Adozione di maggiorenne e mantenimento paterno

di Pier Giorgio Avvisati

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Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte esamina una vicenda concernente la intervenuta adozione da parte del nuovo marito della madre delle sue due figlie maggiorenni, ma non ancora autosufficienti economicamente e con un mantenimento paterno previsto in sede di divorzio in loro favore, del quale era stata chiesta l’esclusione o la sensibile riduzione in un caso e la riduzione nell'altro a seguito della sopravvenienza di fatti rilevanti idonei a ridefinire quei rapporti economici, tra cui il nuovo matrimonio contratto e la detta adozione.

La Corte, dopo aver chiarito l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale dell’istituto, pur riaffermando l’indiscutibile obbligo a carico del padre delle due ragazze, ritiene che l’entita della cifra possa essere rivista 

“ove risulti che l’adottante, benché privo del corrispondente obbligo giuridico, comunque provveda continuativamente, e non solo occasionalmente, anche alle esigenze e necessità quotidiane dei figli adottati”.

Viene preliminarmente puntualizzato che, qualora il figlio maggiorenne sia “già inserito, di fatto, in un nuovo contesto familiare”, sia pienamente comprensibile e ragionevole

“l’esigenza di assicurare una piena legittimazione, sul piano giuridico, ad una realtà già in atto sul piano dei sentimenti e delle relazioni personali”

, senza però che da ciò possa derivarne “il sorgere di obblighi giuridici, tra adottante e adottato” al di fuori di quanto previsto dalla disciplina codicistica.

Ciò piuttosto consente di

“attribuire rilevanza alla situazione fattuale da essa determinata come circostanza valutabile laddove il genitore dell’adottato, già tenuto al suo mantenimento, chieda procedersi alla revisione del relativo contributo”.

Tiene subito a precisare la Suprema Corte che

“non si intende, ovviamente, affermare che l’adottante abbia l’obbligo giuridico di contribuire al mantenimento del da lui adottato figlio maggiorenne di colei che, già divorziata, abbia sposato, né che il padre di colui che sia stato adottato non sia più tenuto ad un tale mantenimento”

( si pensi, sotto tale ultimo aspetto,al disposto dell’art.300 c.p.c.); soggiunge la Cassazione che, invece, laddove l’adottato maggiorenne si trovi stabilmente inserito, di fatto, nel contesto familiare”, a seguito del nuovo matrimonio e l’adottante

“benché a tanto non obbligato giuridicamente, comunque provveda continuativamente, e non solo occasionalmente, anche alle sue esigenze e necessità quotidiane”

, tale circostanza “ove sopravvenuta rispetto agli accordi tra i suoi genitori circa il suo mantenimento” deve essere valutata dal giudice al quale sia stata presentata “domanda di revisione delle condizioni di quel mantenimento”.

In tal caso, prosegue l’argomentazione della Suprema Corte, l’entità del mantenimentoben potrebbe essere variata per effetto dell’apporto economico comunque fornito anche dall'adottante alle necessità ed ai bisogni dell’adottato” e allora, confermato l’obbligo di contribuzione del padre al mantenimento delle figlie “malgrado la loro maggiore età e l’avvenuta adozione” dal marito della madre, la Suprema Corte chiarisce che l’entità di tale mantenimento debba tenere conto che le figlie “siano ormai inserite nel contesto familiare creatosi” per effetto del matrimonio della loro madre con l’adottante che abbia”provveduto continuativamente, e non solo occasionalmente, anche alle loro esigenze e necessità quotidiane”.

Conseguentemente

“l’attuale entità di detto mantenimento ben potrebbe essere variata per effetto dell’apporto economico comunque fornito anche dall'adottante alle necessità e ai bisogni dell’adottato”

, non avendo su tale qualificante aspetto la Corte territoriale spiegato se il suo assunto per cui la intervenuta adozione “non ha in alcun modo inciso sulle loro condizioni economiche con riguardo ai loro rapporti” con il padre, sia “da ricondursi alla mera interpretazione in chiave strettamente tradizionale dell’istituto del maggiorenne”  concernente il solo interesse dell’adottante alla trasmissione del nome e del patrimonio “oppure all'esito di un accertamento fattuale comunque effettuato” e, in tal caso non ulteriormente sindacabile se non nei limiti del novellato art.360 comma 1 n.5 c.p.c.

Ecco quindi che la Cassazione, ritenuto di dover accogliere, entro i detti limiti, la invocata violazione dell’art.337-septies c.c. in combinato disposto con l’art. 9 della L.n.898/1970 e della disciplina dell’adozione del maggiore di età, ha cassato il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello per il corrispondente nuovo esame alla stregua del principio di diritto indicato.

Avv. Pier Giorgio Avvisati - Foro di Latina

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