CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO: I CHIARIMENTI DELL' AGENZIA DELLE ENTRATE

di Filippo Mengucci

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In merito al contributo a fondo perduto previsto introdotto dall’articolo 1 del decreto-legge 22 marzo 2021 n. 41 (il c.d. Decreto “Sostegni”), convertito con modificazioni dalla legge n. 69 del 21 maggio 2021, in vista della imminente scadenza di accesso ai nuovi benefici previsti dal Governo, si segnalano alcuni chiarimenti pervenuti da parte dell’Amministrazione finanziaria circa la determinazione del fatturato di riferimento da considerare nelle operazioni di accesso al nuovo sussidio.  

Contributo a fondo perduto cosa si intende per fatturato

Il calcolo del “fatturato” ha rappresentato, sin dall’origine, un serio problema per tutti i contribuenti intenzionati a presentare le domande per i contributi a fondo perduto.

Le utili precisazioni forniscono ora solo alcuni dei necessari chiarimenti sull’ambito oggettivo.

L’ammontare del contributo si premette come sia determinato applicando una percentuale alla differenza tra il valore medio mensile del fatturato dell’anno 2020 e quello medio mensile del fatturato dell’anno 2019.

Le percentuali previste variano in funzione del volume dei ricavi e dei compensi. 

I requisiti per poter beneficiare del contributo sono quelli di avere la partita IVA attiva alla data del 23 marzo 2021 ed aver rilevato il previsto decremento sul fronte dei ricavi “fatturati”.

L’ultima circolare di prassi dell’Amministrazione dedica particolare attenzione ai presupposti per la fruizione del beneficio ed al concetto di “fatturato”, rispetto al calcolo del decremento cui è collegato il contributo, nonché alle modalità di predisposizione e di trasmissione della relativa istanza.

Il contributo a fondo perduto, come già per i precedenti contributi emergenziali di analoga natura, è noto come sia finalizzato ad aiutare le attività economiche danneggiate dal c.d. Coronavirus ed è riconosciuto ai soggetti esercenti attività professionali (del pari agli esercenti attività d’impresa), titolari di partita IVA, a condizione che abbiano subito una riduzione non inferiore al 30 per cento dell’indicato ammontare medio mensile del fatturato dell’anno 2020, rispetto a quello dell’anno 2019.

Con la circolare n. 5/E del 14 maggio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le spese documentate e anticipate in nome e per conto del cliente escluse dalla base imponibile ex articolo 15 Dpr 633/1972 (bollati, contributo unificato, diritto e concessioni governative), non devono mai essere considerate ai fini del computo per la determinazione del “fatturato”.

Solo i rimborsi spese addebitati in fattura al committente, ivi compresi quelli determinati in via forfettaria, devono essere considerati nel concetto di “fatturato”.  Già con precedente circolare 22/E/2020 l’Agenzia delle Entrate aveva avuto modo di specificare che, ai medesimi fini, nella determinazione del “fatturato” si considerano solo le operazioni che hanno concorso alla liquidazione periodica ai fini dell’Iva e, pertanto, solo quelle che ai fini del tributo ivi rilevano.

Inoltre, l’Agenzia ha precisato che vi rientrano anche i ricavi o compensi che sono stati attestati da fatturazione volontaria, quantunque non ve ne fosse un obbligo di legge, dando rilevanza anche a tutte le operazioni fuori campo Iva che possono avere avuto una attinenza con la rilevazione di ricavi e compensi.  

Quello che è certo è che si conteggiano tutte le operazioni fatturate che entrano nella liquidazione periodica (LIPE): oltre alle operazioni imponibili ci sono pertanto anche quelle non imponibili, esenti e non soggette per mancanza di territorialità con obbligo di fatturazione ex art. 21 comma 6-bis del richiamato decreto IVA.

Nel concetto di “fatturato” vanno inoltre incluse:

  •  le somme di cui all’articolo 13, comma 5, del Dpr 633/1972 relative alla cessione di beni per il cui acquisto o importazione la detrazione è stata ridotta ai sensi dell’articolo 19-bis.1 o di altre disposizioni di 21 indetraibilità oggettiva (ad esempio, cessione di un’autovettura da parte del professionista la cui IVA sull’acquisto è stata detratta al 40%);
  • il contributo integrativo previdenziale di rivalsa addebitato al committente del 4% dovuto a Cassa Forense rientra nel calcolo del “fatturato” poiché trattasi di somma imponibile ai fini IVA. Lo stesso contributo deve essere solo escluso dalla nozione di “compensi”. Sebbene tale precisazione possa apparire prima facie come un mero tecnicismo, si tratta di una differenza sostanziale, poiché viene finalmente superata una delle principali criticità nell’invio delle istanze pregresse atteso che il contributo integrativo delle casse di previdenza rientra  da anni a pieno titolo nel concetto di volume d’affari ai fini dell’IVA; 
  • il prezzo di cessione o il valore di mercato in relazione all’estromissione/assegnazione di beni ai professionisti (passaggio dalla sfera professionale a quella personale); l’Agenzia ha reso noto che, nonostante le suddette operazioni ai fini delle imposte dirette risultino assimilabili alla cessione di beni e, in talune ipotesi, vadano anche incluse nel campo di applicazione dell’IVA, gli importi non risultano mai riconducibili alla nozione di “fatturato” di cui al comma 4 dell’articolo 1 del decreto Sostegni.

Ai fini della determinazione del “fatturato” vengono confermate le indicazioni fornite in occasione del contributo del decreto Rilancio. In particolare, anche per i contribuenti in regime forfettario, per il calcolo del “fatturato” vale la data di effettuazione dell’operazione. 

A nulla rileva il fatto che tali contribuenti che debbano determinare il reddito applicando i coefficienti di redditività previsti sui ricavi o sui compensi percepiti (pertanto forfetari), pur non potendo esercitare la rivalsa ai fini IVA e, simmetricamente, non potendo considerare in detrazione l’IVA assolta sugli acquisti, debbano comunque determinare il fatturato in assenza di registrazioni periodiche IVA e, in ogni caso, dichiarare i ricavi annuali sempre in base al momento in cui le operazioni si considerano effettuate.

Stesso orientamento per tutti i contribuenti che adottano il regime di IVA c.d. “per cassa”. 

In buona sostanza, i contribuenti devono fare riferimento alla data della fattura oppure alla data di certificazione del corrispettivo (ove la fattura non sia obbligatoria). In caso di fattura differita per servizi si deve poi fare riferimento alla data di ultimazione della prestazione professionale come avviene nel caso delle cessioni di beni supportate dall’apposito “documento di fine servizio” come avviene per il c.d. documento  trasporto (DDT).

Considerato che l’articolo 21, quarto comma, lettera a, del Dpr 633/1972 presuppone per la fatturazione differita, oltre all’individuazione delle prestazioni di servizio con idonea documentazione, anche una pluralità di tali prestazioni effettuate nello stesso mese nei confronti del medesimo soggetto, si è dell’avviso che, solo in presenza di tale circostanza, possa correttamente configurarsi l’emissione di fattura elettronica differita, recante il dettaglio delle operazioni, con l’utilizzo del tipo di documento TD24 (parcella differita).

Viceversa, nel caso di effettuazione di una sola prestazione nel mese nei confronti di un cliente, vige l’obbligo di emettere la fattura elettronica nel termine ordinatorio di 12 giorni dal pagamento del corrispettivo, utilizzando nel file Xml della stessa il tipo di documento TD06 (parcella).

Per calcolare il fatturato medio mensile, vanno prima determinati fatturato e ricavi totali realizzati nel 2019 e nel 2020 e, a tal fine, occorre prendere in considerazione:

  • tutte le fatture attive (al netto dell’IVA) con data di effettuazione dell’operazione compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020;
  • tutte le note di variazione di cui all’art. 26 del DPR 633/72, aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020;
  • l’ammontare dell’eventuale  fatturato riguardante le cessioni di beni ammortizzabili per i quali si è emessa fattura.

Si rappresenta, infine, che l’eventuale indennità di maternità erogata dalla Cassa Forense in sostituzione dei redditi professionali persi dall’avvocato, non concorre alla determinazione del fatturato, né alla soglia di ricavi, anche ove mai (volontariamente) fosse stata fatturata come cessione di danaro, poiché si tratta di somma non riconducibile ad alcun compenso.

L’Agenzia chiarisce altresì che i contributi a fondo perduto di cui al decreto Sostegni nonché i contributi erogati nelle precedenti occasioni a fronte della pandemia non rilevano ai fini della determinazione della soglia di euro 65.000 per il regime forfetario (art. 1 comma 54 della L. 190/2014). 

In merito ai requisiti per l’accesso, vengono forniti chiarimenti riguardo al computo dei contributi a fondo perduto ricevuti nel 2020. Tali misure non sono equiparabili ai contributi “ordinari” che le imprese rilevano in conto esercizio, né sono sostitutivi dei redditi persi, in quanto non attuano una determinata politica fiscale, ma hanno la finalità di compensare, almeno in parte, i gravi effetti economici e finanziari che hanno subito determinate categorie di operatori economici a seguito della diffusione della pandemia da COVID 19. 

Per via dell’eccezionalità di tali contributi, l’Agenzia ritiene che i vari contributi a fondo perduto erogati (come il caso del bonus affitti o i crediti d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e la sanificazione fino al decreto “Sostegni”) non siano da considerare. Per gli effetti:

  • non concorrono alla determinazione della soglia dei ricavi per l’accesso;
  • non rilevano ai fini del calcolo della riduzione del fatturato medio;
  • non debbono essere inclusi tra i ricavi di cui alle soglie dimensionali per la determinazione delle percentuali ai fini del calcolo dell’agevolazione.

Come dire, “in claris non fit interpretatio”: l’antico invito rivolto a tutti i giuristi espone il principio per il quale non sarebbe necessario interpretare le norme non oscure, dall'evidente significato. Inutile quindi, invocare le tanto auspicate semplificazioni  fiscali e speculare sul testo normativo ovvero fare ulteriori  commenti su quanto riportato negli innumerevoli documenti di prassi dall’Amministrazione.

 Avv. Filippo Mengucci del Foro di Roma


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