L’ AVVOCATO PUÒ ESSERE SANZIONATO PER IL MANCATO ADEMPIMENTO DELLE OBBLIGAZIONI NEI CONFRONTI DEI TERZI

di Antonino Galletti

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L'obbligo di adempiere alle obbligazioni nei confronti dei terzi

L'obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi è previsto e sanzionato all'art. 64 del codice deontologico forense, collocato nel titolo relativo ai rapporti con i terzi e le controparti.

In particolare, il canone deontologico prevede che:

  1. L’avvocato deve adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi. 
  2. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi. 

L'inadempimento come illecito disciplinare

La sanzione disciplinare prevista per la violazione della disciplina di cui ai primi due commi è prevista al successivo terzo comma e consiste nella sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. 

Il Consiglio nazionale forense ha di recente ribadito la ratio della disciplina deontologica, chiarendo che "commette e consuma illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più sull’immagine della classe forense.

E ancora più grave risulta essere l’illecito deontologico nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l’immagine dell’avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari": Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Ollà), sentenza n. 218 del 25 ottobre 2023.

La sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio professionale

La stessa sentenza ha poi precisato che l’oggetto di valutazione nel procedimento disciplinare è il comportamento complessivo dell’incolpato e, infatti, in ossequio al principio enunciato dall’art. 21 del codice deontologico vigente (già art. 3 codice previgente), nei procedimenti disciplinari l’oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato e tanto al fine di valutare la sua condotta in generale, quanto a quello di infliggere la sanzione più adeguata, che non potrà se non essere l’unica nell’ambito dello stesso procedimento, nonostante siano state molteplici le condotte lesive poste in essere.

Tale sanzione, quindi, non è la somma di altrettante pene singole sui vari addebiti contestati, quanto invece il frutto della valutazione complessiva del soggetto interessato, tenendo conto: della gravità del fatto, del grado della colpa, della eventuale sussistenza del dolo e della sua intensità, del comportamento dell’incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze, oggettive e soggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione (comma 3), del pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita e dal cliente, della compromissione dell’immagine della professione forense, della vita professionale dell’incolpato, dei suoi precedenti disciplinari (comma 4).


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