LA MEDIAZIONE: UN PROCEDIMENTO DELLA PARTE

di Tiziana Rosania

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La sentenza del Tribunale Firenze sez. III, 15.03.2024, n. 316 è tra le prime pronunce successive all’entrata in vigore della riforma Cartabia ad esaminare, in relazione alla partecipazione personale della parte agli incontri, la questione dell’assolvimento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle materie in cui è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione.

La fattispecie concerne un contratto di apertura di credito con carta revolving, stipulato tramite un venditore di elettrodomestici della grande distribuzione.

Costituitasi in giudizio, controparte eccepiva in via preliminare l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010.

Il Tribunale, nel chiarire che il credito al consumo rientra nell’ambito dei contratti finanziari, ha posto altresì l’accento sulla opportunità di ricorrere alla mediazione in ragione della serialità del contenzioso avviato.

Quest’ultima considerazione sottolinea l’utilità della mediazione per quelle controversie che, per la loro serialità, si manifestano deleterie sia per le parti direttamente interessate che per il sistema socio-economico, giacché implicano costi evitabili, impiego di risorse umane e logorano i rapporti tra creditore e debitore.

Vale la pena di ricordare che nella specifica materia dei rapporti bancari e finanziari sussistono anche strumenti alternativi alla mediazione, specificati all’art. 5 d. lgs, n. 28/2010, di natura squisitamente più ‘tecnica’ (art. 128-bis d.lgs. n. 385/1993; art. 32-ter d.lgs. n. 58/1998).

Nell’attuale versione l’art. 8 comma 4 del d.lgs. n. 28/2010 rivisita il primo incontro di mediazione valorizzando ulteriormente rispetto al testo previgente il ruolo della parte e disponendo che Le parti partecipano personalmente alla procedura di mediazione. In presenza di giustificati motivi, possono delegare un rappresentante a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per la composizione della controversia. I soggetti diversi dalle persone fisiche partecipano alla procedura di mediazione avvalendosi di rappresentanti o delegati a conoscenza dei fatti e muniti dei poteri necessari per la composizione della controversia. Ove necessario, il mediatore chiede alle parti di dichiarare i poteri di rappresentanza e ne dà atto a verbale.

Tale previsione cristallizza nella norma un principio cardine del procedimento di mediazione: il protagonismo delle parti coinvolte nel conflitto nella ricerca di una possibile soluzione, da raggiungere con l’ausilio di un terzo che faciliti il dialogo tra i soggetti confliggenti.

La possibilità di delegare un terzo, eventualmente anche nella figura dell’avvocato, costituisce così una ipotesi residuale ed eccezionale, consentita solo in presenza di giustificati motivi che saranno sottoposti al giudizio discrezionale del giudice, il quale peraltro potrebbe ritenerli strumentali in ragione della possibilità per la parte di partecipare agli incontri da remoto.

In merito coglie nel segno il Tribunale di Firenze quando vaglia la condotta della parte comparsa innanzi al mediatore a mezzo di un procuratore speciale senza tuttavia indicare i giustificati motivi della delega.

Il legislatore non ha tipizzato i giustificati motivi essendo la norma necessariamente elastica, non essendo possibile tipizzare le ragioni che rendono necessaria la nomina di un rappresentante. Il giudice dovrà quindi valutare le ragioni che hanno indotto a rilasciare la procura e, qualora né l’interessato le chiarisca, né risultino dagli atti, ritenerle insussistenti essendo onere della parte rappresentata dimostrare l’esistenza dei giustificati motivi.

E’ evidente e coerente con la ratio della norma la possibilità di delegare un terzo a presenziare in mediazione in luogo della parte ‘realmente’ impedita; in tal caso il procuratore dovrà essere a conoscenza dei fatti e munito dei poteri necessari per comporre la controversia.

Il Tribunale ha tuttavia precisato che detta facoltà deve essere esercitata con oculatezza e motivatamente, così censurando la malpractise della delega ‘facile’ conferita a terzi, che crea un insuperabile filtro nel dialogo e spesso vulnus decisivo per l’insuccesso del tentativo di mediazione.

Ciò in quanto i diretti interessati sono i veri depositari della reale causa scatenante il conflitto e i migliori conoscitori degli interessi da perseguire: aspetti che nessun delegato potrebbe mai coltivare come il soggetto personalmente coinvolto nella lite.

La partecipazione personale della parte è quindi un profilo fondamentale che l’avvocato non deve sottovalutare, posto che l’assenza della parte o la sua presenza a mezzo di delegato presenta, oltretutto, un elevato rischio di sanzione per la parte con potenziale punto di caduta anche sul professionista che, anche per questa ragione, ne potrebbe rispondere professionalmente.

Nel caso di specie infatti la ricorrente non aveva preso parte al procedimento di mediazione e aveva delegato un terzo a rappresentarlo senza specificarne le motivazioni sia durante l’incontro sia in corso di giudizio, così sollecitando l’eccezione avversaria di improcedibilità e la conseguente sanzione che ne è susseguita.

D’altro canto è evidente che tra gli obblighi deontologici dell’avvocato vi è quello di informare adeguatamente il cliente sulle possibili conseguenze processuali, obbligo che interseca quello specifico della mediazione previsto all’art. 4 del d. lgs. n. 28/2010.

Ma cosa potrebbe accadere in assenza dei giustificati motivi alla delega?

Il legislatore sul punto è silente.

Tuttavia, se la finalità dell’istituto è incentivare la partecipazione attiva delle parti per scongiurare quel vulnus cognitivo e decisionale che la procura a terzi di per sé comporta, ove a quest’ultima pur ingiustificata seguisse il raggiungimento dell’accordo, sarebbe privo di senso farne derivare l’inefficacia dell’accordo raggiunto.

Diversa ipotesi invece si profila per il Tribunale di Firenze in caso di mancato accordo.

Il Tribunale fiorentino, nel caso di specie, ha chiarito che risultano pendenti dinanzi a questo Tribunale plurime azioni giudiziarie promosse dal medesimo procuratore con l’assistenza della stessa associazione di consumatori, il cui legale rappresentante, come evidenziato dalla … risulta delegato in ogni singolo procedimento di mediazione, tutti conclusi con esito negativo. L’espletamento di un tentativo di mediazione con tali modalità non può ritenersi effettivo, alla luce della novella legislativa, perché non consente di valutare - alla presenza del consumatore - le peculiarità di ogni singola controversia, le ragioni sottese alla domanda e non consente di sondare a pieno tutte le possibilità di definizione della lite. Né si può sostenere che la delega si giustifichi in considerazione della natura del contenzioso poiché l’apporto tecnico e professionale è comunque garantito dal legale che deve obbligatoriamente assistere la parte.

In virtù delle predette considerazioni, accolta l’eccezione avversaria la domanda giudiziale è stata dichiarata nella specie improcedibile.

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