Cessione di ramo d’azienda “leggera”? Non è sempre legittima
16/08/2025
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Con la sentenza n. 17201 del 26 giugno 2025, il Tribunale di Ravenna ha stabilito un principio importante in materia di trasferimento collettivo dei lavoratori e cessione di ramo d’azienda. Il caso riguardava oltre cento dipendenti di un istituto bancario, trasferiti a una società neocostituita incaricata di gestire alcune attività operative.
Il giudice ha ritenuto che il trasferimento fosse illegittimo, in quanto privo dei requisiti minimi previsti dall’art. 2112 del Codice Civile. Si trattava, infatti, di un cosiddetto “ramo d’azienda leggero”, costituito quasi esclusivamente da personale e know-how, senza beni materiali, strumenti, né una vera autonomia organizzativa.
Quando una cessione non è valida
Secondo il Tribunale, per configurare una vera cessione di ramo d’azienda è necessario che l’unità trasferita:
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sia funzionalmente autonoma prima del trasferimento;
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disponga di asset materiali significativi, come locali, attrezzature o strutture organizzative;
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sia identificabile oggettivamente come entità a sé stante;
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mantenga continuità operativa nella nuova gestione.
Nel caso esaminato, mancavano questi presupposti. Il ramo ceduto era formato esclusivamente da risorse umane e competenze, senza alcuna struttura organizzativa autonoma. Una simile configurazione, definita “leggera”, non soddisfa i criteri dell’art. 2112 c.c., che tutela i lavoratori nei casi di trasferimento d’azienda.
Il diritto dei lavoratori a dire no
Uno degli aspetti più significativi della sentenza è il riconoscimento del diritto di opposizione del lavoratore. Il Tribunale ha affermato che il dipendente non può essere costretto ad accettare il trasferimento alla nuova società. Questo principio, già riconosciuto in ambito europeo (Direttive 77/187/CEE, 98/50/CE e 2001/23/CE), viene ora recepito con maggiore forza anche dalla giurisprudenza italiana.
In presenza di una opposizione esplicita e documentata da parte dei dipendenti, il trasferimento non produce effetti. Il datore di lavoro originario resta dunque responsabile della prosecuzione del rapporto.
Una sentenza che segna un cambio di rotta
Il Tribunale ha condannato l’azienda cedente a ripristinare il rapporto di lavoro con tutti i dipendenti che si erano opposti alla cessione. Si tratta di una decisione che rafforza le garanzie previste per i lavoratori in caso di riorganizzazioni aziendali, soprattutto quando si tenta di costruire una “cessione artificiale”, fondata solo sul trasferimento di persone.