Il fisco mangia pensioni

di Marcello Adriano Mazzola

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Il contributivo di per sé non ha alcun ruolo salvifico, soprattutto in tempi in cui i contribuenti hanno un rilevante calo reddituale, hanno difficoltà a versare i contributi e a svolgere la professione in condizioni dignitose. Anzi paradossalmente il modello contributivo rischia di accentuare questo vulnus.
Cassa Forense con le ultime recenti riforme (2010/2015) ha oramai adottato un modello misto “retributivo” assai simile al modello contributivo (con un: livello di copertura tra contributi versati e pensioni erogate pari al 98%, a fronte del recente passato quando il livello era di circa il 50% tale da addossare il residuo sulle future generazioni; calcolo della pensione sull’intera vita lavorativa; regolamento per gli avvocati sottoreddito particolarmente indulgente; nuovo sistema di welfare etc.) ma tale da salvaguardare quella solidarietà categoriale che ha sempre ispirato l’avvocatura. Certo, tutto è migliorabile e perfettibile. Anelare la perfezione è rispettabile. Le riforme però non sono stato il frutto di un impazzimento ma di un percorso lungo, complesso, sofferto, discusso, condiviso del Comitato dei Delegati, organo collegiale rappresentativo ed eletto da tutta l’avvocatura.
Invero, una visione limitata della materia previdenziale (retributivo/contributivo) induce ad ignorare tutto ciò che accade realmente nell’universo, nel quale una pioggia di enormi ed insidiosi meteoriti devastano qualunque sistema previdenziale c.d. privato. I meteoriti sono costituiti dalla irragionevole (e di dubbia legittimità) “tempesta fiscale” che si abbatte costantemente sulle Casse previdenziali c.d. private. Erodendole e saccheggiandole.


Come noto le Casse previdenziali dei liberi professionisti (2.000.000 di iscritti che contribuiscono però al 15% del Pil del Paese) sono private ed autonome dal 1994 (d.lgs. 509/1994). Il legislatore ha scritto esplicitamente che tali enti non godono di finanziamenti pubblici (sorreggendosi esclusivamente sui contributi dei propri iscritti) e sono “vigilati” perché trattano la materia previdenziale, avendo una veste pubblicistica. Iniziamo l’elenco degli orrori (giuridicamente aberranti).
(1) Grazie alla giurisprudenza amministrativa, che ha di fatto riconosciuto all’Istat veste di legislatore (poteri del diritto creativo!), le Casse sono state trasformate surrettiziamente in “pubbliche” (Cons. St., 28 novembre 2012, n. 6014).Grazie a questa infida lettura le Casse c.d. private sono state asservite alla spending review che ha imposto alle Casse un prelievo forzoso dai contributi (privati) verso lo Stato. Un obolo che costa a Cassa Forense milioni di euro ogni anno, sottratti dai contributi versati dagli iscritti. Con la mano sinistra lo Stato sancisce che le Casse private non godono di finanziamenti pubblici e con la mano destra della spending review le depreda verso le casse pubbliche. Una dicotomia schizofrenica.
Per la giurisprudenza ordinaria invece le Casse private restano private.
(2) A partire dal d.l. 66/2014 lo Stato ha elevato l’aliquota di tassazione sulle rendite finanziarie dal 20% al 26%che intacca sensibilmente gli investimenti delle Casse c.d. private, fatti con i contributi degli iscritti, proprio per garantire pensioni adeguate e dignitose. Ciò accade mentre (leggete bene) i “fondi di previdenza complementare” (quelli offerti dalle società private, che ovviamente ci speculano) hanno una tassazione agevolata solo dell’l’11%. Pur ignorando l’irragionevolezza della scelta questa disuguaglianza non può che rivelarsi palesemente illegittima.
(3) I professionisti intellettuali versano l’IVA(pari al 22%) calcolata sulla sommatoria tra compenso e contributi previdenziali. Perché? E’ legittimo tale criterio? Abbiamo seri dubbi.


(4) I professionisti intellettuali a ben vedere pagano doppiamente i contributi pensionistici: direttamente attraverso la propria Cassa di riferimento e indirettamente, attraverso l’imposizione fiscale, le pensioni erogate dall’Inps (che ha un buco di decine di miliardi di €uro, così come attestato ancora da ultimo a giugno 2015). Non c’è però alcuna reciprocità per noi: forse che i contribuenti del fisco italiani siano chiamati indirettamente a contribuire alle pensioni erogate dalle Casse private?
Ma l’elenco potrebbe esser ancor più lungo ed inquietante.
Pochi sanno che c’è uno studio scientifico comparativo europeo che ha messo a confronto il trattamento fiscale dei sistemi pensionistici [Cost effectiveness of pensions and the role of taxation – an emerging European debate - Working Paper OSE-EURELPRO, April 2014 (authors Dalila Ghailani, David Natali (OSE, Europan Social Observatory)] certificando che l’Italia è il Paese europeo che, quanto alle Casse private, ha il peggior prelievo fiscale dell’eurozona, così realizzandosi due effetti pregiudizievoli e negativi: a) l’Italia non è competitiva con gli altri Paesi; b) i professionisti intellettuali sono usati come salvadanai, impoverendoli.
Ovviamente anche l’AdEPP, attraverso il suo presidente dott. Camporese, denuncia tali mostruosità da tempo. Occorre passare dalla mera denuncia all’azione. Le chiacchere in Italia non producono effetti virtuosi.
Proprio per tale motivo Cassa Forense intenderebbe organizzare nell’autunno un convegno incisivo (con l’invito esteso ai Ministeri competenti, oltre che all’AdePP e alle Casse più rappresentative) su tale tema. Al fine di chiedere esplicitamente, dati alla mano, una inversione di tendenza.
Diversamente Corte di Giustizia e Cedu saranno i nostri prossimi referenti.

Avv. Marcello Adriano Mazzola – Delegato di Cassa Forense

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