L'appello si informatizza

di Avv. Roberto Di Francesco

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L’art. 44 del Decreto Legge n. 90 del 24.06.2014 convertito in Legge 11.08.2014 n. 114, nel modificare il comma 9 ter dell’art. 16-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, prevede, infatti che a decorrere dal 30 giugno 2015 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi alla corte di appello, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.
Tale previsione, pur scontrandosi (e non poteva essere altrimenti) con la carente dotazione informatica degli uffici giudiziari nonché con il lento approntamento dei mezzi e conoscenze necessari a raggiungere la piena funzionalità, segna senza dubbio un passo avanti verso l’uniformità dei procedimenti telematici e di approccio alla gestione dei processi.
Dal 30 giugno 2015, dunque, dovremo abituarci al deposito telematico degli atti anche in Corte di Appello anche se, per la verità, la medesima norma sopra richiamata, con intenti anticipatori, già autorizzava quegli Uffici più virtuosi, al deposito telematico degli atti disponendo che con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i consigli dell'ordine degli avvocati interessati, il Ministro della giustizia, previa verifica, accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, può individuare le corti di appello nelle quali viene anticipato, nei procedimenti civili iniziati prima del 30 giugno 2015 ed anche limitatamente a specifiche categorie di procedimenti, il termine fissato dalla legge per l'obbligatorietà del deposito telematico.


Cosa cambierà ? Sicuramente le nostre abitudini.
Finalmente, come già per il Tribunale, il deposito non ci costringerà a recarci in cancelleria, cercare il fascicolo, chiedere il deposito dell’atto al cancelliere, ecc.
Sarà sufficiente collegarsi e trasmettere l’atto formato, unitamente agli allegati, alla cancelleria competente attraverso gli oramai noti sistemi.
Con un semplice redattore, reperibile anche gratuitamente sul web, dopo aver formato lo scritto in word e poi in PDF, gli avvocati riusciranno a depositare gli atti giudiziari e monitorare l’iter dei procedimenti dal proprio computer, rimanendo dal proprio studio senza più dover accedere fisicamente nelle Cancellerie dei Tribunali, eliminando (finalmente) code, ritardi, fastidi, ricerca dei fascicoli tra gli scaffali, ecc.
Come già per il tribunale, dove il periodo di utilizzo obbligatorio del PCT già trascorso ha consentito al personale di cancelleria di dedicarsi alle attività più qualificate di assistenza alla giurisdizione e non esclusivamente alla gestione dei fascicoli, anche in Corte d’Appello il flusso dei dati processuali, facilitato dal mezzo telematico, consentirà migliori utilizzazioni delle energie che tutti gli operatori, avvocati, giudici, personale amministrativo, ognuno per quanto di competenza, dedicano costantemente alla gestione dei processi.
È innegabile come lo strumento informatico permetta, anche ai meno esperti, di effettuare in pochi secondi ricerche anche complesse, estrazioni di dati, controlli, che sul sistema cartaceo sarebbero impensabili e richiederebbero molto più tempo.
Ben venga, dunque, il passaggio al PCT anche per la Corte d’Appello ma certo non possiamo dire che non manchino i problemi, soprattutto interpretativi e applicativi.


Assistiamo, infatti, all’affastellarsi di episodi che, alle volte, sembrano remare contro il Processo Civile Telematico, come accade quando con provvedimenti e/o decisioni varie, rendono difficile procedere con sicurezza, laddove alle volte il rischio è quello di vedere caducata l’efficacia di un atto trasmesso telematicamente solo per difficoltà di interpretazione della norma applicabile alle varie fattispecie: a cosa servono, invero, le problematiche distinzioni che alle volte si trovano nelle norme, tra atto nativo, atto scansionato, copia conforme, duplicato informatico, e via dicendo, che invece di facilitare l’applicazione del PCT, lo rendono incomprensibile ai non addetti.
L’auspicio è che si giunga a normative, anche tecniche, che rendano meno difficile, più comprensibile e sicura, l’applicabilità delle singole disposizione in materia.

Avv. Roberto Di Francesco - Delegato di Cassa Forense

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