DICHIARAZIONI DEI REDDITI 2022

di Filippo Mengucci

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CONSUNTIVAZIONE E PROBLEMATICHE NEL PASSAGGIO DAL REGIME FORFETTARIO A QUELLO ORDINARIO - REGOLARIZZAZIONI POSSIBILI IN CASO DI VARIAZIONE DI REGIME

Il regime forfettario, regime fiscale agevolato che garantisce diverse agevolazioni a coloro che lo adottano, è rivolto alle persone fisiche che svolgono un’attività, un’arte o una professione in forma individuale e tra questi, agli avvocati liberi professionisti che non detengono partecipazioni anche in studi professionali associati. Come noto, detto regime permette una tassazione piatta (c.d. Flat Tax) entro certi limiti di volumi di fatturato (65 mila euro sino al 2022 e 85 mila euro dal 2023).

Al termine di ciascun anno, ogni aderente ha quindi il compito di esaminare la propria situazione fiscale per comprendere se sussista effettivamente la possibilità di continuare ad applicare questo regime agevolato anche per l’anno seguente. L’analisi è doverosa in quanto ogni anno potrebbero manifestarsi circostanze tali da precludere la sua applicazione (superamento soglia di legge o cause ostative alla permanenza).

Passare da un regime forfettario ad uno ordinario è quindi una scelta possibile per convenienza oppure per obbligo imposto dalla legge; l’uscita per obbligo è semplicemente dettata dal venire meno dei requisiti necessari, come il sostanziale aumento di fatturato annuo.

Il passaggio dal regime forfettario a quello ordinario dovrà rispettare regole già note ed ampiamente approfondite da documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate emanati in passato come, per esempio, la Circolare n. 10/E/2016 con cui sono state fornite indicazioni sulle modalità di applicazione del predetto regime di vantaggio (forfettario) e la Circolare n. 9/E/2019 che, al contrario, riporta le cause ostative che comportano l’esclusione dallo stesso.

Nel caso di uscita dal regime forfettario, il contribuente dovrà gestire l'eventuale IVA emergente dalla prima liquidazione trimestrale o mensile successiva (alla fuoriuscita dal regime), senza attendere la presentazione della dichiarazione annuale.

Inoltre occorre una attenta valutazione circa il trattamento dei ricavi e compensi che hanno concorso alla determinazione del reddito nel regime forfettario; talune operazioni non assumono infatti rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi, anche se di competenza mentre, al contrario, i ricavi e compensi che non hanno concorso alla determinazione del reddito imponibile, assumono rilevanza nei periodi d’imposta successivi, nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfettario.

Con il passaggio da un regime all’altro, infine, all’inizio del periodo di imposta seguente cambia la modalità di fatturazione.

Infatti, le nuove fatture saranno emesse con addebito dell’IVA e il contribuente avrà il compito di ottemperare agli oneri stabiliti dalle disposizioni in materia fiscale. Inoltre, dovranno attivarsi i registri contabili (non previsti nel regime di vantaggio) ed infine, ove prevista, si dovrà effettuare e/o subire le ritenute d’acconto.

Nel caso in cui si esca per obbligo dal regime forfettario, con verifica tardiva della causa di decadenza, può accadere che sia necessario sanare le eventuali violazioni commesse.

In merito, nella Risposta ad istanza di interpello n. 500/2019, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’errore di fattura elettronica emessa senza IVA può essere sanato, tanto emettendo note di variazione in aumento ad integrazione delle fatture originarie, ovvero emettendo note di variazione in diminuzione a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, esponendo anche la ritenuta d’acconto se dovuta.

Per chi ha emesso, invece, fatture cartacee le conseguenze dovrebbero essere più gravi posto che, in linea generale, la fattura dovrebbe considerarsi come non emessa (art. 1, comma 6 D.Lgs. n. 127/2015) ed è sanzionata se non emessa entro 12 giorni (sanzione da 250 a 2.000 euro per ogni fattura se la correzione avviene entro la prima liquidazione IVA).

Le sanzioni da considerare in caso di omessa, errata o tardiva fatturazione elettronica possono essere ridotte e regolate spontaneamente tramite l’istituto del ravvedimento operoso.

Tale istituto deve essere applicato anche per sanare tutte le comunicazioni obbligatorie ai fini fiscali omesse (LIPE – Liquidazioni Periodiche IVA) in caso di passaggio al regime ordinario per mancata applicazione del precedente regime forfettario. Con riferimento gli adempimenti necessari per il passaggio di regime si deve considerare in primis la dichiarazione annuale IVA, il versamento dell’Iva mensile/trimestrale, compreso il versamento dell’acconto Iva del mese di dicembre. In quest’ultimo caso le sanzioni andranno calcolate unitamente agli interessi dalla scadenza mensile/trimestrale/annuale per l’acconto alla data di versamento reale.

Non da ultimo tra gli ulteriori adempimenti si segnalano anche le operazioni Intra comunitarie e l’ Esterometro, se dovuti.

Ai fini della corretta applicazione del ravvedimento, in merito alle LIPE; è necessario evidenziare che, la sanzione base su cui applicare il ravvedimento è quella ridotta, qualora la regolarizzazione avvenga entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza.

Quale riepilogo delle sanzioni ridotte con ravvedimento in caso di errata o ritardata comunicazione LIPE, si riporta di seguito una tabella esaustiva in merito:

Data regolarizzazione

Riduzione sanzione

Sanzione in euro

Entro 15 giorni dalla data dell’omissione o errore

1/9 di 250 euro

Euro 27,78

Entro 90 giorni dalla data dell’omissione o errore

1/9 di 500 euro

Euro 55,56

Entro un anno dall’omissione o errore

1/8 di 500 euro

Euro 62,50

Entro due anni dall’omissione o errore

1/7 di 500 euro

Euro 71,43

Oltre due anni dall’omissione o errore

1/6 di 500 euro

Euro 86,33

Dopo la contestazione della violazione

1/5 di 500 euro

Euro 100,00

 

Per quanto riguarda l’Esterometro, ovvero la comunicazione periodica di tutte le operazioni rilevanti in cui una delle parti è estera, non rilevando se l’operazione compiuta è o meno rilevante ai fini Iva, in caso di omissione della trasmissione o di trasmissione di dati incompleti o inesatti si applica la sanzione di due euro per ciascuna fattura, comunque entro il limite massimo di mille euro per ciascun trimestre.

Si consideri inoltre come l’art. 1 della Legge n. 178/20 abbia modificato il regime sanzionatorio per le violazioni connesse alla comunicazione in esame, con riferimento alle operazioni effettuate dal 2022.

L’art. 11, co. 2-quater del D.Lgs. n. 471/97, prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pari a 2,00 euro per ciascuna fattura non trasmessa correttamente o non trasmessa tempestivamente, modificando il limite massimo. Il nuovo importo massimo della sanzione è pari a 400,00 euro su base mensile, riducibile alla metà (entro il nuovo limite massimo di 200,00 euro per ciascun mese), se la trasmissione dei dati è avvenuta entro i 15 giorni successivi ai termini previsti.

Infine, volendo considerare anche il regime sanzionatorio dei modelli INTRASTAT, ovvero quei modelli che devono essere presentati dai contribuenti che effettuano acquisti e cessioni di beni e servizi ai fini IVA con operatori comunitari (Intra UE), si consideri come l’impianto sanzionatorio operi differentemente.

I modelli Intra devono essere presentati mensilmente o trimestralmente a seconda dell’ammontare di scambi di beni e servizi realizzati ai fini IVA con altri operatori comunitari.

Per quanto riguarda gli aspetti sanzionatori, le violazioni in materia possono riguardare sia la presentazione dei modelli Intrastat sia i soli dati statistici.

L’omessa presentazione degli elenchi riepilogativi ovvero la loro incompleta, inesatta o irregolare compilazione, è punita con la sanzione da 500 a 1.000 euro per ciascuno di essi, ridotta alla metà in caso di presentazione nel termine di 30 giorni dalla richiesta inviata dagli uffici abilitati a riceverla o incaricati del loro controllo. Non sono sanzionate, invece,  la correzione dei dati inesatti e l’integrazione dei dati mancanti, purchè ciò avvenga spontaneamente o, comunque entro il termine di 30 giorni dalla richiesta dei competenti uffici doganali.

Per sanare le violazioni in esame è possibile avvalersi in ogni caso dell’istituto del ravvedimento operoso.

Per quanto riguarda invece le sanzioni applicabili nei casi di omissione o inesattezza dei dati statistici negli elenchi INTRASTAT, occorre far riferimento alle disposizioni degli artt. 7 e 11 del D.Lgs. 322/1989.

Al riguardo, si ricorda che l’applicabilità delle sanzioni amministrative è limitata ai soli operatori che, inclusi nello specifico elenco pubblicato dall’Istat, realizzano scambi commerciali con i paesi Ue con volumi mensili pari o superiori ad euro 750.000 (D.P.R. 19 luglio 2023).

Le sanzioni previste dall’art. 11 del D.Lgs. 322/1989 (da euro 206 ad euro 2.065 per le persone fisiche)  possono quindi essere applicate una sola volta per ogni elenco INTRASTAT mensile inesatto o incompleto, a prescindere dal numero di transazioni mancanti o riportate in modo errato nell’elenco stesso.


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