ORDINANZA N. 3488/2025: LA CASSAZIONE RIBADISCE LA TUTELA CONTRO LE DISCRIMINAZIONI SUL LAVORO

di Gianluca Mariani

Stampa la pagina
foto

Il caso: discriminazione e diritto alla precedenza nell’assunzione

L’Ordinanza n. 3488/2025, emessa dalla Corte di Cassazione l’11 febbraio 2025, affronta un tema cruciale in materia di tutela del lavoratore precario e discriminazione nel rapporto di lavoro. Il ricorrente, un lavoratore assunto ripetutamente con contratti a tempo determinato, aveva richiesto il riconoscimento del diritto alla precedenza nell’assunzione stabile. Tuttavia, il datore di lavoro – una fondazione – gli aveva negato tale diritto perché il lavoratore si era rifiutato di firmare un verbale di conciliazione imposto come condizione per il nuovo contratto.

In primo grado, la Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta, sostenendo che il cambio di vertici gestionali e la successiva assunzione del lavoratore avessero posto fine alla discriminazione. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, accogliendo parzialmente il ricorso e riconoscendo al lavoratore il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale subito.

Il principio di diritto: la condotta discriminatoria del datore di lavoro

La Cassazione ha stabilito che subordinare l’assunzione alla firma di un verbale di conciliazione costituisce una discriminazione. Tale comportamento lede la libertà individuale del lavoratore e contrasta con le norme a tutela della dignità e della parità di trattamento.

In particolare, la Corte ha affermato che:

  • La discriminazione è intrinsecamente umiliante e incide negativamente sulla dignità personale del lavoratore.
  • Il risarcimento del danno non patrimoniale ha una funzione compensativa e dissuasiva e può essere determinato in via equitativa, anche basandosi su presunzioni.
  • Non è necessaria una prova analitica del pregiudizio subito: il danno può essere riconosciuto attraverso elementi presuntivi che dimostrino la violazione di un diritto costituzionalmente garantito.

Il quadro normativo di riferimento

L’ordinanza si inserisce in un contesto normativo ben definito, volto a garantire la parità di trattamento nel rapporto di lavoro. Un ruolo fondamentale è svolto dalla Direttiva UE 2000/78/CE, che vieta le discriminazioni basate su religione, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale, ponendo le basi per una tutela uniforme a livello europeo. In Italia, questa direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo n. 216/2003, che definisce in modo chiaro le discriminazioni dirette e indirette e prevede sanzioni proporzionate per garantire un’effettiva tutela dei lavoratori.

Un ulteriore riferimento normativo è rappresentato dall’Articolo 28 del Decreto Legislativo n. 150/2011, che disciplina il risarcimento del danno derivante da discriminazione, consentendo al giudice di determinarlo in via equitativa quando la lesione riguarda diritti fondamentali. Infine, la Costituzione Italiana rappresenta il fondamento di tutto l’impianto normativo antidiscriminatorio, con l’Articolo 3 che sancisce il principio di uguaglianza e l’Articolo 41 che garantisce la libertà di iniziativa economica, ma con il limite imprescindibile del rispetto della dignità umana.

L’orientamento giurisprudenziale

L’ordinanza si colloca in un filone giurisprudenziale consolidato della Cassazione in materia di tutela antidiscriminatoria. Ad esempio, la sentenza n. 6575/2016 ha chiarito che per la nullità di un licenziamento discriminatorio non è necessario che la discriminazione sia l’unico motivo del provvedimento, ma basta che sia un fattore determinante.

Le implicazioni pratiche

La decisione della Cassazione ha importanti ricadute per lavoratori e datori di lavoro:

  • Prova del danno: il risarcimento può essere riconosciuto anche in assenza di una prova diretta del pregiudizio subito, se si dimostra la lesione di un diritto costituzionalmente garantito.
  • Tutela antidiscriminatoria: la sentenza rafforza la protezione contro le discriminazioni nel mondo del lavoro, evidenziando che il risarcimento deve essere equo e dissuasivo, per prevenire future violazioni.

Con questa pronuncia, la Cassazione ribadisce con fermezza la centralità della dignità del lavoratore e la necessità di garantire strumenti effettivi di tutela contro le discriminazioni nel mercato del lavoro.

Altri in DIRITTO

Potrebbe interessarti anche