Il Congresso di Rimini: nuova occasione di rilancio o "biennale" di passerella?
19/09/2016
Stampa la paginaCassa Forense è, come sempre, presente, al fianco di CNF, Oua ed associazioni, a sostegno dell’intera avvocatura, nell’ottica di favorire il rilancio e la coesione della classe fornese, che deve tornare protagonista nella società, al servizio dei diritti di tutti.
Il tema non è nuovo. Due anni fa il Congresso di Venezia si interrogò sul tema della rappresentanza politica e diede una risposta chiara, pur apparentemente parcellizzata perché modulata in numerose mozioni, nella direzione di più incisiva partecipazione.
Una sorta di miopia politica ci ha orientati verso l’inerzia, un’inerzia talvolta armata, che ha obnubilato le menti, precluso ogni decisione e vanificato l’azione delle rappresentanze.
Ora è il tempo di decidere.
La conservazione del "potere" non serve a molto, né servono proclami ex cathedra o tatticismi vari, attesa la diffusa marginalizzazione della professione forense, frutto di un inspiegabile immobilismo che produce una sostanziale rinuncia al futuro (di tutti).
Il problema era ed è non chi detiene la rappresentanza, politica o istituzionale, ma quale strategia l’avvocatura sceglie e quale percorso prospetta per recuperare prestigio e centralità.
Una classe sociale che è finita colpevolmente ai margini degli orizzonti della società, divenendo, nell’ottica dei più, un "peso sociale", non può limitarsi a riaffermare la propria "missione" di difensore dei diritti, ma deve diventare artefice dei diritti dei tanti, individuando nell’orizzonte di crescita sociale le proprie prospettive di rilancio.
La struttura, certo, serve la struttura: è il primo tassello. Più partecipativa? Più stretta? Più larga? Tutto può andare bene, a condizione che si recuperi una rappresentanza unitaria, laddove unitaria non può che significare coinvolgimento di tutte le voci e reductio ad unum di tutte le dissonanze.
Il progetto e la strategia sono il secondo tassello e sono inscindibili dalla capacità di iniziativa, fondata sulla dialettica e sulla partecipazione, che servono per individuare le migliori proposte e per poter contare.
Quali proposte? Il lavoro di approfondimento delle rappresentanze della classe forense, per il quid che questa rappresenta in termini di competenze e di radicamento sociale, non può limitarsi al contributo unificato e simili, ma deve estendersi a tutti i profili della vita sociale, nell’ottica di un lavoro di servizio che, solo, può riportare l’avvocato al centro della stessa.
Quando proponiamo? Quando altri hanno già proposto? E’ evidente che la tempestività è fondamentale.
L’ultimo Ministro della Giustizia, all’alba del suo incarico, ha palesato la volontà di istituire un canale dialettico privilegiato con l’Avvocatura. Purtroppo, la varietà degli interventi, spesso articolati in osservazioni e critiche a progetti di altri, e, soprattutto, la carenza di proposte di respiro ampio e di sistema, ha reso sterile una pur grande impegno di tanti. Così lo stato della giustizia si è ulteriormente aggravato e l’avvocatura si avvia a progressiva proletarizzazione.
L’obiettivo di tornare al centro lo si consegue lavorando, lavorando e lavorando ancora. Solo un impegno straordinario restituirà all’avvocatura il prestigio perduto ed una rinnovata partecipazione anche in termini di attività professionale.
Al congresso il compito di dire una parola chiara sul percorso utile e sul futuro di una classe che, per intelligenza, per passione e per tradizioni di autonomia e libertà, non può che essere centrale nella vita sociale.
Un passo avanti talvolta può richiedere un passo indietro, tutti: un po’ meno di sé e rimboccarsi le maniche in un progetto illuminato da un percorso partecipativo, con l’obiettivo di contribuire al cambiamento, della società e della giustizia, preservando la giustizia pubblica e gratuita per tutti i cittadini, quale bene sociale irrinunciabile.
Uno sforzo straordinario, certo! Ma l’avvocatura, per la sua capacità di interpretare le esigenze della società, oggi in crisi e insieme in evoluzione vertiginosa, ha il dovere di farsi carico di proposte di sistema che prospettino una giustizia efficace e tempestiva, avulsa da egoismi di casta, consapevole, da un lato, che non può essere utilmente prospettato il "problema" dell’avvocato, ma va risolto quello della generalità dei soggetti e, dall’altro, che finalmente va strappato dalle mani delle lobby il monopolio propositivo.
Basta inseguire, assumere l’iniziativa, farsi carico delle ansie e della sete di giustizia dell’intera società civile è l’unica strada per riemergere e per (ri)conquistare i giusti spazi di attività nell’ambito di una società che tende ad escludere chi protesta sterilmente e ignora le esigenze di cambiamento.
di Agostino Maione - Delegato di Cassa Forense