REGIME FORFETTARIO ERRATA APPLICAZIONE :CORREZIONI IVA E CONSEGUENZE SANZIONATORIE

di Filippo Mengucci

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Il regime forfettario, com’è noto, è un regime fiscale naturale ed agevolato per lavoratori autonomi cui hanno accesso, nel rispetto di determinate condizioni, le persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti e professioni in forma individuale. Tra questi anche le professioni legali.

Sono pertanto escluse da tale regime tutte le società STP e STA, sia di persone che di capitali, qualunque sia il loro fatturato o la loro anzianità fiscale.

Cause Ostative e Accesso al Regime

Le cause ostative all’applicazione di tale regime sono indicate dal comma 57 della L.190/2014 che contiene, per l’appunto, una lista di casi di esclusione in base alla tipologia di attività svolta. Il regime forfettario è peraltro anche escluso coloro che percepiscono redditi da lavoro dipendente (compresi quelli da pensioni di vecchiaia) eccedenti i 30.000 euro annuali di imponibile.

Ove sia stato applicato il predetto regime senza la previa verifica delle cause ostative di eventuale accesso o mantenimento, in sede di dichiarazione dei redditi è sempre possibile regolarizzare la posizione fiscale.

Regolarizzazione e Verifica delle Cause Ostative

Per coloro che hanno erroneamente applicato il regime forfettario, pur essendo possibile regolarizzare la posizione fiscale ai fini delle imposte sul reddito (versando l’IRPEF e le addizionali regionali in luogo dell’imposta sostitutiva) allo stato risulta più arduo risolvere il problema relativo all’Iva (non applicata nel regime del forfait e dovuta nel regime ordinario con ovvi problemi di rivalsa sul cliente finale che non l’ha corrisposta con il pagamento della parcella legale).

Dal momento che coloro che operano in regime forfettario non presentano la dichiarazione Iva, né le comunicazioni trimestrali LIPE e non applicano la ritenuta d’acconto sui compensi fatturati, il contribuente che erroneamente ha applicato il regime forfettario non avendone i requisiti, commette una serie di violazioni Iva quali: omesso addebito dell’Iva sulle fatture emesse, omesso versamento dell’Iva in sede di liquidazione periodica e omessa dichiarazione Iva.

Le fatture erroneamente emesse in applicazione al regime forfettario, possono essere corrette tramite il ricorso a note di variazione, addebitando a titolo di rivalsa l’Iva da versare all’Erario ed esponendo la ritenuta d’acconto (ove dovuta). Nell’affermare il principio, le risposte ad un  interpello dell’Agenzia delle Entrate (cfr Interpello n. 499 e n. 500 del 2019) esaminano le conseguenze in merito alle ritenute e all’Iva rispetto ad una particolare ipotesi in cui le fatture elettroniche, correttamente riemesse in regime ordinario, vengono rifiutate dal destinatario. Con ulteriore risposta a interpello (cfr Interpello n. 267 del 2020), inoltre la medesima Agenzia  delle Entrate ha chiarito che, in assenza di elementi di frode, il cessionario può esercitare il diritto alla detrazione della maggiore Iva addebitata dal cedente mediante la nota di variazione in aumento.

Note di Variazione IVA e Correzioni

Quando si parla di note di variazione IVA per regolarizzazione di posizioni di ex forfettari la normativa di riferimento è sempre quella contenuta all’interno dell’articolo 26 del DPR n. 633/72. Questa disposizione prevede, almeno per le note di accredito (rettifiche in diminuzione), la verifica della corretta fattispecie di modifica. Infatti, a seconda della fattispecie la nota di accredito può essere emessa nel termine massimo di un anno dall’emissione della fattura, oppure in altri casi senza particolari limiti temporali. Le note di addebito, invece, possono essere emesse senza particolari problematiche, in quanto seguono le disposizioni legate all’emissione di una fattura elettronica.

In fase di compilazione delle fatture elettroniche, per la nota di variazione in aumento si dovrà utilizzare il codice “TD05” con riferimento ad una fattura emessa in precedenza, e il codice “TD09” in caso di nota di debito semplificata.

Sanzioni fiscali e Ravvedimento Operoso

In capo al cedente/prestatore, per quanto sopra esposto, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria compresa fra il 90% e il 180% dell’imposta non correttamente documentata. In caso di omessa fatturazione che non incide sulla liquidazione dell’IVA, la sanzione è fissa, con un minimo di euro 500. La sanzione può sempre essere ridotta ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso con spontanea regolarizzazione da parte del contribuente.

L’omessa o infedele fatturazione, come anche la detrazione indebita dell’Iva, essendo una violazione prodromica alla dichiarazione, potrebbe invece essere sanata attraverso il ricorso al c.d. ravvedimento speciale, che consente di provvedere al pagamento di sanzioni ridotte nella misura  di un diciottesimo. Si consideri al riguardo come l’Agenzia delle Entrate, non si sia pronunciata definitivamente sulla possibilità di ricorrere a tale tipo di prestazione; di conseguenza molti sostengono che in presenza di un elevato numero di fatture irregolari, potrebbe essere opportuno attendere l’avviso di accertamento Iva.

A questo tipo di conclusione si è arrivati in quanto, in alcuni casi, non è stata irrogata la sanzione sui mancati versamenti dell’Iva periodica e anche per il fatto che le violazioni in tema di fatturazione e di omessa dichiarazione verrebbero di fatto cumulate con la possibilità di beneficiare della riduzione ad un terzo (ex art 17 D.Lgs. 472/1997 o ex art. 15 D.Lgs. 218/1997).

A differenza del caso di omesso addebito dell’Iva sulle fatture emesse, nel caso di omesso versamento dell’Iva in sede di liquidazione periodica, la violazione è esclusa dal ravvedimento speciale e potrà beneficiare solo del ravvedimento ordinario.

Infine, in presenza di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell'imposta sul valore aggiunto, si applica la sanzione amministrativa dal 120 al 240% dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione. La sanzione di cui sopra non sarà dovuta solo  nel caso in cui il ritardo nella presentazione della dichiarazione non supera i novanta giorni.

La dichiarazione Iva inviata oltre novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione, va considerata omessa, e come tale sarà sottoposta a sanzione con percentuali differenti.

In presenza di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell'imposta sul valore aggiunto, si rammenta come sia applicata la sanzione amministrativa dal 120 al 240% dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione, con un minimo di 250 euro.

Se la presentazione della dichiarazione IVA omessa, che prevede però il versamento di imposte, avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, la sanzione è pari al 60-120% dell'imposta non versata, con un minimo di 200 euro.

Inoltre, la sanzione da omessa dichiarazione Iva non può essere ridotta ricorrendo al ravvedimento operoso, né al ravvedimento speciale, dal momento che tale istituto si può applicare solo alle dichiarazioni effettivamente presentate ancorché in ritardo.

Il contribuente che transita dal regime ordinario a quello forfettario deve obbligatoriamente operare la rettifica della detrazione Iva.

La rettifica dovrà essere eseguita nella dichiarazione Iva dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie, tenendo presente che detta operazione (in rettifica) va effettuata anche in caso di passaggio dal regime forfettario al regime ordinario nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie.

La presentazione della dichiarazione Iva integrativa, utile per correggere errori od omissioni, non è quindi soggetta ad alcuna sanzione e l’eventuale risultante potrà essere chiesto a rimborso o utilizzato in compensazione nel modello F24 per operare il versamento dei debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.

Il credito derivante dal minor debito o dal maggior credito risultante dalla dichiarazione integrativa dovrà essere riportato nell’apposito quadro VN.

Anche nel caso di omessa dichiarazione Iva, Il contribuente può ottenere il riconoscimento del credito Iva evidenziato nella dichiarazione, presentando al competente Ufficio dell’agenzia delle Entrate, in caso di contestazione da parte dell’Agenzia a mezzo avviso di irregolarità, idonea documentazione, la prova della sussistenza del credito per presunzioni, esibendo documenti quali ad esempio i registri Iva, i prospetti delle liquidazioni periodiche, la dichiarazione per l’annualità omessa, le fatture di vendita e di acquisto ed ogni altra documentazione utile.

Quanto sopra è avvalorato anche da diverse pronunzie della giurisprudenza di legittimità (cfr Cassazione SS.UU. n. 17757/216, n. 26525/2016 e n. 15060/2022) che ha affermato, in caso di omessa presentazione della dichiarazione IVA annuale, che il contribuente può comunque fruire del credito IVA derivante dalla differenza tra l’IVA calcolata sulle vendite e quella assolta sugli acquisti.

Responsabilità e Sanzioni del Sostituto

Come più volte esplicitato, il regime forfetario beneficia di una serie di semplificazioni contabili, tra le quali la possibilità di non esercitare la rivalsa ai fini IVA e di non essere soggetti alla ritenuta d'acconto in relazione ai ricavi o compensi percepiti, rilasciando un'apposita dichiarazione al sostituto di esclusione da ritenuta. Ma in caso di errata applicazione del regime forfettario, la responsabilità per le sanzioni connesse all’omessa effettuazione e versamento delle ritenute d’acconto è imputabile solo a quel contribuente che ha reso la dichiarazione di esclusione da ritenuta.

Tale responsabilità del sostituto non può essere esclusa essendo il contribuente responsabile per effetto dell’errata dichiarazione rilasciata della violazione in cui è incorso il sostituto, il quale può risultare esente da tale responsabilità ove, applicando quanto disposto dall’art. 6 D.Lgs. 472/96, riesce a dimostrare che diversamente non sarebbe stato in grado, osservando la normale diligenza, di verificare i presupposti dell’applicazione del regime forfettario.

Anche nel caso di violazione da omesso versamento delle ritenute d’acconto si rammenta, infine, come sia possibile sempre beneficiare del solo ravvedimento operoso ordinario e non del ravvedimento speciale.


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