Spending review: come far cassa con le Casse

di Marcello Adriano Mazzola

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Il risparmio deve essere del 5% nel 2012 e del 10% negli anni successivi e per l'anno in corso il termine per il versamento è stato fissato al 30 settembre.
Nella specie occorre però osservare come le Casse di Previdenza dei liberi professionisti non siano per nulla pubbliche ma bensì private, come già ricordato in CF news a maggio. Le Casse non godono di alcun finanziamento pubblico sorreggendosi solo sui contributi e sugli investimenti, hanno una doppia tassazione che non ha eguali in Europa, e da ultimo ha subito pure un rilevante aumento fiscale sugli investimenti. Ora l’ennesimo prelievo forzoso e palesemente illegittimo.
Le Casse previdenziali sono private ed autonome dal 1994 (d.lgs. 509/1994, con cui hanno assunto personalità giuridica di diritto privato). Tuttavia il subdolo legislatore sta tentando da tempo di svuotare tale riconoscimento non intervenendo direttamente sulla fonte ma con norme surrettizie e con la compiacenza dell’Istat, solo al fine di mettere mano sull’ingente patrimonio delle Casse (50 miliardi al momento ma che crescerà di molto nei prossimi anni). Infatti già con l. 26 aprile 2012 n. 44, ex art. 5, comma 7 si leggeva che "Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010 (…) nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto”. La nostra Cassa (al pari delle altre Casse "private") viene dunque definita "amministrazione pubblica", seppur limitatamente alla materia della finanza pubblica, con un modus operandi sconcertante.


L’Istat è divenuto nel tempo lo strumento chirurgico (improprio giuridicamente, avendo attribuito a tale Ente potestà legislative!) col quale si tenta di “pubblicizzare” le Casse senza dichiararlo. Le Casse con un colpo magico di bacchetta sono definite “amministrazioni pubbliche” dall’Istituto Nazionale di Statistica che ci ha infilati in un mero elenco. In passato le Casse private avevano già impugnato un analogo Elenco ISTAT ed avevano avuto ragione (Tar Lazio-Roma n. 1938/2008) ma poi la sentenza venne sospesa dal Consiglio di Stato (n. 3695/2008) ravvisando i giudici un fumus e un’assenza di periculum per le Casse, con una tecnica del tutto discutibile. Poco fa il fenomeno si è ripetuto con l’Elenco ISTAT 2011 (G.U. 30 settembre 2011 n. 228), recante le Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato e individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n. 196, prontamente impugnato dall’AdEPP e dalle Casse singolarmente. Anche in tal caso il Tar Lazio ha dato ragione alle Casse, sconfessando la tesi dei resistenti Istat, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell’economia e delle finanze, sottolineando come le Casse non possano essere considerate soggette a “controllo pubblico” in quanto “non è configurabile una spesa che la finanza pubblica potrebbe in futuro essere costretta a sopportare per assicurare il pareggio di bilancio delle ricorrenti atteso che a questo fine esse sono già state fornite dal legislatore di strumenti propri per provvedere in via autonoma.” (Tar Lazio-Roma n. 224/2012). Senonché poi il Consiglio di Stato ha sospeso tale sentenza motivando genericamente e a fine ottobre sarà chiamata a decidere.
Le Casse sono autonome ancorché vigilate ma non assoggettate a “controllo pubblico”. Sono dunque private ed autonome. Certo non pubbliche.
Invero, il disegno complessivo è oramai palese: a) generale da un lato, finalizzato a gestire direttamente il patrimonio dei professionisti anche al fine di far quadrare i conti dello Stato; b) particolare, con l’intento di togliere autonomia all’avvocatura posto che la Cassa ne detiene il patrimonio, destrutturandone i principi fondamentali.


Sottratta la Cassa, l’avvocatura sarà più debole perché parte dell’anima (autonomia finanziaria) verrà meno.
Tale disegno è poi stato affinato con la c.d. ''manovra salva Italia'', varata con d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (in G.U. 27 dicembre 2011, n. 300) inserendo l’art. 24 (disposizioni in materia di trattamenti pensionistici), comma 24, inserito nel Capo IV (Riduzioni di spesa. Pensioni), in virtù del quale le Casse hanno dovuto “assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni (...)” che appunto ci ha imposto l’ultima riforma previdenziale.
In pratica alla nostra Cassa privata che non partecipa in alcun modo alla “spesa pubblica” (Corte Conti, sez. contr. Enti, 2.2.95 n. 58/94), ed anzi all’opposto sfama la voragine della spesa pubblica vuoi con l’abnorme prelievo fiscale vuoi direttamente con l’acquisto cospicuo dei Bot, viene pure ora sottratto il 5% (per quest’anno il CdA ha deliberato un versamento di € 370.000) e di poi il 10% di risparmio. Importi che, seppur correttamente connessi ad un ragionevole risparmio, corrispondono ai versamenti effettuati dai contribuenti della Cassa (162.000 circa) e che dunque logica vuole che rimangano alla Cassa per l’erogazione di prestazioni previdenziali o in assistenza.
Se si risparmia per dare a terzi, la nomea diviene beneficenza se spontanea o prelievo forzoso se coattivo.
La schizofrenia del legislatore è poi ancor di più accentuata ove si pensi che contestualmente, con la mano destra impone di essere sostenibili non più a 30 anni ma bensì a 50 anni (dunque di essere più virtuosi) e con la mano sinistra però ci preleva il 5% del risparmio. Un comportamento ambiguo ove si pensi che il mantra di tutto ciò sia la “tutela dei giovani e delle donne”. Se si vuole veramente essere coerenti con ciò che si dichiara occorre invece procedere all’opposto: alleggerire e di molto il prelievo fiscale, magari prescrivendo alle Casse di investire in welfare attivo per essi. Invece si sottraggono risorse economiche alle future generazioni. Che certo non ringraziano.


Giova ricordare come di fronte alla richiesta di versare alla Tesoreria dello Stato i risparmi derivanti dal taglio ai consumi intermedi (nel 2012 per un totale di circa 6 milioni di euro come riportato dal Sole 24 Ore.com), la maggior parte delle Casse abbia deciso di non rispettare la scadenza, alcune di non versare e quella dei Notai di accantonare l’importo (talché risulterebbero versati solo 2 milioni). Cassa Forense ha deciso di tenere una condotta di stretta legalità, versando ma con riserva di recuperare l’indebito versamento.
L’AdEPP (l'associazione che riunisce venti casse) ha correttamente anticipato di voler impugnare gli atti impositivi ed ogni altro provvedimento in materia. La valutazione di cotanta illegittimità sarà rimessa così al vaglio del giudice, fermo restando il fondamentale passaggio del Consiglio di Stato già a fine mese.
Dinanzi ad una “confisca” o ad una iniqua e illegittima tassa non si può che alzare gli scudi. Parte delle nostre pensioni non possono certo indebitamente finire allo Stato.

Avv. Marcello Adriano Mazzola - Delegato di Cassa Forense

 

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