La pensione di vecchiaia retributiva e contributiva

di Massimo Carpino

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Ed in attesa dell’emanando regolamento, il Presidente di Cassa Forense, avv. Alberto Bagnoli, con una nota diffusa in data 11 febbraio 2013, ha intanto specificato che “non sarà richiesto il pagamento di alcun contributo minimo previdenziale da parte degli iscritti agli Albi, che non siano iscritti alla Cassa alla data del 1° febbraio 2013”.
I dati in possesso di Cassa Forense ci dicono che alla data del 20 novembre 2012 ben 56.095 avvocati risultano iscritti agli Albi ma non alla Cassa. Di questo elevato numero, circa 17.000 avvocati hanno una età compresa tra i 25 ed i 34 anni. Ben 39.000 avvocati hanno invece una età che va dai 35 anni sino oltre i 70 anni, con percentuali maggiori nelle fasce più giovani (31,1% per la fascia di età compresa tra i 35 ed i 39 anni; 17,8% per la fascia di età compresa tra i 40 ed i 44 anni; 10,2% per la fascia di età compresa tra i 45 ed i 49 anni; e così via).
Proprio questo dato mi induce ad una riflessione, che spero di provocare anche nel lettore, e che riguarda le prestazioni pensionistiche erogate da Cassa Forense.
Tralasciando la pensione di anzianità, il cui conseguimento richiede l’essersi iscritti alla Cassa (o melius l’avere iniziato la contribuzione) in giovanissima età ed il cui godimento è comunque subordinato alla cancellazione da tutti gli albi professionali, la nostra attenzione deve soffermarsi sulla cd. pensione di vecchiaia che la riforma del 2010 ha modificato nei suoi requisiti in quanto, a partire dal 2021, per poterne godere, occorrerà avere 70 anni di età ed almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione (invece fino al 31 dicembre 2010 erano sufficienti 65 anni di età e 30 anni di effettiva iscrizione e contribuzione).


Per il periodo intermedio tra 2010 e 2021 è stato previsto un graduale (cd. scaloni) aumento sia dell’età pensionabile che degli anni di effettiva iscrizione e contribuzione (a titolo di esempio: potranno richiedere il trattamento pensionistico in questione i colleghi che, tra il 1 gennaio 2014 ed il 31 dicembre 2016, compiono 67 anni di età ed abbiano maturato 32 anni di effettiva iscrizione e contribuzione).
Chi, nei termini detti, è in possesso dei requisiti, anagrafico e contributivo, avrà diritto alla pensione di vecchiaia cd. retributiva. Questa decorre dal 1° giorno del mese successivo al compimento dell’età anagrafica prevista o dal 1° febbraio dell’anno di maturazione dell’anzianità contributiva prevista, se successiva all’età anagrafica richiesta.
La pensione di vecchiaia retributiva si caratterizza perché la sua entità è commisurata (o proporzionata) al reddito professionale. Più precisamente essa è costituita dalla quota base e dalla quota modulare (volontaria) se ed in quanto versata. La quota base è calcolata sulla media dei redditi professionali rivalutati dichiarati ai fini Irpef per tutti gli anni di iscrizione maturati fino all’anno anteriore a quello della decorrenza del trattamento pensionistico; la quota modulare (introdotta con la riforma del 2010), e che consiste nella possibilità per ogni iscritto di integrare, su base volontaria, la propria aliquota contributiva, viene invece calcolata con il metodo di calcolo contributivo e cioè determinata dal montante dei contributi versati e soggetto a rivalutazione.
Che succede se al compimento dei 70 (ossia alla maturazione del requisito anagrafico) non si è maturato il requisito contributivo (ossia 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione)?
Riallacciandoci alla parte introduttiva di questo scritto, la domanda è più che legittima e sarà sempre più frequente. Abbiamo sopra rilevato che ben 39.000 avvocati, di età compresa tra i 35 ed i 70 anni, dovranno da qui a breve essere iscritti alla Cassa di Previdenza.
Chi di questi ha un’età di poco superiore ai 35 anni, per maturare il requisito contributivo e percepire la pensione di vecchiaia retributiva, potrà ricorrere alla retrodatazione (possibile solo in sede di prima iscrizione alla Cassa) ovvero all’istituto del riscatto.


Ma colui che in base alla nuova legge professionale dovrà iscriversi alla Cassa, è prossimo o avrà superato i 40 anni (questa fascia di età è quella più numerosa dei non iscritti Cassa) difficilmente potrà ricorrere alla retrodatazione (sempre che nell’emanando regolamento si riaprano i termini per gli ultraquarantenni) o al riscatto, in quanto diventeranno eccessivamente onerosi (bisognerebbe retrodatare o riscattare almeno sei anni).
Tutti questi colleghi potranno allora accedere, sempre al conseguimento del requisito anagrafico dei 70 anni, alla pensione di vecchiaia cd. contributiva che, per l’appunto, la Cassa eroga all’avvocato che al raggiungimento dei 70 anni non abbia una anzianità contributiva tale (35 anni) da aver maturato il diritto alla pensione retributiva.
La pensione contributiva, per la quale occorre aver maturato almeno 5 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa, decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e viene calcolata secondo i criteri stabiliti dalla Legge n. 335/1995, ossia essa si determina moltiplicando il montante dei contributi (l’insieme dei contributi soggettivi versati negli anni di effettiva iscrizione) per il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’assicurato al momento del pensionamento.
Alla quota base così determinata può aggiungersi la quota modulare se ed in quanto l’avvocato abbia deciso di integrare, su base volontaria, la propria aliquota contributiva.
Un ultimo elemento differenzia le due tipologie di prestazioni: solo nella pensione di vecchiaia retributiva è previsto un trattamento minimo garantito quando i redditi complessivi dell’iscritto e del coniuge (non legalmente ed effettivamente separato) non siano superiori al triplo della pensione minima dell’anno di maturazione del diritto.
Lo scopo di questa breve analisi del trattamento pensionistico di vecchiaia, che ho cercato di evidenziare nel suo aspetto più pregnante, è proprio quello di porre all’attenzione non solo dei colleghi ultraquarantenni, ma anche dei colleghi più giovani che decidessero di avvalersi della possibilità di frazionare l’anno (novità assoluta della bozza di regolamento ex art. 21: ossia della possibilità di versare i contributi annuali in misura dimezzata rispetto a quella dovuta ma con la conseguenza che anche l’anno ai fini previdenziali sarà valido ma in misura dimezzata), del “rischio” di maturare, al raggiungimento dell’età anagrafica pensionabile (70 anni) una anzianità contributiva insufficiente per il conseguimento della pensione di vecchiaia retributiva.

Avv. Massimo Carpino - Delegato di Cassa Forense

 

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