Assistenza e dintorni
23/04/2014
Stampa la paginaIn soldoni il termometro percentuale trova la sua misurazione, recitava il sevizio, nel fatto che molte famiglie sarebbero economicamente impreparate a sostenere spese improvvise di importo superiore ad € 700, si aggiungeva che nella stessa percentuale si registrano italiani che rinuncerebbero a cure mediche e particolarmente a visite specialistiche. Aggiungo anche alla tutela giurisdizionale dei propri diritti, proprio per i costi sempre in aumento dell’accesso.
Questa notizia, che allarma, mi porta quale componente del Comitato dei Delegati, a riprendere con vigore il tema dell'assistenza.
Ho più volte detto che un rimprovero (uno dei tanti), che mi rivolgo, consiste nell'aver postergato l'approvazione del regolamento sull'assistenza. L'attenuante la ritrovo nell'emergenza per il Comitato di procedere col regolamento di cui all'art. 21 della legge 247/2012, che con qualche travaglio ha, alfine, visto la luce, pur nell’attesa, speriamo non messianica, del visto dei Ministeri vigilanti.
Ora più che mai trovo urgente intervenire, considerato che la crisi economica incide sull'indice di vulnerabilità di cui ho riferito e, se è vero che tocca il ceto medio, non risparmia di certo i professionisti in genere e gli avvocati, in particolare.
Le benefiche ricadute di snelle misure assistenziali (e non assistenzialistiche, come il Presidente di Cassa Forense vien dicendo) potranno sicuramente calmierare momenti particolari e comunque trovare il punto di equilibrio nel non mortificare la dignità ed il decoro nell'esercizio professionale.
Recita un vecchio adagio che “i frati sono ricchi ma il convento è povero”.
In casa nostra forse è vero il contrario, Cassa Forense è florida e gli avvocati (molti ormai) tirano la cinghia.
Non abbiamo timore (non abbiano paura gli iscritti) per la tenuta dei conti e per il patrimonio di Cassa Forense. Noi delegati abbiamo chiaro il rigore sulle economie e quello sui bilanci. Abbiamo approvato gli ultimi bilanci con importanti avanzi di gestione. Temiamo solo di non essere snelli nel raggiungimento degli obiettivi e di non poter cogliere le migliori performances.
Tornando al tema mi piace dire che parlare di misure di assistenza è come fare testamento: allunga le aspettative di vita ed allontana i bisogni. Toccando ferro dobbiamo avere il polso che Cassa Forense per noi c’è, almeno nei periodi meno brillanti della nostra carriera.
Se la previdenza è il core business di Cassa Forense l’assistenza è la ragion d’essere del sistema; la solidarietà che la permea e la esalta é l’architrave del sistema costituzionale che all’articolo 38 prevede l’obbligatorietà della previdenza di primo pilastro.
Tanto è stato recepito dal nostro legislatore che con la legge 247/2012 ha escluso altre forme previdenziali per gli avvocati allontanandoli dallo spettro della gestione separata dell’INPS.
Con buona pace di chi vuole rincorrere a tutti i costi il sistema contributivo puro - tanti contributi verso tanto devo ricevere - solo con il retributivo attenuato di Cassa Forense è possibile accantonare gli egoismi e destinare risorse all’assistenza di cui vi è sempre più bisogno, particolarmente in periodi recessivi come quello attuale, che davvero mettono a dura prova il ceto professionale, avvocati compresi.
L’attuale regolamento dell’assistenza, approvato con determina ministeriale 24.7.2006, è piuttosto statico. È necessaria la sua rivisitazione, più duttile, più adeguata ai bisogni, se vogliamo più dinamica e creativa come quella che sta venendo alla luce dopo un monitoraggio presso gli iscritti e con il forte contributo degli Ordini che, piace ricordare, sono organi periferici della Cassa e spina dorsale dell’Ente.
Io personalmente li vorrei ancora più attivi e, in un domani davvero prossimo, anche sulla scorta dell’incalzante legge professionale, svuotati dei compiti di disciplina ma pieni degli accertamenti sulla continuità professionale, redditi esclusi, potranno particolarmente sulla scorta dell’art. 21 incidere direttamente e più immediatamente sulle regolarità dichiarative e contributive e, speriamo, divenire anche strutture più operative del sistema.
Sognare in grande costa uguale e comporta lo stesso sforzo e allora ho immaginato da tempo una banca dell’avvocatura con filiali presso i COF anche per incassare i contributi previdenziali e non solo quelli ordinistici con un riconoscimento di un aggio al pari di quello che è riconosciuto per l’incasso dei contributi del CNF (del resto mi pare che i commercialisti il sogno lo abbiano realizzato).
Una specie di banca etica, passatemi il concetto.
Ho sognato che Cassa Forense, particolarmente per il fine assistenziale e mutualistico, possa creare o partecipare ad una Cassa Mutua così fornendo in diretta quelle prestazioni cui gli iscritti anelano, trattamenti sanitari adeguati, convenzioni a basso costo e di qualità, trattamenti odontoiatrici in convenzione, un pensiero per l’età avanzata, ed altro ancora che lascio all’immaginazione ed alla fantasia creativa di tutti gli avvocati di buona volontà.
Avv. Giovanni Cerri – Delegato di Cassa Forense