L’ AVVOCATO PUÒ CANCELLARSI DALL’ALBO ANCHE DURANTE IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
18/06/2025
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Le sezioni unite della Corte di Cassazione, nell’ambito di un giudizio concernente il rigetto dell’istanza di cancellazione dall’albo avanzata da un avvocato in considerazione delle gravi patologie che gli impedivano di svolgere la professione, hanno sollevato, in riferimento agli artt.2,3,4,35 e 41 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art.57 della l.n.247 del 2012 che, in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, dispone che durante lo svolgimento del procedimento disciplinare, dal giorno dell’invio degli atti al consiglio distrettuale di disciplina, non può essere deliberata la cancellazione dall’albo. Tale divieto mira a scongiurare il rischio che il professionista, rinunciando all’iscrizione, possa vanificare l’iniziativa assunta dagli organi disciplinari dell’Ordine forense.
La Corte costituzionale con sentenza 23.5.2025 n.70, dopo avere premesso la ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in cui si inserisce la disposizione censurata, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art.57 della l.n.247 del 2012 per contrasto con gli articoli 2,3 e 4 Cost. E ciò in quanto la disposizione censurata, restringendo, sia pure temporaneamente, la libertà dell’iscritto di autodeterminarsi in ordine alla sua permanenza nell’organizzazione professionale, contrasta, con l’art.2 Cost., non potendo l’avvocato esercitare diritti e libertà di rango costituzionale.
Il meccanismo previsto dall’art.57 citato comporta che, per l’intero corso del procedimento disciplinare, l’avvocato che intenda rinunciare all’iscrizione all’albo non possa ottenere la cancellazione ed esercitare i diritti e le libertà di rango costituzionale – come la libertà di revocare l’adesione alla compagine professionale, il diritto di fruire di determinate prestazioni previdenziali o assistenziali e la libertà di intraprendere una diversa attività lavorativa – che si esplicano attraverso la fuoruscita dall’ordine o che, comunque, la presuppongono. Per la Corte “il divieto si traduce in un vulnus alla libertà di autodeterminazione, in quanto l’appartenenza al gruppo professionale viene imposta nonostante sia venuto meno il consenso comunque prestato dall’avvocato all’adesione alla istituzione ordinistica per avere egli perso l’interesse a esercitare la professione ovvero per non avere più la possibilità di farlo…..tale vincolo non può, infatti, essere reciso neppure quando l’avvocato versi nelle condizioni per accedere alle prestazioni previdenziali o assistenziali per la cui fruizione la legge richiede l’avvenuta cancellazione dall’albo”.
Per la Corte la normativa dell’art.57 l.n.247/2012 contrasta anche con l’art.4 Cost in quanto incide in maniera sproporzionata sulla libertà di lavoro dell’avvocato che richieda di cancellarsi dall’albo avendo intenzione di cessare l’esercizio della professione, ed eventualmente intraprendere una diversa attività lavorativa al cui svolgimento sia di ostacolo l’appartenenza all’istituzione ordinistica.
La Corte, si “rende conto” che con la dichiarata illegittimità costituzionale dell’art.57 della l.n.247/2012, si determina un vuoto normativo al quale il legislatore può porre rimedio attraverso un meccanismo meno restrittivo della libertà dell’avvocato, ma afferma che “non spetta a questa Corte indicare la soluzione più idonea a bilanciare gli interessi in conflitto, rientrando nella discrezionalità del legislatore la scelta dello strumento a tal fine più adeguato………in attesa dell’intervento del legislatore, alla stregua della disciplina che residua alla rimozione dell’art.57 della legge n.247 del 2012 la cancellazione dall’albo non può che comportare l’estinzione del procedimento disciplinare intrapreso.
La Corte evidenzia, però, che l’estinzione del procedimento non fa venire meno la pretesa sanzionatoria così che, nel caso in cui l’avvocato, successivamente alla cancellazione, chieda di essere reiscritto, l’azione disciplinare, ove non ancora prescritta, può essere nuovamente esercitata in relazione agli stessi fatti che avevano determinato l’attivazione del procedimento-
E’ necessario, però, come afferma la stessa Corte, che nelle more dell’intervento del legislatore, gli organi professionali competenti vigilino con il massimo rigore affinché non siano consentite pratiche abusive che determinino l’aggiramento del principio di conservazione dell’azione disciplinare.