Le sezioni unite c.d. “Bajrami”: una fenditura in taluni principi generali del c.p.p.?

di Domenico Zaffina

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La recente pronuncia delle Sezioni Unite (n. 41736/2019) si è già posta all'attenzione e alla conoscenza degli operatori del diritto ed è già stata oggetto di presentazione e dibattito in questa rubrica e in diverse altre sedi, di tal che si può pretermettere l’inquadramento del provvedimento e passare direttamente all'analisi di uno specifico suo passaggio.

Nell'affermare che in caso di mutamento del Giudice a istruttoria dibattimentale in corso si debba  procedere -effettivamente o formalmente- alla rinnovazione dell’istruttoria e, prima ancora, alla nuova ammissione delle richieste istruttorie, le Sezioni Unite si sono spinte sino ad affermare che le parti del processo hanno in quelle condizioni finanche la facoltà di articolare nuove richieste di prova, sulle quali il Giudice potrà provvedere, in accoglimento o in rigetto, pure valutandone l’eventuale inutilità o superfluità anche in funzione dell’andamento dell’attività istruttoria precedentemente svoltasi.

Ad esempio e più concretamente, secondo le linee guida attribuibili alle Sezioni Unite, la richiesta di nuova escussione di un teste già esaminato potrà essere rigettata anche avuto riguardo alle dichiarazioni già precedentemente rese.

Tanto significa inevitabilmente attribuire al Giudice il potere di conoscere il materiale probatorio già contenuto nel fascicolo o, comunque, implicitamente ammettere o accettare che il Giudice possa conoscere il materiale probatorio già contenuto nel fascicolo.

V’è però che il Giudice -ancorché “subentrato” e stante la regressione del procedimento alla fase precedente l’articolazione, l’ammissione e la formazione delle prove- al momento dell’ammissione delle prove dovrebbe trovarsi nella condizione di colui che nulla conosce e nulla può conoscere della vicenda nel merito e delle risultanze probatorie.

Ciò anche in considerazione del principio secondo il quale la prova si forma e si raccoglie nel corso del dibattimento e all'interno dello stesso, nonché del principio secondo il quale prima della celebrazione del dibattimento e al di fuori dello stesso il Giudice non può acquisire alcuna conoscenza e alcuna nozione riguardo ai fatti di causa.

Di tal che, a parte l’utilità/inutilità di talune richieste difensive, che è argomento suscettibile di separate considerazioni, ad avviso di chi scrive e fatti salvi personali limiti e/o estremismi conoscitivi e interpretativi di norme e provvedimenti, bisogna interrogarsi sull'esistenza di un contrasto (volutamente ricercato e/o acuito sulla base di più timidi accenni contenuti in altri precedenti della medesima Corte?!) tra regole processuali codificate e aggiustamenti interpretativi che le Sezioni Unite cercano di ricondurre a differenti fondamenti normativi.

Senza volere porsi in confronto con le SS.UU., tuttavia, proprio in considerazione dell’autorevolezza del Giudice e della concreta efficacia e incisività di cui è dotata la pronuncia, è giusto e doveroso chiedersi se e quali principi siano stati considerati e in qual modo si è deciso che alcuni prevalessero su altri.

Avv. Domenico Zaffina – Foro di Lamezia Terme 


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