Negoziazione assistita

di Alessandro Di Battista

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Il procedimento di negoziazione assistita può essere facoltativo o obbligatorio. Nel primo caso il ricorso al procedimento in questione viene liberamente scelto dalle parti. Rientra nella negoziazione assistita facoltativa anche quella in tema di famiglia. La negoziazione assistita è obbligatoria ex lege, invece, nei casi in cui essa è imposta, appunto, dalla legge, e, cioè, dall’art. 3, comma 1, della legge 162/2014, che prevede la negoziazione assistita obbligatoria (e, quindi, il previo esperimento del tentativo di conciliazione tra le stesse parti assistite da avvocati quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale) ogni qual volta si voglia far valere in giudizio una pretesa afferente ad una certa (e legislativamente individuata) materia. La formula impiegata è quella per cui “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti” e “chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro” devono, tramite il loro avvocato, “invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita”. Analogamente a quanto fa l’art. 5, comma 1 bis, del d.lgs. 28/10 con riferimento alla mediazione obbligatoria, anche l’art. 3 della legge 162/14 prevede con riferimento ai sinistri stradali una condizione di procedibilità in caso di esperimento giudiziale di "un'azione relativa a una controversia in materia di...". Se viene stipulata la convenzione di negoziazione assistita i possibili esiti sono: 1) il mancato accordo (e la dichiarazione di mancato accordo è certificata dagli avvocati ex art. 4 comma 3 legge 162/14); 2) il raggiungimento di un accordo.


Secondo l’art. 5 della legge 162/14 l’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Nell’accordo gli avvocati certificano l'autografia delle firme e la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. I difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell'Ordine circondariale del luogo ove l'accordo è stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'Ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati (art. 11, c. 1, legge 162/14). Sempre secondo l’art. 5 della legge 162/14 se con l'accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Costituisce poi illecito deontologico per l'avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato.
La convenzione deve contenere, a norma dell'art. 2 del d.l. n. 132/2014, sia il termine concordato dalle parti per l'espletamento della procedura, che non può essere inferiore ad un mese e superiore a tre (salvo proroga di trenta giorni su richiesta concorde delle parti), sia l'oggetto della controversia, che non può riguardare né i diritti indisponibili, né materie di lavoro. Il rifiuto o la mancata risposta entro trenta giorni all'invito a stipulare la convenzione costituirà motivo di valutazione da parte del giudice ai fini dell'addebito delle spese di giudizio, della condanna al risarcimento per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. e di esecuzione provvisoria ex art. 642 c.p.c.
Vi sono alcune novità sul versante fiscale: con la Circolare del 29 luglio 2015 il Ministero della Giustizia ha chiarito che i procedimenti sono esenti dal pagamento del contributo unificato, delle imposte di bollo e dei diritti di copie. Inoltre, sono previsti incentivi fiscali per la negoziazione assistita: chi ha corrisposto un compenso all’avvocato che lo ha assistito nel procedimento di negoziazione assistita concluso con successo o chi ha utilizzato l’arbitrato raggiungendo un lodo finale potrà infatti avanzare richiesta di attribuzione di credito di imposta da conteggiare nella dichiarazione dei redditi, anche in forma di compensazione.


Lo prevede il decreto interministeriale firmato dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando, in attuazione della legge n. 132/2015 recante Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria. Il decreto stabilisce le modalità e la documentazione da esibire a corredo della richiesta di credito di imposta, nonché i controlli da effettuare sulla sua autenticità. In particolare, il credito sarà riconosciuto in proporzione al compenso corrisposto fino a 250 euro nei limiti di uno stanziamento di risorse fissato in 5 milioni di euro. L’obiettivo del decreto è quello di favorire il ricorso a riti alternativi di recente istituzione, come appunto la negoziazione assistita e l’arbitrato, in grado di assicurare un servizio giustizia più efficiente e rapido.
I vantaggi della negoziazione assistita sono evidenti per coloro i quali riescono ad ottenere in tempi brevi (solo alcuni mesi) ed a costi contenuti (esenzione dal pagamento del contributo unificato, delle imposte di bollo e dei diritti di copie) un titolo esecutivo da utilizzare immediatamente per l'inizio di una azione esecutiva o per una iscrizione ipotecaria. Tuttavia, difficilmente si avrà la auspicata diffusione di tale istituto, a causa della necessità del consenso di tutte le parti, delle contenute “sanzioni” per il rifiuto o la mancata risposta, e della mancanza di conseguenze in caso di esito negativo della negoziazione. Infatti, è noto che nella quasi totalità delle controversie solo una parte ha necessità di arrivare alla conclusione del giudizio in tempi celeri, in quanto spera di ottenere un provvedimento favorevole, mentre l'altra, temendo di avere torto, cerca di ritardare il più possibile il momento in cui, probabilmente, sarà costretta a riconoscere il diritto altrui, che molto spesso comporta il pagamento di somme di denaro anche rilevanti. In tale contesto, è evidente che la parte che “ha fretta”, ipotizzando come certo un atteggiamento “passivo” e/o di totale indisponibilità alla conciliazione del suo avversario, consideri il procedimento di negoziazione assistita come una inutile ed ulteriore perdita di tempo, con la conseguenza che neppure ne tenti il ricorso. Potrebbe essere, pertanto, maggiormente efficace prevedere conseguenze negative “più incisive” per chi sia rimasto “passivo” o non abbia accettato un accordo poi ritenuto dal giudice “giusto”, per modo che anche la parte che non abbia alcun interesse ad una definizione della controversia in tempi brevi, possa comunque ritenere conveniente arrivare alla conciliazione, considerandola “il male minore”, in quanto, al contrario, è consapevole che dovrà sopportare oneri molto più “gravosi”, sia pure in un futuro più lontano.

Avv. Alessandro Di Battista - Delegato di Cassa Forense

 

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