FIGLI DI COPPIE OMOGENITORIALI E RICONOSCIMENTO DEL LORO ATTO DI NASCITA. UN NODO ANCORA DA SCIOGLIERE

di Ida Grimaldi

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Di recente ha avuto grande risalto e diffusione mediatica la tematica della filiazione da genitori dello stesso sesso, sia nell’ipotesi di trascrizione di atti di nascita formati all’estero, quanto nella formazione di atti di nascita e/o riconoscimento di filiazione in Italia, con riguardo ai due padri o alle due madri

Il “casus belli” è stata la circolare n.3/2023 del 19.01.2023 del Ministero dell’Interno, emanata a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.38162 del 30.12.2022, ove i giudici hanno negato la trascrizione di un atto di nascita di un bambino nato in Canada, attraverso la cosiddetta “gestazione per altri” (GPA) e i cui genitori erano una coppia di uomini con la cittadinanza  italiana, perché contraria all’ordine pubblico.

Il divieto di trascrizione a seguito delle sezioni unite

A seguito di detta statuizione, il Ministero dell’Interno ha emanato una  circolare in cui ha raccomandato ai Sindaci di assicurare una puntuale e uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.38162/22. E così, nel marzo 2023, il Prefetto di Milano, nel recepire dette indicazioni,  ha chiesto agli Ufficiali civili del comune di Milano di interrompere le trascrizioni in Italia dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali. Successivamente, nell’aprile 2023, la Procura di Padova, andando a ritroso addirittura fino al 2017, ha impugnato i certificati di nascita di 33 bambini, figli di due mamme, nati da fecondazione eterologa.

Dette decisioni hanno diviso politicamente sia i Comuni sia l’opinione pubblica; ma a destare scalpore è stata soprattutto l’iniziativa della Procura di Padova, che, di fatto, comporta la rimozione di uno stato giuridico relativo all’identità di 33 bambini, iniziativa che desta ancor più perplessità laddove il Pubblico Ministero ha funzione di protezione dei minori. Il tema è stato anche al centro di un documento sottoscritto da 276 giuristi  che lo hanno definito  un attacco  contro persone inermi, discriminate per le loro qualità e identità personali: un’offensiva che si rovescia con particolare violenza sui soggetti più deboli tra tutti, ovvero le bambine e i bambini con genitori dello stesso sesso.

Va inoltre sottolineato  che la sentenza delle Sezioni Unite n.38162/22,  richiamata dalla circolare del Ministro dell’Interno, riguarda un caso di due papà che hanno fatto ricorso alla gestazione per altri (GPA) o maternità surrogata (cd ”utero in affitto”), pratica vietata in Italia perché contraria all’ordine pubblico. L’iniziativa della Procura di Padova, invece, riguarda certificati relativi a due mamme che hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita (PMA), con donazione di seme maschile, in tutto identico a quello delle coppie eterosessuali. Sul punto la Cassazione (sentenza n.19599/2016) si era già espressa in favore della trascrizione dell’atto di nascita relativo a due mamme in quanto, l’accertamento della genitorialità nei confronti di due donne, é compatibile con la Costituzione, non essendo la disposizione relativa alla maternità della partoriente norma di ordine pubblico.

Approfittando delle ambiguità legislative e del buco normativo, il dibattito è stato poi  strumentalizzato focalizzandosi su “surrogazione si, surrogazione no”, mentre il focus verte su tutt’altro. E’ fondamentale, pertanto, mettere un punto fermo sulla  differenza tra GPA (gestazione per altri o maternità surrogata) e PMA (procreazione medicalmente assistita).

PMA e GPA: due realtà diverse

La procreazione medicalmente assistita (PMA) è disciplinata dalla L.n.40 del 2004. Essa  può essere di due tipi: omologa quando si utilizza il liquido seminale del marito; eterologa quando vengono utilizzati gameti (maschili o femminili) di un soggetto terzo. Vero è che l’art.5 della L.n.40 del 2004 precisa che l’accesso alle tecniche di PMA è consentito alle coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate e conviventi, ma è altrettanto vero che i successivi  articoli 8 e 9  contengono due disposizioni a protezione dei minori nati da PMA: l’art. 8 prevede che i  nati dalle tecniche di PMA assumono “lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti dalle coppie”, mentre l’art. 9 impedisce al marito, il cui consenso alla fecondazione eterologa  della moglie sia riconoscibile da atti concludenti, di esperire l’azioni di disconoscimento di paternità.  Tali norme a tutela dei figli, a parere di chi scrive, ma anche secondo altra autorevole dottrina (Casaburi), sono da ritenersi applicabili anche ai nati da PMA da coppie dello stesso sesso. La L.n.76/2016 sulle unioni civili e le convivenze, infatti, intervenuta successivamente alla L.40/2004,  esclude l’applicazione della  “cd clausola di equivalenza” (comma 20 dell’art.1 L.76/2016), solo alle norme del codice civile e alla 184/1983 sull’adozione, ma non alle disposizioni sulla protezione dei nati da PMA di titolo eterologo da coppie dello stesso sesso.

Altra cosa, invece,  è la maternità surrogata (GPA), ovvero il procedimento con cui una donna mette a disposizione il proprio utero e porta avanti la gravidanza per altri genitori, che possono essere single o coppie, sia eterosessuali sia omosessuali. Questa pratica è vietata in Italia dall’art. 12 della L.n.40 del 2004 ed è contraria all’ordine pubblico, mentre è lecita in altri Paesi.

Negli atti e documentazione proveniente dall’estero, pertanto,  l’ufficiale dello stato civile dovrà verificare che non sussista contrarietà all’ordine pubblico, come richiesto dall’art. 18 del d.P.R. 396/2000. Egli, pertanto, in caso di filiazione da genitori dello stesso sesso, potrà procedere alla trascrizione dell’atto di nascita solamente se trattasi di fecondazione eterologa. In caso, invece, risulti una procedura di maternità surrogata, l’ufficiale dello stato civile dovrà opporre rifiuto ma, qualora vi sia un legame genetico o biologico tra il neonato ed il genitore dichiarato tale nell’atto di nascita, potrà essere riconosciuta la validità del rapporto di filiazione di tale genitore, mentre non potrà essere riconosciuta nei confronti del genitore cosiddetto d’intenzione.

La sentenza della Corte EDU e il "rimedio" dell'adozione in casi particolari 

In tal senso si è espressa da ultimo anche la CEDU il 31 agosto 2023  nel caso C. v. Italia (ric. 47196/21) ove le autorità italiane non si erano limitate al rifiuto di trascrizione dell'atto di nascita della minore nata da maternità surrogata, ma avevano rifiutato i riconoscimento anche del legame familiare della bambina con il padre biologico, lasciando così che la minore risultasse apolide. La CEDU sul punto ha  stabilito che, mentre rientra nella discrezionalità dello Stato rifiutare di riconoscere un legame di filiazione tra minore nato all’estero da maternità surrogata ed il genitore d’intenzione, che dovrà ricorrere alla sua adozione, come stabilito da prassi della CEDU e della CGUE consolidata, è invece lesivo della sua integrità, privacy e serenità familiare ex art. 8 Cedu rifiutare di riconoscerlo anche con il genitore biologico.

L’adozione cui si riferisce la CEDU è la cd l’adozione in casi particolari, o stepchild adoption, ai sensi dell’art. 44, I, lett. d), L. n. 184 del 1983. Trattasi di una forma di adozione “mite” che mira a tutelare il diritto del minore in situazioni nelle quali la legge non avrebbe consentito l’adozione cosiddetta “piena”: è il caso di due adulti che formano una nuova famiglia e uno di loro, o entrambi, hanno un figlio da una precedente relazione. L’adozione in casi particolari è, però, concessa all’esito di un lungo iter dinanzi al Tribunale dei minori, premesso il consenso del genitore biologico e a condizione che corrisponda all’interesse dell’adottato. A questo scopo vengono vegliati l’idoneità affettiva, la capacità educativa, la situazione personale ed economica, la salute e l’ambiente familiare dell’adottante.

Detto procedimento, come è palese rilevare, non garantisce, però, a questi bambini, la tutela immediata del legame già sorto in forza del rapporto affettivo con colui che ha condiviso il disegno genitoriale: si pensi, nelle more del procedimento, alla necessità di ottenere una delega, da parte del genitore intenzionale, per prelevare il figlio da scuola, o la possibilità di esprimere il consenso su un intervento medico urgente. In caso di separazione dei genitori, inoltre, il bambino non potrebbe ottenere il diritto al mantenimento da parte del genitore intenzionale o, in case di morte di quest’ultimo, non godrebbe dei relativi diritti ereditari.

E’ necessario, dunque,  che il nostro legislatore colmi, senza ulteriore indugio, il vuoto di tutela già richiamato dalla Corte Costituzionale nel 2021, individuando congrue modalità che garantiscano una pieno riconoscimento dei diritti dei bambini, laddove l’ordinamento italiano impedisca il riconoscimento o la costituzione del rapporto di filiazione con i genitori intenzionali.

Nel frattempo, alla luce della normativa vigente, va rammentato  che tutti i bambini sono persone, che sono titolari di diritti inviolabili, che hanno il diritto alla relazione con entrambi  i loro genitori e che ogni decisione che li riguarda deve essere presa alla luce del loro preminente interesse.


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