L'esercizio continuativo della professione

di Massimo Carpino

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In altre parole, l’iscrizione alla Cassa è obbligatoria per chi esercita la professione con carattere di continuità ed è efficace solo per gli anni in cui la professione è stata esercitata con tale carattere.
La giustificazione dell’esistenza del requisito della continuità professionale ed il suo significato vanno ricercate nell’art. 38 della Costituzione, che riconosce a tutti i lavoratori il diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita nel caso in cui si verifichino determinati eventi (infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria) che generano situazioni di bisogno.
“E la normativa previdenziale ha come destinatari pur sempre i liberi professionisti, ma non semplicemente in quanto iscritti in albi o elenchi, ma più significativamente in quanto lavoratori.
Il carattere della continuità dell’esercizio professionale va dunque ricollegato al requisito fondamentale che l’avvocato iscritto alla Cassa deve, prima di tutto, essere un lavoratore e cioè persona che esercita l’attività professionale per provvedere alle sue esigenze economiche ed a quelle della sua famiglia”.
Fa eccezione alla regola la facoltà di iscrizione alla Cassa riconosciuta ai praticanti avvocati abilitati ai quali non è chiesta la prova dell’esercizio continuativo della professione e per i quali la facoltà di iscrizione deve intendersi un beneficio.
Certo, il principio della continuità professionale in materia previdenziale stride con la diversa regola del nostro ordinamento professionale per il quale possono (essere e) restare iscritti agli albi forensi gli avvocati che esercitano anche marginalmente l’attività forense o che non la esercitano affatto, con il solo limite delle incompatibilità previste dall’art. 3 della legge professionale.


Sussiste l’effettivo esercizio della professione quando il reddito dichiarato ai fini IRPEF oppure il volume d’affari dichiarato ai fini IVA sono d’importo uguale o superiore ai livelli appositamente stabiliti con delibera dai competenti organi dell’Ente.
Ricordo che tali limiti vengono ogni anno indicati nelle istruzioni per la compilazione del Mod. 5, ma vengono anche pubblicati nell’apposita sezione del sito della Cassa nonché nelle riviste edite dalla Cassa.
Per l’anno 2011 il limite di reddito dichiarato ai fini IRPEF è pari ad €. 10.100,00 mentre il volume d’affari dichiarato ai fini IVA è pari ad €. 15.100,00.
Al momento del pensionamento la Cassa verifica l’esistenza del requisito della continuità professionale sulla base dei redditi dichiarati dal professionista e/o dagli uffici fiscali.
Per i periodi antecedenti il 1985 è possibile fornire la prova dell’esercizio continuativo della professione, in via sostitutiva od integrativa a quella reddituale, mediante la certificazione di un certo numero annuo di nuovi procedimenti iscritti a ruolo.
Gli anni non validi ai fini pensionistici, ossia gli anni per i quali non risulta dimostrato l’esercizio continuativo della professione, vengono dichiarati inefficaci dalla Giunta Esecutiva ed il relativo contributo (soggettivo, cioè solo quello correlato all’IRPEF) può essere rimborsato a richiesta dell’iscritto (art. 22 L. 576/80 u.c.).
Ogni iscritto dovrebbe verificare annualmente la sussistenza del requisito. Dovrebbe, ma non lo fa. Allora vi provvede periodicamente Cassa Forense fornendo ai propri iscritti un quadro della loro situazione previdenziale.


La rigidità del requisito della continuità professionale è però attenuata da alcuni correttivi:
1) Riduzione del parametro reddituale. Vale per i primi otto anni di iscrizione all’Albo, sempreché coincidano con l’iscrizione alla Cassa. Precisamente per il primo anno di iscrizione Albo-Cassa l’anno si considera valido anche se il reddito è stato pari a zero. Per il secondo e terzo anno di iscrizione Albo-Cassa è sufficiente un reddito professionale IRPEF o volume d’affari IVA di qualsiasi importo. Dal quarto all’ottavo anno di iscrizione Albo-Cassa i limiti di reddito professionale stabiliti sono ridotti alla metà. Ciò perché si presume che i giovani professionisti hanno minori possibilità di reddito ed i primissimi anni dell’esercizio professionale sono quelli in cui il giovane professionista di solito non riesce a conseguire un reddito apprezzabile.
La riduzione del parametro reddituale (alla metà) vale anche per i professionisti “anziani” ossia i professionisti che abbiano compiuto il 60° anno di età. Per questi ultimi, a differenza di quanto chiarito per i giovani, si tratta certamente di una norma di favore perché statisticamente risulta che i redditi del professionista non subiscono una flessione tra i sessanta ed i settantacinque anni.
2) Media triennale dei redditi. E’ ammessa la media tra redditi o volumi d’affari prodotti ai fini IVA, relativi a tre anni consecutivi.
3) Praticanti abilitati. Per i praticanti con abilitazione al patrocinio iscritti alla Cassa non è richiesta la prova della continuità dell’esercizio professionale.
4) Maternità. La madre è esonerata dalla prova dell’esercizio continuativo per due anni, computando, se richiesto, anche l’anno antecedente alla nascita del figlio. L’esonero suddetto spetta altresì per l’ingresso del bambino adottato o affidato in preadozione, a condizione che non abbia superato i sei anni di età, con decorrenza dall’anno dell’ingresso del minore nella famiglia.


5) Malattia o altro grave impedimento. Nei casi di comprovata malattia o di altro grave impedimento, la Giunta Esecutiva, con giudizio discrezionale, può valutare la continuità e prevalenza dell’esercizio professionale, tenuto presente ogni elemento fornito dall’interessato e/o acquisito il parere del Consiglio dell’Ordine di appartenenza. In tale valutazione, particolare rilievo assumeranno i redditi e volumi d’affari degli anni anteriori e posteriori a quelli della malattia o dell’impedimento. Una definizione di “grave impedimento” non è stata coniata, pertanto la questione è sempre stata risolta con criteri discrezionali da parte della Giunta.
Per concludere questi brevi appunti, il consiglio che mi sento di dare è quello di tenere sempre sotto stretto controllo il proprio andamento reddituale in relazione ai vari anni e soprattutto che si tenga sempre bene a mente cosa è e a cosa serve il criterio della continuità professionale.

Massimo Carpino - Delegato di Cassa Forense

 

 

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