RESPONSABILITÀ CIVILE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: LO STATO DELL’ARTE E LE PROSPETTIVE FUTURE

di Marco Martorana

Stampa la pagina
foto

La diffusione di dispositivi dotati di intelligenza artificiale (AI) comporta inevitabilmente l’insorgenza di rischi in capo agli utenti che li utilizzano, da questi rischi possono poi derivare dei danni, i quali a loro volta dovranno presumibilmente essere risarciti.

Ecco allora che si va incontro ad una delle tematiche più controverse in materia di nuove tecnologie: la responsabilità civile derivante dall’uso di strumenti basati sull’AI.

Il primo aspetto problematico da considerare è che la disciplina vigente in tema di responsabilità civile nasce per regolamentare le conseguenze del comportamento umano, soggetti quindi senzienti e capaci di prendere decisioni totalmente autonome.

L’intelligenza artificiale è invece un oggetto, certamente molto avanzato, ma comunque uno strumento il cui funzionamento si basa sull’elaborazione di quantità più o meno grandi di dati immessi dall’esterno. In altri termini, il ruolo dell’uomo è imprescindibile.

Risulta quindi difficile imputare all’intelligenza artificiale una responsabilità giuridica per danni, rendendosi quindi necessario individuare altre strade, con le relative ed inevitabili forzature.

Un primo approccio in tal senso è arrivato dal Parlamento Europeo con la Risoluzione del 20 ottobre 2020, con la quale è stata prospettata la possibilità di ricorrere alla responsabilità oggettiva del produttore regolata dalla Direttiva 85/374/CEE. In particolare, questa sussiste anche in assenza di colpa, qualora il danneggiato riesca a provare la difettosità del prodotto, il danno e il nesso di causalità tra quest’ultimo ed il difetto.

A titolo di prova liberatoria, il produttore deve invece dimostrare, in base al c.d. rischio di sviluppo, l’imprevedibilità del difetto al momento della messa in circolazione o la sua sopravvenienza.

Non mancano però i dubbi, soprattutto circa l’onere probatorio particolarmente proibitivo posto a carico del consumatore. È infatti improbabile che l’utente comune possa dimostrare il difetto, il danno subito e il nesso di causalità in relazione a dispositivi altamente tecnologici.

Problemi analoghi riguardano l’ordinamento italiano, dove le norme astrattamente applicabili presentano molteplici ostacoli. In particolare, gli artt. 2050, 2051 e 2052 c.c., rispettivamente dedicati alla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, alla responsabilità per danni causati da cose in custodia e a quella per danni causati da animali, sono incompatibili con i dispositivi basati sull’AI. Infatti, questi non presentano pericolosità intrinseche particolari (art. 2050 c.c.) e hanno elementi di opacità, autonomia e prevedibilità tali non essere riconducibili agli artt. 2051 e 2052 c.c.

Senonché, a fine settembre la Commissione Europea ha presentato la AI Liability Directive, Direttiva sulla responsabilità dell’AI, un provvedimento che dovrebbe vedere la luce tra un paio di anni, contemporaneamente al Regolamento sull’AI presentato ad aprile 2021.

La proposta di Direttiva ha l’obiettivo di intervenire per alleggerire, da un punto di vista processuale, l’onere della prova per il soggetto danneggiato, introducendo, in presenza di determinate condizioni, una presunzione di colpevolezza del danneggiante produttore.

In altri termini, si realizzerebbe un’inversione dell’onere della prova, per cui spetterebbe al produttore dimostrare di aver fatto tutto ciò che era esigibile al fine di evitare il danno realizzatosi a danno del consumatore, diversamente da quanto previsto -come anticipato poc’anzi- dalla Direttiva 85/374/CEE, che prevede invece la responsabilità oggettiva del produttore condizionata dall’adempimento di un complicato onere della prova a carico del consumatore.

La futura normativa comunitaria potrebbe quindi risolvere alla radice un vuoto normativo che ancora persiste, introducendo una disciplina ad hoc che fondi le radici sulla responsabilità civile tradizionale, ma con elementi che la rendano adatta ad essere applicata ai dispositivi di intelligenza artificiale, cosa che, come visto, è attualmente improbabile con l’impianto normativo vigente.


Altri in DIRITTO

Potrebbe interessarti anche