ESENZIONE IMPOSTA IN MEDIAZIONE: ATTENZIONE A REDIGERE L’ACCORDO CONCLUSIVO

di Manuela Zanussi

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Solo gli atti strettamente legati al procedimento di mediazione, che formalizzano l’accordo anche tramite trasferimento di immobili, sono esenti da imposta di registro (fino alla soglia di euro 100.000, se superiori si paga l’imposta sul maggior valore). Ogni altro atto paga l’onere fiscale.

I mediatori italiani sono ben consapevoli del rischio impositivo se il verbale di mediazione non viene redatto con cura e, in effetti, i più attenti ed esperti di essi consigliano di verbalizzare il meno possibile secondo il noto principio della “minima verbalizzazione”; anche ad accordo traslativo immobiliare raggiunto verbalmente tra le parti negli incontri di mediazione, è meglio evitare di verbalizzare i contenuti dell’intesa.

Va sempre prestata particolare attenzione, infatti, a cosa viene versato nel verbale; ancor di più in quello che rinvia le parti davanti al pubblico ufficiale per la redazione di accordi traslativi di beni immobili.

Ciò che è bene tenere a mente è che solo avanti al Notaio rogante è necessario venga redatto e sottoscritto l’accordo di conciliazione, l’ultimo atto della procedura, ovvero l’atto conclusivo e finale della stessa. Diversamente, qualora le parti definiscano la procedura con accordo conciliativo espresso per iscritto, per poi andare dal notaio a redigere in forma idonea alla trascrizione il medesimo atto quale atto di esecuzione, quest’ultimo verrebbe considerato atto successivo ed esterno alla procedura, dunque “nuovo” rispetto al procedimento e, quindi, integralmente tassato.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio ha di recente puntualmente affrontato proprio questo caso, con la pronuncia di cui alla sentenza n. 4361/2024 che si esamina.

Distingue infatti la Corte tra:

  • atti interni: atti strettamente legati al procedimento di mediazione e pertanto esenti;
  • atti successivi al procedimento di mediazione: atti successivi ed esecutivi, che si pongono al di fuori del procedimento di mediazione e quindi non godono dell’esenzione fiscale.

La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria del Lazio si trovava a decidere, in sede di appello, in una fattispecie in cui il ricorrente in mediazione aveva concluso e verbalizzato un accordo di trasferimento di diritti immobiliari tra le parti. Successivamente, esse si erano recate dal notaio per redigere l’atto notarile “di esecuzione” nella forma idonea alla trascrizione, chiedendo di rimanere esenti da tassazioni. L’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto l’atto non esente e lo aveva tassato.

A seguito di impugnazione dell’atto di accertamento, la parte ricorreva alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma, che annullava l’atto impositivo, ma la competente Agenzia delle Entrate appellava la pronuncia; in secondo grado la Corte laziale riformava la sentenza di primo grado e confermava che l’atto del notaio non era esente da imposta.

La pronuncia analizza l’articolato sull’esenzione fiscale prevista all’art. 17 comma 2 D.Lgs. 28/2010, ma soprattutto ne delinea i limiti, oltre che ne sottolinearne la natura eccezionale e dunque la necessità di operare un’interpretazione limitativa della norma.

La Corte tributaria di secondo grado specifica infatti che:

  • la limitazione dell’esenzione fiscale si applica ai soli atti endo-procedurali: solo gli atti interni al procedimento di mediazione sono esenti da imposizioni fiscali secondo quanto stabilito dall’art. 17 D.Lgs. 28/2010;
  • l’atto notarile esecutivo di un accordo di mediazione, già perfezionato come atto conclusivo della procedura, risulta esterno alla procedura e quindi, pur attuando l’accordo di mediazione, costituisce un atto autonomo con effetti traslativi e non beneficia delle esenzioni previste per l’accordo di mediazione.

La Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sent. n. 11617/2020), secondo cui l’applicazione del regime fiscale agevolato deve limitarsi agli atti “necessari” per la mediazione, escludendo da tale beneficio e dunque dall’esenzione atti autonomi successivi ed “esterni” alla procedura.

Gli orientamenti giurisprudenziali sul punto appaiono costanti e conformi, soprattutto rispetto a un principio ermeneutico estremamente restrittivo nell’applicare tali benefici.

L’esenzione fiscale per i procedimenti di mediazione, pur rappresentando un rilevante ed apprezzato strumento per favorire la risoluzione amichevole delle controversie, non può infatti essere estesa agli atti autonomi e successivi che determinano l’effetto traslativo redatti in esecuzione di accordi già assunti.

Attenzione dunque a scrivere a verbale della procedura di mediazione il contenuto di accordi, quand’anche raggiunti tra le parti, soprattutto se essi vadano successivamente redatti in forma pubblica per la trascrizione in conservatoria. Va privilegiata infatti la regola della “minima verbalizzazione”.

Mediatori e avvocati che assistono le parti in mediazione stendano con cautela i verbali, tenendo a mente che -secondo la scrivente- è utile scrivere dei verbali meramente interlocutori senza contenuti di merito, nemmeno nella forma delle c.d. “puntuazioni”. Unicamente l’ultimo verbale contenente l’accordo di conciliazione con contenuto traslativo, che conclude e definisce la procedura, è certamente atto esente, in quanto “interno” alla stessa e che sconta, pertanto, l’esenzione dell’imposta di registro fino ai 100.000,00 come da novellata norma a seguito della Riforma Cartabia.

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