"Pubblicizzazione" della Cassa e autonomia dell'avvocatura

di Marcello Adriano Mazzola

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Infatti dal 29 aprile è entrata in vigore la l. 26 aprile 2012 n. 44 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento (G.U. n. 99 del 28 aprile 2012 - supplemento ordinario), in virtù del cui art. 5, comma 7 si legge che "Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010 (…) nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto”.(1)
Da poco la Cassa (al pari delle altre Casse "private") viene dunque definita "amministrazione pubblica", seppur limitatamente alla materia della finanza pubblica, con un modus operandi sconcertante e con una tecnica legislativa infida e di dubbia legittimità. Tutto ciò si inserisce in un disegno complessivo che oramai è palese: togliere autonomia all’avvocatura (la Cassa ne detiene il patrimonio), destrutturarne i principi fondamentali, asservirla a poteri economici che vogliono direttamente gestirla. Come non leggere l’escalation che ha interessato soprattutto l’avvocatura nell’ultimo periodo? Dalla mediazione (deflativa invece di riformare la giustizia), all’ingresso del socio di capitale, all’abrogazione delle tariffe, all’attacco frontale alle Casse.


Per di più destrutturare l’avvocatura significa allentare la tutela dei diritti, con un evidente intento malevolo, indirizzandoci verso una democrazia retta dai forti in danno dei soggetti deboli. E tra i soggetti deboli oggi s’infila per intero la classe media, devastata da scelte di governo poco eque, poco rigorose, poco votate verso la crescita.
Ma torniamo alle Casse e a Cassa Forense in particolare. Occorre intanto ricordare come già nella c.d. ''manovra salva Italia'', varata con d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (coordinato con la Legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214) recante ''Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici'' (in G.U. 27 dicembre 2011, n. 300) è stato inserito del tutto inopinatamente l’art. 24 (disposizioni in materia di trattamenti pensionistici), comma 24, inserito nel Capo IV (Riduzioni di spesa. Pensioni), in virtù del quale “In considerazione dell'esigenza di assicurare l'equilibrio finanziario (…) gli enti e le forme gestorie di cui ai predetti decreti adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 giugno 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni (...)”. Termine poi spostato al 30 settembre 2012. In breve dal cilindro del prestigiatore si è passati da 15 anni di sostenibilità (1994) a 30 anni (2007) a 50 anni (2011). Come ha già ben scritto il Presidente Bagnoli “non se ne capisce il senso logico prima che scientifico e giuridico” (La Prev. Forense, n. 3/11-1/12, pag. 3).
Ma la nostra Cassa e tutte le altre Casse private non partecipano alla “spesa pubblica” così come si vuole ingannevolmente far credere. Ed anzi sfamiamo la voragine della spesa pubblica, frutto di corruzione e scelte sbagliate e di una politica onnivora. Sfamiamo quella altrui di spesa pubblica, con un enorme carico fiscale che potrebbe ben essere alleggerito. E questo sì che sarebbe in favore dei giovani e delle future generazioni, sua eccellenza Ministro Fornero.


Ora le Casse con un colpo di bacchetta sono definite “amministrazioni pubbliche”, seppur limitatamente, perché l’Istat (dicasi l’Istituto Nazionale di Statistica) ci ha infilati in un elenco del tutto inopinatamente. A nostra insaputa, diremmo. La storia nasce da lontano ed è bene che la si spieghi a tutti. Perché è complessa e perché disvela un intento politico, ancora prima della disquisizione giuridica.
In passato le Casse private avevano già impugnato un analogo Elenco ISTAT ed avevano avuto ragione (Tar Lazio-Roma n. 1938/2008) ma poi la sentenza venne sospesa dal Consiglio di Stato (n. 3695/2008) ravvisando i giudici di Palazzo Spada un fumus e un’assenza di periculum per le Casse, con una tecnica del tutto discutibile.
Poco fa il fenomeno si è ripetuto con l’Elenco ISTAT 2011 (G.U. 30 settembre 2011 n. 228), recante l’indicazione delle Amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato e individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. 31 dicembre 2009 n. 196, prontamente impugnato dall’AdEPP e dalle Casse singolarmente. Anche in tal caso viene impugnato ed il Tar Lazio dà ragione alle Casse, sconfessando la tesi dei resistenti Istituto Nazionale di Statistica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ministero dell’economia e delle finanze, sottolineando come seppur ritenendo che la qualità di soggetti di diritto privato delle Casse non sia elemento sufficiente ad escludere l’applicabilità ad esse del regime previsto, in particolare osserva però come le Casse non possano essere considerate soggette a “controllo pubblico” con ricche e condivisibili argomentazioni, in quanto “non è configurabile una spesa che la finanza pubblica potrebbe in futuro essere costretta a sopportare per assicurare il pareggio di bilancio delle ricorrenti atteso che a questo fine esse sono già state fornite dal legislatore di strumenti propri per provvedere in via autonoma.” (Tar Lazio-Roma n. 224/2012).(2)
Senonché poi il Consiglio di Stato ha sospeso tale lineare ed indiscutibile sentenza motivando in modo generico.(3)


Quale sia detto fumus non è dato comprendere con precisione, né tanto meno il periculum per l’Istat, addirittura maggiore rispetto a quello delle Casse, le quali si vedrebbero così erosa l’autonomia, posto che si certificherebbe il “controllo pubblico” sulle Casse, invero non ravvisato nella specie dal Tar Lazio e appunto ben distinto dalla “vigilanza” sulle Casse, questa indiscussa.
Pare, sia consentito scriverlo apertamente, una bella decisione “politica” incartata con richiami astratti (fumus e periculum generici).
Giova ricordare come le Casse abbiano una preziosa autonomia privata (complementare, se vogliamo, proprio all’autonomia professionale e dunque inscindibile da tale autonomia) pur se frammista alla natura pubblica dell’attività previdenziale esercitata (Corte cost. n. 248/97).
Le Casse non hanno alcun finanziamento pubblico e non si riflettono in alcun modo sul bilancio finanziario dello Stato (Corte Conti, sez. contr. Enti, 2.2.95 n. 58/94). Sostenere il contrario è ingannevole e frutto di malafede.
Le Casse, come è stato giustamente sottolineato, non soddisfano dunque in alcun modo interessi generali, dell’intera collettività, ma solo “categoriali”.
Ora invece le si vuole asservire agli interessi generali, poiché è evidente come l’intento del governo-legislatore sia di irrigidire le Casse private, ora definite “amministrazioni pubbliche”, al fine di metterle in grande difficoltà sulla sostenibilità, così giustificando subito dopo un assorbimento delle stesse nel mega INPS, con l’intento di monetizzare a breve un patrimonio di 42 miliardi di euro. Le Casse diventerebbero così il “porcellino” per garantire la sostenibilità “comunitaria” del nostro Paese. Una decisione inaccettabile e autoritaria.
L’avvocatura - al pari delle altre Casse – diverrebbe uno strumento utile apparentemente per il bene comune (certificheremmo il pareggio di bilancio rimpinguando le casse statali disastrate), in realtà strumentali a ben altri disegni, prettamente economici. Un agnello sacrificale. Ma l’avvocatura presidia i diritti dei cittadini, di tutti.
Un disegno inaccettabile, nei metodi (senza alcuna, non dico concertazione ma perlomeno discussione aperta) e nei contenuti, peraltro mascherato da nobili intenti verso i giovani (che pagheranno invece un alto costo, così come stanno pagando in generale), verso la riduzione della spesa pubblica (ma che centriamo noi?), verso la sostenibilità del sistema pensionistico (questo l’unico argomento spendibile che in parte è già però stato affrontato con la recente riforma della previdenza forense e che deve certo essere migliorata, bilanciando i sacrifici dei più giovani con le pingue e sproporzionate pensioni erogate ed erogande).

Marcello Adriano Mazzola - Delegato di Cassa Forense

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