LA CASSAZIONE RIBADISCE I PRINCIPI SUL LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E DISCRIMINAZIONE: ORDINANZA N. 460 DEL 9 GENNAIO 2025

di Gianluca Mariani

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Con la ordinanza n. 460 del 9 gennaio 2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di rilievo nell'ambito del diritto del lavoro, riaffermando i criteri distintivi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e il rapporto con la discriminazione per disabilità. La decisione si inserisce in un solco giurisprudenziale consolidato ma introduce alcune precisazioni che meritano attenzione.

La controversia trae origine dalla richiesta di una lavoratrice che contestava il proprio licenziamento, ritenendolo discriminatorio a causa della sua disabilità. La Corte d'Appello di Roma aveva riconosciuto la legittimità del licenziamento per riorganizzazione aziendale, ma aveva comunque condannato il datore di lavoro a un risarcimento per danno biologico, derivante da una condotta stressante e vessatoria tenuta nei suoi confronti.

I principi espressi dalla Cassazione

La Suprema Corte ha confermato che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo se fondato su una reale esigenza aziendale e se il posto di lavoro viene effettivamente soppresso. Tuttavia, ha ribadito che la presenza di una motivazione organizzativa non esclude che possa essere  direttamente o indirettamente discriminatorio se sussistono elementi che fanno ritenere che la scelta sia stata influenzata dalla condizione di disabilità della lavoratrice.

In particolare, la sentenza ha richiamato alcuni principi consolidati:

  1. Prevalenza della realtà fattuale sulla forma contrattuale: la qualificazione del licenziamento non può dipendere unicamente dalla volontà dichiarata dal datore di lavoro, ma deve emergere dall’effettiva situazione aziendale.

  2. Onere della prova: il lavoratore deve fornire elementi per rendere plausibile la natura discriminatoria del licenziamento, mentre spetta al datore di lavoro dimostrare l'insussistenza della discriminazione.

  3. Discriminazione per disabilità: la Corte ha ribadito che la malattia prolungata è equiparabile alla disabilità e che il licenziamento basato sull'handicap è vietato dalla direttiva 78/2000/CE. Tuttavia, nel caso di specie, non sono stati ritenuti sufficienti elementi per qualificare il licenziamento come discriminatorio.

  4. Condotta datoriale lesiva: è stata riconosciuta una responsabilità del datore di lavoro per lo stress causato alla lavoratrice attraverso ripetute e insistenti comunicazioni, giustificando così il risarcimento per danno biologico.

La pronuncia della Cassazione rappresenta un punto di riferimento per la qualificazione del licenziamento in situazioni in cui si intrecciano esigenze organizzative e diritti dei lavoratori con disabilità. Essa rafforza l’orientamento volto a garantire una tutela effettiva contro licenziamenti discriminatori, pur ribadendo la possibilità di un legittimo recesso per riorganizzazione aziendale.

L'ordinanza n. 460/2025 della Corte di Cassazione evidenzia la necessità di un esame approfondito delle circostanze concrete in ogni singolo caso, per bilanciare le esigenze aziendali con i diritti dei lavoratori.

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