CASSAZIONE SENTENZA N. 7128/2025: LIMITE APPLICATIVO DELLA REVOCAZIONE
01/05/2025
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Con la sentenza n. 7128/2025, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sull’ambito applicativo della revocazione nel processo civile, prevista dall’art. 391-quater c.p.c. in presenza di una violazione accertata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Il caso trae origine da una vicenda di morte in stato di fermo presso la Questura di Milano, per la quale la Corte EDU, nel 2023, aveva riconosciuto un risarcimento ai familiari della vittima. Le ricorrenti hanno successivamente richiesto la revocazione di una sentenza del 2011, ritenendo insufficiente la sola tutela risarcitoria.
Le ricorrenti hanno chiesto la revocazione della sentenza n. 15721/2011 della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 391-quater c.p.c., in quanto ritenuta lesiva dei loro diritti fondamentali. La pronuncia del 2011 aveva confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano, che aveva respinto la domanda risarcitoria proposta contro il Ministero dell’Interno per la morte del loro congiunto, avvenuta nel 2001 mentre si trovava in stato di fermo presso la Questura di Milano, a causa di un’intossicazione acuta da cocaina.
Secondo le ricorrenti, la sentenza è stata successivamente ritenuta in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo dalla Corte EDU, con decisione del 14 settembre 2023 (ricorso n. 2264/2012). Le ricorrenti hanno quindi sostenuto che la violazione accertata dalla Corte europea avrebbe inciso su un diritto di stato della persona e che l’equa riparazione riconosciuta ai sensi dell’art. 41 CEDU non fosse sufficiente a compensare le conseguenze subite.
La Corte di Cassazione ha ribadito che la revocazione prevista dall’art. 391-quater c.p.c. rappresenta un rimedio eccezionale, utilizzabile solo in presenza di violazioni accertate dalla Corte EDU che incidano direttamente su diritti fondamentali legati allo stato della persona, come lo stato civile, la cittadinanza o la capacità giuridica. Non è quindi sufficiente che la violazione comporti un danno patrimoniale o morale: in questi casi, la tutela per equivalente, ossia il risarcimento economico, è considerata sufficiente e non giustifica il ricorso alla revocazione.
La Corte ha inoltre sottolineato che questo strumento processuale deve essere utilizzato solo quando non esistano altre forme di riparazione idonee a rimuovere gli effetti della violazione accertata, e quando la sola compensazione economica non sia in grado di garantire una tutela effettiva. In tale ottica, l'istituto conserva una funzione strettamente residuale.
Infine, viene riaffermato il principio di certezza del diritto: l’ampliamento dell’ambito applicativo della revocazione, infatti, rischierebbe di compromettere la stabilità delle decisioni giudiziarie e la funzione della Corte di Cassazione quale giudice della legalità.
La decisione della Corte
Nel caso in esame, la Corte ha rigettato la richiesta di revocazione. Ha ritenuto che:
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il risarcimento concesso dalla Corte EDU fosse adeguato;
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la violazione accertata non riguardasse diritti dello stato della persona, ma solo una lesione risarcibile del rapporto parentale;
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la richiesta delle ricorrenti mirasse esplicitamente a ottenere una compensazione economica, e non un riconoscimento o una modifica di uno status personale.
Nel motivare il rigetto, la Corte ha osservato che la domanda originaria avanzata dalle ricorrenti riguardava esclusivamente danni patrimoniali e non patrimoniali legati alla perdita di un rapporto parentale, dunque una richiesta economica. Non era in discussione alcuno status personale (come cittadinanza o capacità giuridica). Questo è un punto cruciale, perché la revocazione ex art. 391-quater è ammessa solo quando il diritto violato dalla sentenza interna incide direttamente sulla condizione giuridica della persona, e non quando il danno è suscettibile di essere compensato in denaro.
La sentenza ribadisce l’orientamento restrittivo della Corte sull’uso della revocazione. Per i professionisti del diritto, il messaggio è chiaro: la revocazione non è uno strumento per rimediare a ogni ingiustizia processuale, ma un rimedio eccezionale riservato a violazioni gravi e irrimediabili.
Resta da capire se, in futuro, il legislatore interverrà per chiarire meglio l’art. 395 c.p.c., oppure se la giurisprudenza proseguirà lungo la linea tracciata dalla pronuncia n. 7128/2025, consolidando una visione rigorosa e prudente sull’ammissibilità di questo rimedio straordinario.