci strumenti di tutela. Per rendere l’idea, la norma dell'art. 52 c.p., a differenza di quella di cui all'art. 54 c.p. (stato di necessità), non prevede l'elemento del non '"altrimenti evitabile": però, nel momento in cui ci si sgancia da un criterio di proporzione tra beni, sarebbe stato forse opportuno, comunque, prevedere dei correttivi, attinenti, ad es., alla necessità che il luogo di privata dimora abbia un allarme collegato a un posto di polizia o a una centrale di sorveglianza privata, ecc. .
Proprio nella prospettiva politico criminale non è probabile che la nuova norma provocherà effetti significativi sul piano della prevenzione generale e speciale.
Come già negli anni '20 e ’30 del novecento hanno affermato esponenti della Scuola di Francoforte, l'aumento o la diminuzione dei reati contro il patrimonio non dipende dalla repressione penale, ma dalle condizioni economiche: quindi, anche l'ampliamento degli spazi di legittima difesa difficilmente avrà maggiori capacità di deterrenza.
Un'incentivazione dei sistemi di allarme collegati (magari anche a spese dello Stato) a centrali di sicurezza pubbliche o private e una maggiore attenzione all'azione di contrasto alla criminalità predatoria produrrebbero, forse, effetti di prevenzione generale e speciale più incisivi.
La “difesa”, se si mantiene tale, è sicuramente legittima, lo è sempre stata e lo sarà per sempre: ma se la “difesa” travalica in una ingiustificata quanto sproporzionata reazione essa non può, sul piano normativo e su quello applicativo, essere ritenuta legittima.
Appare necessario, pertanto, iniziare un approfondito dibattito su un ulteriore intervento di riforma.
A un’esigenza reale e avvertita di una maggiore tutela della sicurezza privata occorre rispondere mediante misure organiche che attengano, contestualmente, al piano normativo penale e processuale penale, al piano organizzativo, al piano tecnico-strumentale. Misure che siano compatibili con la Costituzione e il diritto naturale, che siano attuazione di scelte politico–criminali efficaci sul piano degli effetti di prevenzione generale e speciale e che non comportino una destrutturazione del diritto penale.
Avv. Antonio Mazzone – Foro di Locri
Avv. Nicolino Zaffina – Consigliere di Amministrazione Cassa Forense