Il principio di solidarietà

di Marcello Adriano Mazzola

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Ma il principio di solidarietà è uno straordinario principio fondante della previdenza dell'avvocatura, inteso proprio per tutelare l'avvocatura più debole (i giovani, le donne con maternità complesse), più indifesa (colleghi con ridotte capacità finanziarie), oppure semplicemente più sfortunata (colleghi alle prese con gravi e lunghi infortuni o malattie lunghe e complesse, con problemi familiari etc.). Non è utopistico.
Tale principio è stato declinato e tradotto sostanzialmente in vari modi, tra cui: a) con l'obbligo del versamento di un ulteriore contributo del 3% oltre il c.d. tetto reddituale (al momento circa 98.000 euro); b) con la realizzazione del c.d. Regolamento ex art. 21 l.p.f. per i colleghi sotto reddito; c) con la realizzazione del recente c.d. Regolamento dell'assistenza (che entrerà in vigore l'1 gennaio 2016); d) con il contributo di solidarietà a carico dei pensionati. Principio, certamente, che deve dialogare e confrontarsi costantemente tanto con l'imperativo della sostenibilità (cinquantennale), quanto col diritto dei colleghi di prendere pensioni adeguate e dignitose.
Mai come in questi ultimi anni Cassa Forense, mediante scelte complesse, condivise in contraddittorio con gli Ordini e con le associazioni, elaborate, discusse, modificate e deliberate dagli Organi collegiali (Comitato dei Delegati e Consiglio di Amministrazione nell'ambito della propria competenza), ha però prestato così tanta attenzione alle fasce più deboli. Qualcuno invece all'esterno, assai affezionato a polemiche gratuite e destituite di ogni fondamento tecnico, ha denunciato esattamente l'opposto, quasi che Cassa Forense abbia intrapreso un percorso finalizzato a rendere elitaria l'appartenenza alla classe forense.


Prova indiscussa dell'aberratio di tali critiche è offerta dalle conseguenze dei numeri inerenti le cancellazioni dagli albi degli avvocati, successivamente all'entrata in vigore del c.d. Regolamento ex art. 21 l.p.f.: qualche migliaio. A conferma di come Cassa Forense si sia adoperata con scelte inclusive e non certo esclusive.
A sostenerlo non è con toni autoreferenziali Cassa Forense ma bensì l'Avvocatura dello Stato che ha difeso i Ministeri Vigilanti (del Lavoro, Economia e Finanze e Giustizia) in uno dei vari procedimenti impugnatori dinanzi al Tar Lazio, appunto volti a demolire il c.d. Regolamento ex art. 21 l.p.f., censurato sotto molteplici profili, lamentandosi (i ricorrenti) come di fatto impedisca di esercitare il diritto di esercitare la libera professione forense, gravando di un insostenibile peso previdenziale colui che voglia continuare ad esercitare la professione, sino a scomodare col richiamarlo (asseritamente violato) l'art. 3 Cost.
Ora, giova ricordare come i Ministeri Vigilanti siano spesso poco indulgenti, tendenzialmente spingendosi ben oltre la potestà vigilante sino ad entrare nel merito, oltre ad adoperarsi per limitare oltremodo l'autonomia privatistica dell'Ente. Questo per spiegare come con l'Avvocatura dello Stato non vi sia alcuna liaison.
Invero, ci sono passaggi tecnici dell'Avvocatura che meritano di essere sottolineati, tanto per l'elevato tasso tecnico, quanto per la bellezza riposta in essi (anche il diritto può esprimere bellezza...). Scrive l'Avvocatura che “Orbene, il Regolamento impugnato, impone a coloro che siano iscritti agli Albi forensi e, ope legis, alla Cassa, il pagamento di minimi contributivi fissati dall'Ente, nella misura ritenuta idonea alla categoria forense le prestazioni previdenziali imposte dalla Carta costituzionale all'art. 38: “I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. Questa è la “mission” eminentemente pubblicistica cui sono chiamati in primo luogo tutti gli enti di previdenza” (Memoria Avvocatura Stato 15.10.2015, Tar Roma, sez. III bis, RG 13450/2014, pag. 6). Sicchè “Contestualmente, la Cassa ha richiesto ai propri iscritti di aumentare lo sforzo solidaristico, elevando l'aliquota del contributo di solidarietà, imposto anche ai pensionati” (Memoria pag. 7).


In particolare “In merito, si richiama la sentenza n. 404/2000 della Corte Costituzionale che ha sottolineato come i sistemi previdenziali dei liberi professionisti abbiano natura solidaristica e come non vi sia necessariamente corrispettività tra contributi e pensioni, ma una peculiare configurazione dei doveri di solidarietà comunque posti a carico degli iscritti” (Memoria pag. 7).
Alla luce di ciò l'Avvocatura sottolinea proprio la pregevolezza della scelta intrapresa da Cassa Forense, atteso che “La Cassa, pertanto, piuttosto che frustrare la libertà d'impresa, imponendo agli avvocati con un reddito professionale basso una contribuzione eccessiva, ha inteso garantire anche ad essi un futuro previdenziale adeguato, sullo sfondo di sostenibilità dell'intero assetto” (Memoria pag. 8). E “Riassumendo, nel pieno rispetto formale e sostanziale delle norme di rango, (…) la Cassa, a tutela della propria categoria, ha elargito maggiori sconti contributivi ai giovani (riducendo la contribuzione minima fino a ¼ di quella ordinaria)” (Memoria pag. 9).
Si aggiunga infine come, - in risposta ai nostalgici de “vogliamo andare all'Inps” e “contributivo per tutti” forse obnubilati da ipertrofico statalismo e impregnati dall'ego/eco -, la stessa Avvocatura osservi come sotto ogni profilo (aliquota contributiva in primis) il sistema di Cassa Forense sia nettamente più cautelativo rispetto a quello dell'Inps, anche perché “tutte le pensioni erogate in regime contributivo non vengono integrate al minimo” (Memoria pag. 13).
Più chiari di così…

Avv. Marcello Adriano Mazzola – Delegato di Cassa Forense

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