Cassazione: la perdita delle indennità accessorie può costituire danno patrimoniale
08/10/2025
Stampa la pagina
Con l’ordinanza n. 22636/2025 la Suprema Corte richiama i giudici d’appello a verificare se il venir meno delle maggiorazioni per il lavoro notturno rappresenti un danno patrimoniale diretto.
La vicenda nasce all’interno di una azienda automobilistica dell’Abruzzo, dove un dipendente aveva lavorato ininterrottamente nel turno notturno dal 2003 al 2008. Con il successivo trasferimento al turno diurno, legato a un accertato demansionamento, l’uomo non percepì più le maggiorazioni economiche previste per il lavoro notturno, pari a circa 1.450 euro al mese. La somma complessiva persa nel tempo superava i 116 mila euro.
Il Tribunale di Lanciano, con una sentenza del 2019, aveva riconosciuto il diritto al risarcimento sia per il danno patrimoniale sia per quello alla professionalità e alla salute. La Corte d’Appello dell’Aquila, nel 2021, pur confermando in larga parte la decisione di primo grado, aveva escluso la risarcibilità della perdita delle indennità notturne, ritenendole un trattamento accessorio non tutelabile.
Con l’ordinanza n. 22636 depositata il 5 agosto 2025, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale della società e cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.
Secondo i giudici di legittimità, non si tratta di stabilire se il dipendente avesse un diritto acquisito a lavorare sempre di notte, né di applicare rigidamente il principio di irriducibilità della retribuzione. Il nodo da sciogliere è piuttosto verificare se la perdita delle maggiorazioni, costantemente percepite per anni, sia la conseguenza immediata e diretta dell’illegittimo demansionamento, come previsto dall’articolo 1223 del Codice civile.
La Corte d’Appello, spiegano i giudici, aveva liquidato la questione in modo troppo astratto, sostenendo che l’indennità notturna è legata a particolari modalità di svolgimento del lavoro e non rappresenta una voce fissa della retribuzione. Una valutazione corretta avrebbe invece imposto di considerare la specifica situazione del lavoratore, che per oltre cinque anni aveva svolto stabilmente turni notturni, percependo regolarmente le relative maggiorazioni, e che le aveva perse solo in seguito al demansionamento.
La decisione della Cassazione non riconosce direttamente il risarcimento, ma impone un nuovo esame alla Corte d’Appello dell’Aquila. Sarà il giudice di rinvio a dover accertare se la perdita economica, derivante dalla mancata corresponsione delle indennità notturne, costituisca un danno patrimoniale da risarcire.