MESSAGGISTICA CRIPTATA NEL PROCESSO PENALE: LA CASSAZIONE FA IL PUNTO SU COME SI ACQUISISCONO I MESSAGGI WHATSAPP

di Massimo Borgobello

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La prima sezione penale della Cassazione (sentenza 3 aprile 2024 n. 13535) ha annullato un’ordinanza cautelare confermata dal Tribunale del riesame di Bari per l’erronea procedura adottata nell’acquisizione di messaggistica criptata.

La procedura adottata, di regola, era quella prevista dall’articolo 234 bis del Codice di Procedura Penale, rubricato “Acquisizione di documenti e dati informatici”, che dispone quanto segue:

È sempre consentita l'acquisizione di documenti e dati informatici conservati all'estero, anche diversi da quelli disponibili al pubblico, previo consenso, in quest'ultimo caso, del legittimo titolare”.

Applicare sic et simpliciter l’articolo 234 bis del Codice, però, significa ridurre significativamente le garanzie di libertà delle comunicazioni tra privati, ragione per la quale le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute di recente, ossia il 29 febbraio 2024.

Le Sezioni Unite hanno quindi stabilito la necessità di un vaglio di legalità.

Nello specifico, come si legge nella sentenza n. 13535/24,

Dalle informazioni provvisorie appena esaminate si evince che le Sezioni unite hanno superato il principio affermato dalla giurisprudenza maggioritaria in forza del quale la messaggistica oggetto di esame può essere sempre acquista nel procedimento ai sensi dell’articolo 234 bis cod. proc. pen., alla stregua di dati informativi di natura documentale conservati all’estero, per approdare alla diversa conclusione che l’acquisizione ed utilizzazione dei messaggi in questione è sottoposta a regole, limiti e garanzie diverse che dipendono dalle modalità con cui l’autorità estera ha, a sua volta, acquisito i dati conservati nel server.

In particolare, se ciò è avvenuto mediante la captazione, condotta in tempo reale, di un flusso di comunicazioni in atto si è realizzata attività di intercettazione in procedimento separato con la conseguenza che, pur potendo essere richieste dal pubblico ministero italiano tramite ordine di indagine europeo, trova applicazione l’articolo 270 cod. proc. pen.

Spetta, comunque, al giudice dello Stato di emissione dell’ordine europeo di indagine, la competenza a valutare il rispetto dei diritti fondamentali, del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. Qualora, invece, fossero ottenute da autorità giudiziaria estera trascrizioni di comunicazioni già avvenute e conservate nella memoria dei supporti utilizzati dai dialoganti, allora i relativi dati sarebbero da considerare documenti, acquisibili ai sensi dell’articolo 238 cod. proc. pen.”

La sentenza depositata il 4 aprile 2024, quindi, ha preso atto di questa distinzione e l’ha applicata al caso giunto al suo vaglio.

La Prima sezione penale ha quindi stabilito che

il Tribunale del riesame, conformandosi ai principi enunciati dall’orientamento superato, ha erroneamente ritenuto ininfluente accertare le modalità con cui l’autorità francese aveva acquisito le conversazioni conservate nel server e poi trasmesse in esecuzione del nuovo ordine europeo di indagine, al pubblico ministero italiano che le aveva richieste. 

Tale accertamento, opportunamente sollecitato dalla difesa con una richiesta di riesame doveva, invece, essere effettuato perché, come chiarito da una sopravvenuta pronuncia a Sezioni unite del 29 febbraio 2024, funzionale a stabilire le regole di acquisizione della messaggistica nel procedimento penale e, conseguentemente, dei limiti della sua utilizzabilità ai fini della decisione cautelare”.

L’esito non è stato, comunque, l’annullamento completo dell’ordinanza cautelare, ma un annullamento con rinvio

per un nuovo giudizio al Tribunale di Bari che, nel rispetto dei principi enunciati colmerà le lacune motivazionali e, in particolare, quelle relative al procedimento probatorio seguito dall’autorità straniera per acquisire i dati informativi trasmessi a seguito di ordine europeo di indagine”.


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