IL DIRITTO ALL’OBLIO NELLA RIFORMA CARTABIA: UN ARGINE CONTRO LA “GOGNA MEDIATICA”

di Massimo Borgobello

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Dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore la riforma della giustizia Cartabia, con importanti ripercussioni anche sull’esercizio del diritto all’oblio: nei tre giorni successivi alla conclusione favorevole del processo (o del procedimento) penale, l’interessato potrà chiedere e ottenere un provvedimento di deindicizzazione proprio dalla Cancelleria del Giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione.

Il diritto all’oblio è sancito dall’articolo 17 del Regolamento UE 16/678 (GDPR) ed è denominato “diritto alla cancellazione”; la fonte europea, sul punto determina il diritto soggettivo di ogni cittadino europeo alla cancellazione dei propri dati dagli archivi di ogni titolare del trattamento, a condizioni date.

La problematica, in linea teorica, non sussisterebbe, se non fosse per la pervasività degli archivi informatici e per la pervasività della cronaca giudiziaria nei media tradizionali e online.

Ciascuno, infatti, può chiedere -e ottenere, ragionevolmente- la rimozione dei propri dati al titolare del trattamento (ad esempio, un quotidiano), ma non per questo il suo nome verrà “cancellato” dai motori di ricerca e dai risultati ad esso associati, come, per esempio, articoli o servizi giornalistici.

La giurisprudenza della Cassazione e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea hanno stabilito che, di regola, non è possibile imporre alle testate giornalistiche la rimozione degli articoli collegati a un nome.

L’unica soluzione percorribile è la deindicizzazione della notizia dai motori di ricerca: in altri termini, un “ordine” dato ai motori di ricerca di non “mostrare” più i risultati di cui l’interessato ha chiesto l’oscuramento.

Il problema è costituito dal percorso a ostacoli che un soggetto deve affrontare per ottenere la deindicizzazione: in un primo momento, infatti, era necessario un provvedimento del giudice (civile) o dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, con contenziosi, spesso, molto lunghi ed onerosi.

Qui interviene la riforma Cartabia e, in particolare, l’emendamento trasfuso nell’articolo 1, comma 25, della legge 134/2021 che, a sua volta, ha portato al testo dell’articolo 64 ter delle Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

L’articolo 64 ter (rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”) presenta un disposto lungo e dettagliato:

«1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo:

“Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.”

3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante».

Il provvedimento, quindi, è del cancelliere e non del giudice; scelta, questa, che dovrebbe garantire la celerità dell’emissione del provvedimento.

Il provvedimento della cancelleria non appare impugnabile o, almeno, non sono previsti mezzi di impugnazione specifici; in caso di inottemperanza da parte della cancelleria, sembra ipotizzabile un ricorso per ottemperanza avanti al Tar.

Interessante notare che oggetto della richiesta possa essere tanto l’inibitoria alla indicizzazione, quanto la deindicizzazione, risolvendo una problematica processuale concreta per l’indagato che abbia ottenuto il decreto di archiviazione.

La procedura successiva all’emanazione del provvedimento andrà mutuata dalla casistica giurisprudenziale: a chi e come effettuare le notifiche e come procedere in caso di mancata deindicizzazione da parte dei soggetti cui il provvedimento sarà stato notificato.

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