CONFISCA PER EQUIVALENTE NEI REATI CONCORSUALI: LA CORTE DI CASSAZIONE INTERPELLA LE SEZIONI UNITE

di Lorena Puccetti

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RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE LA QUESTIONE SE IN CASO DI CONCORSO NEL REATO LA CONFISCA PER EQUIVALENTE PUÒ ESSERE DISPOSTA IN CAPO A CIASCUN CONCORRENTE PER L’INTERO PROFITTO

Con ordinanza del 5 marzo 2024, depositata il 3 giugno 2024, n. 22935, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: «se, in caso, di pluralità di concorrenti nel reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l’intero nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente da quanto da ognuno eventualmente percepito, oppure se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno; od ancora se, in quest’ultimo caso, la confisca debba comunque essere ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ognuno oppure in parti uguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali». 

La questione rimessa alle Sezioni Unite si è posta nell’ambito di un ricorso di legittimità presentato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, in relazione al delitto di associazione per delinquere finalizzato alla corruzione tra privati ed altri reati scopo, con la quale era stata disposta la confisca per equivalente nei confronti di due dei concorrenti per l’intero profitto dei reati loro ascritti.

Come precisato nell’ordinanza di rimessione, la decisione dei ricorsi di legittimità presuppone la risoluzione di un annoso contrasto giurisprudenziale che riguarda la ripartizione della confisca per equivalente del profitto del reato in caso di pluralità di concorrenti nel medesimo. È infatti controverso se tale misura possa essere disposta per l’intero valore del profitto nei confronti di ciascun concorrente, indipendentemente dalla misura dell’arricchimento individuale, o se invece la confisca per equivalente debba essere suddivisa fra i concorrenti e, in questo caso, secondo quali criteri.  Si tratta di un problema che si pone, in termini speculari, già con riferimento al provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, fermo restando che gli elementi probatori emersi nel corso del giudizio possono modificare il calcolo del profitto, complessivo o individuale, determinato dal reato.    

L’orientamento prevalente fa leva sul principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, il quale implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa in capo a ciascun concorrente. Da tale principio, se ne ricaverebbe che la confisca per equivalente deve essere disposta verso ciascuno dei correi per l’intera entità del profitto accertato a prescindere dalla valutazione delle condotte individuali ed indipendentemente da quanto conseguito dal singolo, fatta salva la solidarietà interna tra i concorrenti. In tal senso si veda, ex multis, Cass. Pen., Sez. II, 18.4.2023 n. 22053 che ha ritenuto ammissibile la confisca dell’intero prodotto «anche per equivalente a prescindere dal ruolo concretamente svolto da ciascun concorrente, essendo sufficiente a tal fine un qualunque contributo causale, con l’unico limite costituito dal divieto di duplicazione».

Secondo un diverso orientamento, sviluppatosi soprattutto con riferimento alla fase cautelare e del quale è espressione Cass. Pen., Sez. III, 6.3.2024 n. 11617, solo qualora non sia possibile «individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente, o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno», altrimenti il provvedimento ablativo deve limitarsi ad apprendere quanto individualmente percepito.

In base ad una terza impostazione, anche nel caso in cui non sia possibile stabilire la porzione di profitto singolarmente attribuibile, bisogna comunque procedere alla ripartizione della confisca tra i concorrenti del reato, anche se non vi è conformità sulle modalità con cui operare tale divisione. Secondo Cass. Pen., Sez. I, 16.11.2016 n. 4902 l’importo totale del profitto andrebbe frazionato in parti uguali fra tutti i concorrenti «secondo il criterio della solidarietà interna di cui all’art. 1298 c.c.».  Invece, Cass. Pen., Sez. VI, 20.1.2021 n. 4727 ha precisato che il riparto della confisca deve essere commisurato in prima battura al grado di partecipazione al profitto di ciascun concorrente ed eventualmente, qualora tale determinazione non risulti possibile, «risulta legittima la suddivisione dell’importo pro-quota tra i compartecipi».  

Nell’attesa che la pronuncia delle Sezioni Unite ponga fine ad un contrasto giurisprudenziale che da troppo tempo genera incertezza su un istituto il quale, come precisato nell’ordinanza di rimessione, ha «ricadute incisive sui diritti del cittadino», ci si limita alle seguenti osservazioni. 

In primo luogo, va ricordato che secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, la confisca per equivalente, posto che si rivolge a beni non legati da un nesso di pertinenzialità con il reato, ha natura «eminentemente sanzionatoria» (Cfr. Corte Cost., ord. 2.4.2009, n. 97 e Cass. Pen., Sez. Un., 31.1. 2013 n.18374). Ciò premesso, si osserva che l’orientamento teso a legittimare la confisca per equivalente per l’intero profitto in capo a ciascuno dei concorrenti muove dall’erroneo presupposto dogmatico che il modello unitario del reato concorsuale giustificherebbe una confisca di valore identico per ciascuno dei correi. In altri termini, secondo questa prospettiva, l’unitarietà del concorso dovrebbe comportare, con riferimento alla confisca per equivalente, l’applicazione del medesimo trattamento sanzionatorio a tutti i concorrenti del reato. In realtà, anche nell’ambito dei reati concorsuali, il nostro sistema impone al giudice di commisurare la pena in relazione alla specifica condotta individuale ed al grado di responsabilità di ciascun correo. Pertanto, già sotto questo profilo, la pretesa di disporre a carico del singolo concorrente nel reato una confisca per equivalente pari all’importo dell’intero profitto, a prescindere dal concreto contributo causale, è priva di qualsiasi fondamento giuridico. Anzi, la misura ablativa calcolata per l’intero profitto, e indipendentemente dall’apporto della singola condotta al programma concorsuale si tradurrebbe in una pena patrimoniale in misura fissa ed eccedente rispetto alla condotta individuale, in contrasto con il principio di proporzionalità della pena.

Inoltre, in molte delle pronunce, emerge un equivoco di fondo sulla intrinseca funzione della confisca per equivalente la quale è una misura che, ove sia normativamente prevista, si applica in via sussidiaria qualora non sia possibile apprendere in via diretta lo specifico profitto del reato. Ne consegue che la determinazione della misura della confisca per equivalente deve essere parametrata esclusivamente al previo calcolo del profitto derivato dal reato. Trasferendo tali considerazioni sul piano del reato concorsuale, in relazione a ciascun concorrente la confisca per equivalente deve essere riferita al concreto profitto effettivamente conseguito mentre altri indici, come quelli relativi all’efficacia del contributo causale e al grado della responsabilità individuale, appaiono eterogenei rispetto allo scopo di tale misura. Quanto al richiamo alla disciplina civilistica, è appena il caso di sottolineare che le modalità di riparto interno fra i debitori solidali di un’obbligazione nulla hanno a che vedere con i criteri di commisurazione della pena.

In conclusione, in base ai principi che si ricavano dal tessuto normativo e giurisprudenziale, in caso di reato concorsuale la confisca per equivalente dovrebbe essere disposta solo per l’importo corrispondente all’effettivo arricchimento concretamente conseguito da ciascun concorrente. Sottraendo al singolo più di quanto egli ha effettivamente ottenuto dall’illecito, da un lato si conferisce alla confisca per equivalente una finalità ultronea, ed al contempo si infligge al destinatario della misura una sanzione che, essendo calcolata in misura uguale per tutti i concorrenti, è in palese contraddizione con il principio di personalità della pena.

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