SUPERBONUS AGLI SGOCCIOLI

di Guerrino Petillo

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A porre fine al Superbonus, o meglio alla cosiddetta “cessione del credito”, non sono stati i circa sei miliardi di truffe scoperte, bensì paradossalmente, il suo enorme successo.

In poche parole il Superbonus è stato vittima di sì stesso, avendo scoperto, l’esecutivo, che oramai si trattava di una cavalcata senza più freni, insostenibile per le casse dello Stato, donde il D.L.11/2023.

Dai conteggi del Ministero dell’economia è emerso, in tutta la più specchiata evidenza, che tirando una linea al 31 dicembre 2022, gli sconti in fattura già concessi arrivavano alla cifra monstre di 110 miliardi di euro talché le casse dello Stato rischiavano, se non si fossero assunti idonei provvedimenti, di essere prosciugate dalle compensazioni dei bonus.

Anche gli Istituti di credito hanno dimostrato di non disporre più di alcuno “spazio fiscale” per acquistare nuovi crediti dalle imprese che hanno effettuato lo sconto in fattura ai propri clienti.

In parole povere le banche pagheranno i loro ingenti debiti con il fisco attraverso l’utilizzo di questi crediti, ovvero non versando nemmeno 1 euro nelle casse dello Stato.

Occorre sempre ricordare che i bonus non sono moneta, o per meglio dire non costituiscono una moneta fiscale parallela all’euro con cui pagare i debiti nei confronti dello Stato.

Tanto premesso, oggi a seguito dei recenti provvedimenti assunti dal Governo, lo sconto in fattura non esiste più e si torna al vecchio e collaudato meccanismo delle detrazioni di imposta.

Chi intende ristrutturare la propria abitazione dovrà pagare di tasca propria l’intervento per poi scontarlo dall’ Irpef attraverso la dichiarazione dei redditi e non potrà più cedere il credito all’impresa che ha realizzato le opere o alla banca, come avvenuto fino al provvedimento assunto.

Per le situazioni precedenti, il decreto ha previsto una clausola di salvaguardia che tutela chi ha già presentato tutte le carte o le ha in regola per poter avviare i lavori, egli potrà ancora utilizzare lo sconto in fattura e fare riferimento alle vecchie regole.

Occorre anche annotare che probabilmente i cantieri bloccati avranno una chance in più per ripartire, poiché il provvedimento del Governo potrebbe riaprire gli spazi fiscali delle banche in modo da permettere di concludere i lavori che sono stati autorizzati prima della pubblicazione del decreto.

Tutto ciò sempre tenendo conto dei paletti stabiliti dal decreto 176/2022.

Quel provvedimento stabiliva che, per poter usufruire anche nel 2023 del Superbonus del 110% era necessario aver presentato la CILA entro il 25 novembre 2022 ed aver deliberato i lavori nell’assemblea condominiale entro il 24 novembre 2022, questi paletti restano validi.

Occorre precisare che la delibera dell’assemblea condominiale deve essere “chiara e circostanziata” e da essa dovrà emergere la manifestazione di volontà dell’intera assemblea condominiale di aderire alla normativa del Superbonus, senza equivoco alcuno.

In difetto è prevedibile che si apriranno numerosi contenziosi con l’Agenzia delle Entrate che riprenderà a tassazione i condomini che non hanno ottemperato a quanto innanzi indicato.

Non può non farsi cenno alla previgente disciplina della cessione dei crediti e in particolar modo alle circolari 23 e 24 del 2022 con le quali l’Agenzia delle entrate aveva introdotto, per la prima volta, il concetto di “responsabilità in solido” tra il beneficiario ed il cessionario in caso di truffa Superbonus.

La responsabilità in solido, è bene ricordare,  si esclude soli nel momento in cui il cessionario abbia dimostrato di avere adottato tutti gli accorgimenti necessari al fine di verificare che effettivamente i lavori siano stati eseguiti e che vi sia stata coerenza tra le some dichiarate ed i lavori effettuati.

In buona sostanza la banca, prima di acquisire e/o cedere un credito avrebbe dovuto verificare “sul campo”, attraverso un proprio perito, l’effettiva rispondenza tra il credito fiscale e la quantità e qualità di lavori eseguiti.

Ovviamente tale attività non è stata svolta dalle banche, stanti le tempistiche di erogazione e la quantità di crediti acquisiti, proprio a causa del grande successo del Superbonus, di cui innanzi si trattava.

In un secondo momento la responsabilità in solido ha avuto una rivisitazione, un alleggerimento, anche se confermata nei casi di dolo o colpa grave da parte del cessionario.

La terza sezione penale della Corte di Cassazione, ha emesso numerose sentenze in cui ha stabilito che nelle cd “truffe da superbonus110%” scatta il sequestro preventivo a carico della banca che pure è parte offesa del reato.

I crediti di imposta già ceduti sono stati sottoposti a sequestro a scopo cautelare, prima di poter essere utilizzati dal cessionario stesso.

Nonostante la richiesta di dissequestro da parte degli intermediari, nel cinque casi trattati, la Suprema Corte ha ritenuto di dover confermare il provvedimento.

Ne discende che nel caso in cui  si pervenisse alla condanna  definitiva per la truffa ai danni dello Stato, le somme sarebbero nuovamente introitate dallo Stato medesimo, nello stesso segno importanti sentenze di merito delle corti territoriali.

Queste decisioni avevano, senza alcun dubbio, determinato una situazione di ulteriore incertezza.

Il D.l. 11/2023, in primis, ha avuto la funzione di sciogliere l’enunciato “principio solidaristico” e, pertanto favorire la cessione dei crediti di imposta proprio per evitare l’aumento esponenziale dei c.d. “crediti incagliati”.

Tale problema però è tuttora cogente poiché, nel frattempo, le banche hanno dichiarato di non disporre più della capienza necessaria per acquisire ulteriori crediti di imposta.

Quindi permane, problema dei cd “crediti incagliati” talché, molti cantieri sono ancora fermi o non riescono a partire perché le imprese non riescono a vendere i crediti fiscali alle banche che a loro volta hanno esaurito il loro plafond per gli sconti, si tratta di circa 14 miliardi di euro.  

Molte imprese interessate a comprare crediti dalle banche sono state spaventate dal rischi di incappare in eventuali sequestri della magistratura, pur avendo acquistato in buona fede questi crediti dalle banche.

Il decreto approvato dal governo tende a rimuovere definitivamente questo ostacolo.

D’ ora in poi, chi comprerà o già ha comprato, in buona fede, un credito fiscale non risponderà di eventuali truffe in solido con chi ha venduto.

Egli dovrà solo dimostrare di avere in suo possesso : il titolo edilizio abilitativo per gli interventi; la notifica dell’avvio dei lavori all’azienda sanitaria locale; la documentazione fotografica che dimostri che le opere sono state realizzate; le fatture e le ricevute comprovanti in dettagli le spese sostenute.

Queste sono le condizioni essenziali per superare il cd vincolo di solidarietà ed evitare i rischi innanzi descritti.

L’impresa che vorrà acquistare i crediti fiscali dalle banche dovrà farsi rilasciare un’attestazione dalla  banca, del possesso della documentazione suddetta, che ovviamente dovrà essere completa, pena il rischio di revoca del credito di imposta, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Attuando questa procedura dovrebbero liberarsi “spazi di credito” presso le banche ovvero queste potranno cedere facilmente i crediti fiscali alle imprese proprie clienti così liberando spazio per nuove operazioni e far ripartire i cantieri bloccati.

Sarà comunque necessario l’intervento dell’esecutivo che, con futuri provvedimenti, dovrà favorire i grandi player nazionali, affinché assorbano la grande massa di “crediti incagliati” che diversamente ad oggi non trova collocazione.


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