Leggiamo i numeri dell'avvocatura

di Avv. Roberto Di Francesco - Giovanni Cerri

Stampa la pagina

Come in una grande cabala ci ritroviamo sempre più spesso a confrontarci con i numeri che, del resto, non possiamo ignorare con un patrimonio in esponenziale crescita dovendoci sempre più penetrantemente occupare di conti, bilanci (preventivo e consuntivo), bilancio tecnico ma, soprattutto, dovendoci misurare con la sostenibilità finanziaria del nostro ente di previdenza.
Li vogliamo anticipare agli iscritti non senza alcune decodifiche, necessarie ormai nel panorama variegato del foro.
Del resto non è mai semplice dare un lettura compiuta e riassuntiva dei dati statistici e lo è ancor di più con quelli dell’avvocatura.
Ciò che salta agli occhi, ma non è certo una novità, è la sempre maggiore numerosità degli avvocati italiani.
Tanti di essi, con scelta miope prima non iscritti alla Cassa, oggi lo sono necessariamente avendo così stabilito il nuovo ordinamento della professione forense prevedendo, per tutti gli iscritti agli albi, l’obbligo di iscrizione alla Cassa. Obbligo disciplinato con l’apposito regolamento approvato con Delibera del Comitato dei Delegati del 31 gennaio 2014 (e nota ministeriale del 7 agosto 2014 - G.U. Serie n. 192 del 20/08/2014).
Dunque il problema della numerosità ha connotati di rilevanza tali da minare la solidarietà intergenerazionale che, sappiamo, permea l'azione di Cassa Forense.
Sotto le soglie reddituali di € 10.300,00 gli avvocati potevano iscriversi a Cassa Forense volontariamente.


Come anticipato, piaccia o meno, la politica ha imposto agli avvocati esercenti l’obbligo di iscrizione a Cassa Forense anche per sottrarre la categoria al più gravoso onere derivante dall’iscrizione alla gestione separata dell’INPS con un prelievo del 27% ma con ben più modesto sinallagma – contribuzione/prestazioni previdenziali e assistenziali.
È nota a tutti l’operazione “cittadinanza previdenziale”, delegata dal legislatore a Cassa Forense in forza dell’art. 21 della L.N. 247/2012 che, a nostro avviso, ha dato piena attuazione al dettato dell’art. 38 della Costituzione con l’obbligatorietà della previdenza di primo pilastro.
All’alba del 21 agosto 2014, con entrata in vigore del regolamento approvato da CF dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, caduta la dicotomia tra iscritti albi e iscritti Cassa, si registravano 223.842 avvocati, di cui 12.483 pensionati attivi, con l’iscrizione d’ufficio di 44.145 iscritti solo agli albi.
In termini assoluti al settembre 2015 gli iscritti a Cassa Forense risultavano 235.055 (la statistica riporta ancora il numero di 237.132 iscritti agli albi, con ciò intendendosi che le operazioni di iscrizione a CF sono ancora in corso per circa 2.000 avvocati. Dobbiamo immaginare per la difficoltà di reperirli, per qualche gap nei flussi ordini-cassa o per altre ragioni ancora).
E se dal 1985 gli iscritti agli albi ma non alla Cassa sono passati da 48.363 a 237.132, con una evidente crescita esponenziale impressionante, nel 1985 gli iscritti Cassa erano solo 37.045 mentre, a regime, il numero degli iscritti Cassa sarà pari a quello degli iscritti albi.
Altro dato che si ricava è la percentuale di avvocati sulla popolazione italiana di 60.679.836 pari 3,9 unità per 1.000 abitanti. Per fini comparativi e per comprendere il tasso di crescita della popolazione forense negli anni giova dar conto che nel 2005 il rapporto era pari a 0,9; nel 1995 pari ad 1,7 e nel 2005 pari a 2,9.
Senza essere blasfemi vengono alla mente le parole dell’Altissimo rivolte ad Abramo, pronto a sacrificare il figlio Isacco.


Questi dati, in assoluto ed in percentuale, meritano una rettifica attingendo dalle risultanze oggettive del mancato invio del modello5 a Cassa Forense. Quelli riferiti alla scadenza dell’anno 2013 sono stati 15.389 unità; dell’anno 2014 sono stati 16.334 e infine dell’anno 2015 sono stati 14.298.
Ne deriva che circa 14.000 avvocati, iscritti agli albi nel 2014, sono stati inadempienti all'obbligo di comunicare alla Cassa nel 2015 i propri redditi e volumi d'affari.
Per differenza quindi con il numero degli iscritti, si può attendibilmente sostenere che questa è la cifra esatta degli avvocati esercenti.
Il dato, piuttosto in crescita negli anni, a prescindere dalla fedeltà di appartenenza al ceto forense crediamo dia il polso esatto della numerosità effettiva degli avvocati.
In poche altre parole si tratta, per la gran parte, di soggetti che per negligenza o per trascuratezza hanno omesso di richiedere la cancellazione dall’albo avendo scelto altre strade occupazionali, certi o quasi che sanzioni interdittive o pecuniarie non li riguardino.
Molti di costoro, però, vorrebbero effettivamente cancellarsi dall’albo ma trovano la strada impedita dalla pendenza di qualche, magari bagatellare, procedimento disciplinare che non viene ancora celebrato perché i Consigli distrettuali di disciplina faticano a decollare, presi come sono da problemi di funzionamento della macchina burocratica ed ancora in pieno rodaggio operativo (il COA di Bologna, si è determinato alla cancellazione di iscritti, morosi nel pagamento della quota annuale con la comminatoria, però, delle azioni di recupero. Del resto perché tenere in catene qualcuno che vuole fuggire).
Auguriamoci che gli ordini, i CDD sappiano quanto prima affrontare questa emergenza per restituire albi che annoverino solo gli iscritti consapevoli dell’alta funzione della professione forense.


Altro importante focus di osservazione risiede nella differenza di genere.
Come oramai tutti sanno, se l’avvocatura ha visto crescere esponenzialmente il numero dei professionisti, ancor più vistoso e significativo è il dato della crescente femminilizzazione dell’avvocatura: nel 1985 le donne iscritte agli albi erano il 9,2 del totale degli iscritti, mentre oggi sono quasi la metà degli iscritti, avendo raggiunto il 47,2 %.
Addirittura in alcune regioni (Piemonte, Emilia Romagna, Toscana e Umbria) le donne hanno superato gli iscritti uomini.
Un cambiamento che è certo frutto anche della rivoluzione socio-culturale, ma un cambiamento che nella nostra professione si è forse sentito maggiormente. E ciò anche se gli uomini, rispetto alle donne, restano più a lungo iscritti agli albi e alla Cassa, segno di un diverso percorso professionale dei due generi.
Con sguardo interessato alle giovani generazioni registriamo che al 31.12.2015 gli iscritti infra trentanovenni avevano raggiunto il numero di oltre 74.500 unità di cui quasi 43.800 donne.
È sì vero che potranno contare su una vita tendenzialmente più longeva ma è altrettanto vero che matureranno i requisiti pensionistici 5 anni dopo con un calcolo meno generoso rispetto al passato.
Allora, atteso il sistema a ripartizione che governa Cassa Forense, dove il montante dei contributi versati alimenta i trattamenti, occorrerà sempre ricordare che la vita delle nuove generazioni dipende in grande misura dal destino che viene loro assegnato, non da chi ha completato il proprio ciclo di vita prima della loro apparizione, ma da chi oggi sta decidendo per loro.
Aspetto certo preoccupante, è poi quello del reddito dell’avvocatura italiana.
La crisi economica, dalla quale ancora oggi pare non siamo definitivamente usciti, in una con la numerosità degli avvocati di cui, che dallo 0,9 % dell’anno 1985 è passato al 3,9 % per ogni mille abitanti, hanno fortemente ridotto sia il volume di affari IVA (passato da € 85.804,00 del 1996 a € 57.571,00 di oggi), che il reddito medio IRPEF (passato da € 54.298,00 del 1996 a € 37.505,00 di oggi).


Con le differenze che emergono chiare dai numeri: nella media il reddito degli avvocati italiani è più alto al centro-nord che al sud, e gli over quarantacinquenni risultano esser i più “ricchi”.
Ultimo dato significativo è costituito dalle pensioni erogate.
Ad oggi, su un totale di 27.335 di pensioni erogate, solo 13.682 sono le pensioni di vecchiaia, mentre le restanti sono ripartite tra pensioni di anzianità (1.179), di invalidità-inabilità (1.002), contributive (1.471), indirette (2.908) e di reversibilità (7.093).
L’importo annuo medio della pensione di vecchiaia è di €. 37.849, l’importo della pensione di anzianità è di €. 35.610, della pensione di invalidità-inabilità è di €. 11.963, contributiva è di €. 5.387, indiretta è di €. 14.998 e, infine, di reversibilità è di €. 17.278.
In questi giorni vi è un gran fermento sulla spesa previdenziale, spesso con idee in libertà, ergasterio che non vogliamo alimentare. In chiave propositiva, per concludere, si deve dar conto che nel 2017 il PIL italiano tornerà a crescere in misura significativa: di recente un quotidiano finanziario ne anticipava gli effetti col registrare, per esempio, l’aumento della quantità di rifiuti prodotti, pensate un poco a quale indice rivelatore si attinge.
Con l'ottimismo della volontà guardiamo innanzi, però non dimentichiamo che la gran parte di noi, passata la crisi, troverà sulla pelle incise cicatrici che, pur spacciate per tatuaggi, ci ricorderanno i segni della sofferenza, dell'ansia crescente; ci ricorderanno quanti di noi non sono riusciti a raggiungere dignitosamente l'approdo, quanti di noi sono stati bloccati in mare aperto per la stagnante bonaccia (quasi un mar dei Sargassi), quanti di noi inseguendo qualche chimera sono rimasti fermi appena fuori dal porto, ma soprattutto quanti di noi sono rimasti all'ancora perché mancava la cambusa o l'equipaggio ovvero gli alisei o altro ancora.
Piedi per terra allora, maggiore responsabilità ma la certezza che l’impegno consapevole per il ceto forense, lontano dai clamori, dalle spesso vuote battaglie di retroguardia, dalle sterili contrapposizioni, porterà a coniugare sogni e pragmatismo con la speranza che la funzione, il prestigio e anche i redditi tornino a risplendere, senza dimenticare che quando si vuole coltivare l’umiltà meglio fermarsi a rimirare il firmamento.

Avv.ti Roberto Di Francesco e Giovanni Cerri - Delegati di Cassa Forense

Altri in PREVIDENZA