RISCONTRO TARDIVO ALL’ESERCIZIO DEI DIRITTI: AVVOCATO AMMONITO DAL GARANTE PRIVACY

di Marco Martorana

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L’attività del Garante per la protezione dei dati personali è fondamentale per l’accertamento dell’effettiva garanzia dei diritti da parte dei titolari del trattamento. Il dovere di far fronte alle istanze degli interessati, infatti, coglie spesso impreparati numerosi professionisti.

Di recente è capitato anche a un avvocato, il quale è stato ammonito dal Garante con il Provvedimento n. 17 del 27 gennaio 2022 per aver risposto tardivamente all’esercizio del diritto di accesso ex art. 15 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR). La normativa prevede infatti regole chiare e rigorose finalizzate a garantire l’esercizio dei diritti riconosciuti agli interessati rispettando i termini espressamente previsti.

Cosa stabilisce il GDPR?

In tal senso, l’art. 12 del GDPR stabilisce che il titolare debba agevolare l’esercizio dei diritti previsti dagli artt. dal 15 al 22 del Regolamento e adottare tutte le misure appropriate per fornire all'interessato le informazioni relative al trattamento dei dati in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro.

Le informazioni sono fornite per iscritto o con altri mezzi, anche elettronici; se richiesto dall'interessato, possono anche essere fornite oralmente.

Quanto ai termini per adempiere, il titolare è tenuto a fornite all'interessato le informazioni relative alla richiesta formulata senza ingiustificato ritardo e, comunque, al più tardi entro un mese dal ricevimento della medesima. Il termine può essere eventualmente prorogato di ulteriori due mesi in base alla complessità o al numero elevato delle istanze; tuttavia, è tenuto ad informare l'interessato di tale proroga e dei motivi del ritardo entro un mese dal ricevimento della richiesta.

Se invece non ottempera alla richiesta, il titolare deve informare l’interessato entro un mese fornendo i motivi dell'inottemperanza e metterlo a conoscenza della possibilità di proporre reclamo al Garante o ricorso all’Autorità Giudiziaria.

Nel caso di specie, l’interessato aveva esercitato il diritto di accesso ex art. 15 del GDPR.

Cosa tutela la normativa sulla privacy?

La norma in questione prevede che ciascun interessato ha il diritto di ottenere dal titolare la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e, in caso affermativo, di ottenere l'accesso agli stessi e ad una serie di informazioni previste dalla norma: le finalità del trattamento, le categorie di dati personali trattati, i destinatari degli stessi, il periodo di conservazione, l'esistenza del diritto dell'interessato di chiedere al titolare la rettifica o la cancellazione dei dati personali o la limitazione del trattamento che lo riguardano o di opporsi allo stesso, il diritto di proporre reclamo a un'autorità di controllo, tutte le informazioni circa l’origine dei dati laddove questi non siano raccolti presso l’interessato e l'esistenza di un processo decisionale automatizzato.

Qualora i dati personali siano poi trasferiti a un Paese terzo o a un'Organizzazione internazionale, l'interessato ha il diritto di essere informato dell'esistenza di garanzie adeguate ai sensi dell'art. 46 del GDPR.

Il titolare deve poi fornire una copia dei dati personali oggetto di trattamento e qualora l’interessato chieda di ottenere copie ulteriori, il titolare può addebitare un contributo spese ragionevole, basato sui costi amministrativi.

Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, le informazioni -salvo indicazione diversa dello stesso interessato- sono fornite in un formato elettronico di uso comune.

Nel caso in esame, l'avvocato aveva ricevuto una richiesta di accesso ai dati relativi a un procedimento di cui il richiedente era parte in causa. Tuttavia, benché avesse dato riscontro all’istanza dell’interessato, lo aveva fatto tardivamente, lasciando passare oltre un mese senza rendere conto delle ragioni del ritardo.

In seguito alla segnalazione del richiedente, l’avvocato era stato chiamato a rispondere al Garante, chiarendo che il tempo impiegato per fornire un riscontro all’istanza era dovuto, in primo luogo, al carico di lavoro presso il suo studio e, in secondo luogo, alla necessità di ottenere un fascicolo conservato in un ufficio giudiziario per confrontarlo poi con quello di studio, rilevando peraltro di aver trattato solo alcuni dei dati specificamente richiesti dall'interessato.

L’argomentazione del legale non ha però convinto il Garante, il quale non l’ha ritenuta idonea a giustificare la sua condotta.

Secondo l’Autorità, infatti, l’avvocato aveva unilateralmente prorogato il termine di legge omettendo di informare l’interessato del ritardo come previsto dal Regolamento; peraltro, si trattava di un adempimento di facile esecuzione, consistendo nella mera comunicazione all’interessato, senza particolari oneri o formalità, dei motivi dell’allungamento dei tempi.

Pertanto, il Garante ha ritenuto che, nella sua qualità di titolare del trattamento, l’avvocato avesse violato l’art. 12 par. 3, del RGPD, non avendo comunicato all’interessato, entro un mese dal ricevimento della richiesta, né la proroga dei termini di legge per il riscontro all’esercizio del diritto di accesso, né i motivi della stessa.

Ciò nonostante, il riscontro all’interessato, seppur tardivo, era stato comunque fornito spontaneamente, non risultavano esserci state precedenti violazioni ad opera dello stesso avvocato, il livello del danno subito dall’interessato era di lieve entità e non vi erano eventuali fattori aggravanti; alla luce di ciò, l’Autorità ha qundi ritenuto di ricorrere al solo ammonimento del professionista ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b) del Regolamento per violazione dell’art. 12, par. 3, senza però applicare alcuna sanzione amministrativa pecuniaria.

Dalla vicenda esaminata e dal conseguente provvedimento del Garante emerge quindi come anche gli studi legali debbano mettersi nelle condizioni di poter ottemperare regolarmente alle richieste che vengono formulate in tema di dati personali.

Questo perché, come si è avuto modo di constatare, qualsiasi richiesta di informazioni rivolta da un interessato può integrare l’esercizio del diritto di accesso ex art. 15 del Regolamento.

D’altronde, lo stesso GDPR, nel menzionato art. 12, esige che i titolari adottino le misure necessarie per garantire l’esercizio dei diritti e fornire agli interessati le informazioni relative al trattamento con i criteri stabiliti dalla normativa.

Inoltre, se un cliente formula una richiesta di accesso ai dati ai sensi dell'art. 15 del Regolamento, si applicherà tutto il quadro delle tutele previste, tra cui le tempistiche imposte dall’art. 12.

A tal proposito, bisogna tenere presente quanto previsto dalle norme e ribadito dal Garante nel Provvedimento n. 17 del 27 gennaio 2022: eventuali complicanze o ritardi non legittimano in alcun modo il mancato rispetto dei termini e dei doveri di informazione, i quali devono essere rigorosi anche soltanto per avvisare l’interessato dei motivi di eventuali ritardi o dinieghi.


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