FLAT TAX ORDINARIA ED INCREMENTALE: IN BILICO TRA SPINTE ALLA FEDELTA’ FISCALE E TENTAZIONI AL RIBASSO

di Antonio Mancini

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La Flat Tax nella Bozza della Legge di Bilancio 2023

Da tempo strattonata da contrapposte pulsioni ideologiche, la flat tax (c.d. tassa piatta) è sottoposta ad una robusta manutenzione nella Bozza della Legge di Bilancio 2023: la soglia di accesso all’aliquota fissa Irpef del 15%, precedentemente fissata entro 65.000 euro di fatturato, viene elevata ad euro 85.000,00.

Non solo: con l’introduzione della c.d. flat tax incrementale, le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni, diverse da quelli che applicano il regime forfetario di cui all’art. 1, comma 54 e successivi, della legge n. 190/2014, potranno godere, al posto delle aliquote per scaglioni di reddito Irpef, di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, con un’aliquota del 15 per cento su un imponibile, comunque non superiore a 40.000 euro, pari alla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinato nel 2023 ed il maggiore tra i redditi dichiarati negli anni dal 2020 al 2022, decurtato di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare.

Differenza tra Flat Tax e Flat Tax Incrementale

Prima di entrare nello specifico di misure che – giova precisare – costituiscono, al momento, mere ipotesi soggette al vaglio parlamentare, è opportuno segnalare la differenza dei parametri tra flat tax già in uso (ed ora soltanto estesa ad una platea più ampia di contribuenti) e flat tax incrementale.

La prima presuppone il mancato superamento del limite di 65.000 euro (85.000 nella bozza) di fatturato (e non di reddito) ed interessa i soggetti, titolari di partita IVA, che versino nel regime forfetario alle tassative condizioni previste dall’art. 1, commi 54 e successivi, L. n. 190/2014 (Legge di Bilancio 2015), ossia che (in estrema e necessaria sintesi) non applichino l’imposta sul valore aggiunto sulle prestazioni e cessioni effettuate, non siano soggetti a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta, paghino le imposte sui redditi mediante un coefficiente di redditività pari al 5% dei ricavi/compensi incassati, per le nuove attività, ovvero del 15% per le attività già esistenti.

La flat tax incrementale non soggiace a soglie di fatturato, bensì postula, come pre-requisito, che il contribuente persona fisica, esercente impresa, arte o professione, dichiari, nel 2023, un reddito superiore a quello denunciato nell’arco del triennio 2020/2022.

La Marcata Forbice tra Aliquote Fiscali

 Viene subito da dire – in via generale e con inevitabile approssimazione – che la flat tax già vigente può solleticare la tentazione di acquattarsi nella comfort zone (ovvero al di sotto dei 65 o 85 mila euro di fatturato), ed è questo uno dei principali argomenti sollevati dai contestatori di tale misura, oltre a quello – probabilmente ancora più rilevante – della diversità di trattamento fiscale concesso ai lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti ed ai pensionati (non ammessi all’istituto).

Si può dunque innescare un corto circuito, in prossimità della soglia. 

In altri termini, si sostiene che la marcata forbice esistente tra l’aliquota piatta al 15% e quella, progressiva, applicabile sugli scaglioni di reddito anche appena superiori (per intenderci, il 41 per cento su 66.001 euro, oppure il 43 per cento su 85.001 euro, nella nuova formulazione), ispiri, ex se, una suggestione disincentivante alla produzione ed alla manifestazione di redditi più elevati.

In un Paese ideale, in cui non alberghi il fenomeno dell’evasione, la differenza di tassazione potrebbe essere giustificata dalla finalità di venire incontro alle fasce più deboli del popolo delle imprese e professioni.

Ma le statistiche ed i Rapporti sull’economia non osservata consegnano un quadro diverso, id est non fanno escludere che il reddito denunciato sia – diciamo così – un po' più basso di quello reale.

E capita, allora, che l’imprenditore od il professionista onesto, che denunci un reddito poco sopra il tetto e, dunque, si getti nelle braccia della “straordinaria tassazione ordinaria” (al 41/43 per cento di aliquota marginale), mostri qualche segno di insofferenza o sintomi di discriminazione.

Senza trascurare che, dal corposo gruppo degli aventi diritto al regime forfetario/flat tax, restano esclusi gli studi associati e le persone giuridiche, altro vulnus al principio di parità sostanziale.

Di ben diverso tenore sembrano la ratio e l’efficacia premiale della flat tax incrementale: in questo caso, l’aliquota di favore – senza limiti di fatturato e di reddito – è ad appannaggio di coloro – ed entro un range di 40 mila euro – che dichiarino più di quanto essi stessi abbiano denunciato al Fisco, come importo massimo, nel triennio precedente al 2023.

Esemplificativamente, qualora il contribuente persona fisica, esercente attività d’impresa o di lavoro autonomo, esponga, nel 2023, redditi per 130 mila euro, dopo avere, per ipotesi, dichiarato 70 mila nel 2020, 80 mila nel 2021, 100 mila nel 2022, avrà diritto a versare il solo 15% sulla differenza tra 130 mila e 100 mila (punta massima del triennio 2020/2022), ulteriormente decurtata del 5% di quest’ultimo importo.

Cosicché, pagherà il 15% su 35 mila, pari ad € 5.250,00, anziché € 15.050,00, da versare, invece, ordinariamente, sullo scaglione di reddito tra 95 mila e 130 mila euro.

L'Importanza della Compliance Fiscale

Come può notarsi, questo meccanismo può indurre ad una migliore compliance fiscale, incoraggiando, soprattutto, la crescita professionale.

Non bisogna dimenticare, poi, un tema troppo spesso sottovalutato: la spinta alla più fedele emersione fiscale e contributiva è l’antefatto di un decoroso trattamento pensionistico delle giovani generazioni.

Se vogliamo educare alla cultura dell’adempimento contributivo come garanzia di un futuro più dignitoso, dobbiamo mettere in guardia dalle scorciatoie del presente.   


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