Quale cognome?

di Giuseppe Antonio Madeo

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La questione portata all’attenzione dei Giudici Internazionali da parte dei coniugi italiani, al di là del significativo pregiudizio arrecato agli stessi pur in assenza di un valore economico della causa (posto che i ricorrenti hanno rinunciato a richieste risarcitorie per il danno subito e per le spese sostenute nei diversi giudizi), presentava aspetti di carattere generale che potevano riguardare tutti coloro che si trovino in situazioni analoghe. Le norme che i Giudici di Strasburgo hanno ritenuto essere state violate dal nostro Paese, stabiliscono da un lato (art. 8), il “diritto al rispetto della vita privata e familiare” e che in relazione all’esercizio di tale diritto non ci può essere alcuna ingerenza della pubblica autorità, salvo che tale ingerenza non sia prevista per legge e per ragioni di interesse, sicurezza, ordine, tutela e protezione di carattere pubblico nazionale, e dall’altro lato (art. 14) il divieto di ogni e qualsivoglia discriminazione, intesa come trattamento ingiustificato, sia oggettivamente che ragionevolmente, di persone che si trovano in un campo e in situazioni del tutto equiparabili.


La vicenda, portata all’attenzione e al vaglio dei giudici europei, è stata originata dal diniego opposto dalle autorità amministrative italiane ai coniugi Cusan-Fazzo di poter iscrivere nei registri dello stato civile la loro primogenita Maddalena (nata il 26.04.1999), con il cognome della madre (Cusan) in luogo di quello del padre (Fazzo) con il quale, invece, poi la stessa figlia era stata registrata (anche se questa successivamente e solo con decreto 14.12.2012 del Prefetto di Milano aveva potuto cambiare il cognome in “Fazzo Cusan”). Impugnato il suddetto diniego, con la richiesta di rettifica del cognome attribuito alla figlia, si è instaurata una controversia civile, durata complessivamente sei anni, in quanto della vicenda sono stati interessati sia i giudici territoriali di merito (Tribunale e Corte d’Appello) di Milano che quelli della Suprema Corte di Cassazione e finanche la Corte Costituzionale, cui gli ermellini di piazza Cavour di Roma avevano rimesso la questione, nel sospetto dell’illegittimità costituzionale di alcune norme del codice civile [143 bis (cognome della moglie), 236 (atto di nascita e possesso di stato), 237, co. 2 (fatti costitutivi del possesso di stato), 262 (cognome del figlio), 299, co. 3 (cognome dell’adottato)] e del D.P.R. 03.11.2000 n. 396 [art. 33 (disposizione sul cognome) e art. 34 (limiti all’attribuzione del nome)], con riferimento agli artt. 2 (riconoscimento e garantimento dei diritti inviolabili dell’uomo: in buona sostanza il primato dell’individuo sullo stato), 3 (uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini) e 29 (riconoscimento della famiglia e dell’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi) della nostra Carta fondativa. Giudizio di legittimità costituzionale che si era risolto con una Sentenza (n. 6 del 16.02.2006) di inammissibilità, in quanto con l’Ordinanza di rimessione 17.07.2004 la Corte di Cassazione aveva richiesto una decisione “manipolativa o additiva” che, oltre ad esorbitare dai poteri attribuiti dalla legge alla Consulta, avrebbe comportato, con la caducazione delle norme denunciate, un vuoto normativo e aperto il campo a tutta una serie di alternative (“scelta del cognome” rimessa alla sola volontà concorde dei coniugi; criteri cui l’ufficiale di stato civile si dovrebbe attenere in caso di disaccordo dei coniugi; scelta dei coniugi valida per sempre e per tutti i figli oppure se la medesima è da esprimere di volta in volta alla nascita di ciascun figlio).


Ovviamente, a fronte della dichiarazione di inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, la Corte di Cassazione, con Sentenza del 29 maggio-16 luglio 2006, respingeva il ricorso dei coniugi Cusan-Fazzo, sottolineando, però, che quanto denunciato dagli stessi “era retaggio di una concezione patriarcale della famiglia non in sintonia con le fonti sopranazionali, ma che spettava al legislatore ridisegnarle in senso costituzionalmente adeguato”. Ma tornando alla decisione dei Giudici Europei, con la quale – finalmente - alla fine di questa lunghissima battaglia giudiziaria i coniugi Cusan Alessandra e Fazzo Luigi hanno ottenuto il riconoscimento del loro diritto ad attribuire ai propri figli il cognome della madre, non possiamo che auspicare vieppiù che il nostro legislatore approvi al più presto il disegno di legge, approvato il 10.01.2014 in Consiglio dei Ministri, oppure altro disegno di legge da presentare o presentato già in passato, che risolva in modo definitivo e certo tale situazione ed elimini le conseguenze delle violazioni accertate dai Giudici di Strasburgo.
Una amara considerazione conclusiva di tutta questa vicenda è che ancora una volta, come peraltro affermato già da molti altri illustri commentatori, sono i Giudici a dettare l’agenda del nostro legislatore.

                                       Avv. Giuseppe Antonio Madeo

Componente del Comitato di Redazione di CF NEWS

 


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