RAPPORTO TRA PATROCINIO A SPESE DELLO STATO E DISTRAZIONE DELLE SPESE PROCESSUALI

di Leonardo Carbone

Stampa la pagina
foto

Il rapporto tra l’istituto del patrocinio a spese dello Stato e quello della distrazione delle spese processuali è stato “chiarito” dalle sezioni unite della Corte di Cassazione con sentenza 26 marzo 2021 n. 8561: con tale sentenza ha  affermato  la compatibilità fra i due istituti ed ha escluso che l’istanza di distrazione delle spese ex art.93 cpc possa costituire rinuncia implicita al beneficio e comportare la revoca del beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Infatti, un filone giurisprudenziale, anche se minoritario, afferma che l’aver chiesto la distrazione delle spese costituisce esplicita ammissione della insussistenza dello stato di non abbienza e implicita rinuncia al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

Altro filone giurisprudenziale esclude, invece, che l’istanza di distrazione delle spese possa determinare la revoca del beneficio atteso che l’art.136 del dPR .115/2002 lo contempla solo con riferimento a tre cause, aventi carattere tassativo. 

Le sezioni unite con la citata sentenza n.8561/2021,  hanno risolto il contrasto affermando la compatibilità fra i due istituti ed hanno escluso che l’istanza di distrazione delle spese ex art.93 cpc possa costituire rinuncia implicita al beneficio e comportare la revoca del beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, provvidenza posta a garanzia dell’effettività del diritto di difesa di cui all’art.24 Cost. per la parte che vi sia ammessa. Per le sezioni unite l’eventuale richiesta di distrazione delle spese, che è esercizio di un diritto proprio del difensore, non può avere effetto paralizzante sul beneficio del patrocinio a spese dello Stato: l’istanza di distrazione non può riferirsi direttamente alla parte, non rientrando nei poteri del difensore ex art.84 cpc quello di disporre del beneficio, con conseguente impossibilità di ritenere sussistente una rinuncia implicita della parte.

Per  le sezioni unite, è da escludere che la parte assistita sia ammessa al beneficio per il tramite del suo difensore, in quanto chiamata ad esercitare un proprio diritto soggettivo, come “si desume dalla circostanza che ove vi sia revoca o rinuncia del difensore al mandato, il patrocinio a spese dello Stato permane e il nuovo difensore non è tenuto a presentare in nome proprio o del non abbiente alcuna ulteriore  istanza di ammissione”.

In altri termini, il beneficiario del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio non è il difensore ma la parte non abbiente, la quale è tenuta indenne dallo Stato, qualunque sia l’esito della lite, dal pagamento delle spese del suo difensore, tant’è che deve proporre personalmente l’istanza. Diversamente l’istanza di distrazione costituisce un diritto  in rem propriam del difensore.

Si evidenzia nella citata sentenza che le cause individuate dal legislatore per  la revoca del beneficio del patrocinio a spese dello Stato sono solo tre, e tipizzate nell’art.136 dpR n.115/2002: sopravvenute modifiche alla situazione reddituale, alla mala fede o alla colpa grave della parte ammessa che abbia agito o resistito in giudizio ovvero all’insussistenza ab origine delle condizioni  reddituali.

Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista


Altri in AVVOCATURA