FERIE ANNUALI NON FRUITE DAL LAVORATORE: LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA NELLA CAUSA C-218/22
08/02/2024
Stampa la paginaUna recente sentenza della Corte di Giustizia UE ci permette di approfondire il tema della monetizzazione delle ferie annuali non fruite dal lavoratore nel corso del rapporto.
Il diritto alle ferie annuali retribuite
L’art. 36 della Costituzione stabilisce che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Il riposo e le ferie rappresentano quindi diritti irrinunciabili, essendo strettamente collegati ad un altro diritto costituzionalmente tutelato, quello alla salute, previsto dall’art. 32 della Carta.
Il riposo dal lavoro permette infatti di recuperare le proprie energie psicofisiche.
La normativa costituzionale viene concretizzata dall’art. 2109 del Codice Civile, dove si precisa che il lavoratore, trascorso un anno continuativo di lavoro, ha diritto a un periodo di ferie retribuito. Parallelamente, l’art. 10 del D. Lgs. n. 66/2003 stabilisce che il periodo di ferie annuali retribuite non può essere inferiore alle quattro settimane.
Anche i contratti collettivi intervengono in tema di ferie, fornendo criteri di calcolo dei giorni a disposizione e fissando le modalità di coordinamento tra il diritto al riposo e le esigenze organizzative aziendali, essendo facoltà del datore di lavoro indicare i periodi di fruizione.
Stabilisce inoltre l’art. 10 co. 2 D. Lgs. n. 66/2003 che il “periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”.
La monetizzazione delle ferie non godute
A tal proposito, in tema di impiego pubblico, l’art. 5 c.8 del D.L. n. 95/2012 prevede che, fatte salve talune eccezioni, non possa essere prevista alcuna monetizzazione per le ferie retribuite non godute, risultando prevalenti i principi di contenimento della spesa pubblica e i vincoli organizzativi imposti dall’ordinamento al datore di lavoro pubblico. Tale normativa ha lo scopo di reprimere il ricorso incontrollato alla monetizzazione delle ferie, al fine di favorirne un effettivo godimento.
La sentenza in esame si inserisce nell’ambito della normativa appena richiamata.
All'interno del diritto sociale UE, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali rappresenta un principio particolarmente importante, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva “orario di lavoro” (2003/88/CE).
La decisione della Corte di Giustizia UE
Nel caso portato all’attenzione della Corte di Giustizia, un dipendente pubblico ha ricoperto, da febbraio 1992 a ottobre 2016, il ruolo di istruttore direttivo presso il Comune di Copertino.
Il rapporto di lavoro veniva interrotto dalle dimissioni per pensione anticipata del lavoratore, cui seguiva la richiesta di versamento di un’indennità finanziaria per 79 giorni di ferie non goduti. Il Comune di Copertino negava tale richiesta, richiamando la normativa del decreto legge del 2012, sopra riportato, la cui conformità al diritto UE era già stata confermata dalla Corte Costituzionale italiana con sentenza n. 95/2016.
Secondo questa sentenza, sarebbe possibile versare un’indennità finanziaria qualora le ferie non siano state godute per ragioni indipendenti dalla volontà del lavoratore, come in caso di malattia, ma non in caso di dimissioni volontarie.
Il Giudice italiano investito della questione si è quindi posto il dubbio circa la compatibilità della normativa portata dal D.L. 95/2012, come interpretata dalla Corte Costituzionale italiana, e il diritto dell’Unione, posto che la Direttiva “orario di lavoro” prevede il pagamento di un'indennità finanziaria in caso di mancata fruizione delle ferie annuali prima della cessazione del rapporto.
In effetti la Corte di Giustizia specifica che l’effettiva fruizione delle ferie costituisce solo una delle due componenti del diritto alle ferie annuali retribuite quale principio fondamentale del diritto sociale dell’Unione, il quale include altresì il diritto ad ottenere un pagamento per le ferie non godute alla cessazione del rapporto.
In altre parole, quando il rapporto di lavoro è cessato, la fruizione effettiva delle ferie annuali retribuite cui il lavoratore ha diritto, non è più possibile.
Per evitare che, a causa di detta impossibilità, il lavoratore non riesca in alcun modo a beneficiare di tale diritto, in caso di fine del rapporto di lavoro, il dipendente ha diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali non goduti. A tale scopo, il motivo di cessazione del rapporto è irrilevante; ciò che invece rileva è che il datore di lavoro, prima della cessazione del rapporto, si sia attivato anche formalmente affinché il lavoratore venga posto nelle condizioni di fruire delle ferie.
In conclusione, la Corte di Giustizia conferma che il diritto dell’Unione osta a una normativa nazionale che vieta di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite non goduti, qualora tale lavoratore ponga fine volontariamente al suo rapporto di lavoro.