La politica della Cassa
22/03/2012
Stampa la paginaL’avvocatura è già ampiamente “liberalizzata”, poiché il libero accesso (poco rigoroso e poco organizzato a partire dall’università) ha già prodotto negli ultimi decenni un aumento esponenziale del numero degli avvocati, quadruplicatosi. L’Italia non ha eguali in Europa quanto ad accesso e numeri per la professione forense.
Quanto all’incremento del Pil viene da sorridere. Sarebbe interessante leggere su quali dati scientifici si basi il teorema secondo cui la demolizione dei principi fondanti l’avvocatura (indipendenza, autonomia, competenza) possa comportare un incremento del Pil. Soprattutto ove si pensi che già la nostra professione partecipi, insieme alle libere professioni, ad una fetta rilevante del Pil di questo Paese.
L’intento poi di deflazionare il contenzioso sconta un peccato originale: la manifesta mancanza di volontà e di incapacità di porre mano ad una riforma della Giustizia. Ciò determinerebbe, questa sì, un notevole incremento del Pil. Infatti in breve avremmo: a) più fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini, innescando un circolo virtuoso; b) l’affidabilità dell’Italia in favore degli investitori esteri; c) la razionalizzazione e la riduzione della spesa pubblica (quanto ai milioni di indennizzo ex lege Pinto che lo Stato corrisponde ogni anno; quanto alla migliore efficienza degli uffici giudiziari). Come e quanto cambierebbe la vita di tutti noi sapere che un contenzioso può durare 2 anni al massimo per ogni grado di giudizio, o che un processo esecutivo si conclude in 6 mesi, oppure che la responsabilità dei magistrati non produca solo nn. 6 sentenze negli ultimi 30 anni?
Deflazionare il contenzioso è cosa buona e giusta ma se da un lato occorre intervenire sulla cultura litigiosa degli italiani (certo non una matrioska con dentro l’avvocatura), dall’altro non si può pensare di risolverla con la mediazione obbligatoria o con il ricorrente aumento del contributo unificato, disposizioni che ne rendono dubbia la tenuta costituzionale. Bastava istituire una prima e unica udienza dinanzi ad un giudice specializzato in mediazioni, ante giudizio.
I rimedi allora sono peggiori del male e dietro si cela il meschino ed irresponsabile disegno di demolire l’avvocatura (alla quale è demandato il nobile compito di tutelare i diritti, non dimentichiamolo). Tutto ciò oramai viene palesato con la facoltà dell’ingresso del “socio di capitale”, con l’abrogazione delle “tariffe” (sì, ma forse, come ha dimostrato il vuoto creato dalla norma, in assenza dei parametri che null’altro sarebbero che nuove tariffe occulte), con l’obbligo del “preventivo” (come se avessimo la sfera di cristallo e sapessimo l’iter del contenzioso, e delle sue variabili, ivi inclusa quella arrecata dalla malagiustizia). Non ultimo l’art. 24, comma 24 della legge di stabilità, pretesa dal ministro Fornero, con l’obbligo per le Casse private di garantire la sostenibilità tra entrate ed uscite per i prossimi 50 anni, innalzando l’asticella di altri 20 rispetto al passato, e per di più ignorando i patrimoni accumulati (quale sia allora lo scopo dei patrimoni, non è dato sapere). Il cui ministro offre generosamente un contributo a tutti. Anzi, un “contributivo” a tutti.
Dinanzi ad una situazione così tellurica e franosa, la Cassa non è certo immobile. Occorre ricordare come la Cassa sia una delle due istituzioni dell’avvocatura. Il Cnf costituisce il pilastro “giurisdizionale” e la Cassa il pilastro “economico”. Il pilastro economico si sorregge solo se vengono salvaguardati i principi fondamentali della professione, poiché diversamente avremo un’avvocatura debole e alla mercè dei poteri forti (banche, assicurazioni etc.), con la mortificazione del reddito, già peraltro fortemente eroso dalla crisi.
Invero, oggi la Cassa sta studiando quali misure approntare per soddisfare le richieste, per vero discutibili, del Ministro del lavoro, cogliendone però anche le opportunità.
Tuttavia importante è anche la “politica” affrontata e predisposta dalla Cassa per contrastare il disegno demolitore dell’avvocatura, certo non solo esplicitato con il desiderio di far “cassa con le Casse”, così da assicurare altre decine di miliardi allo Stato bulimico e all’Inps prolifico.
L’avvocatura non intende fare da agnello sacrificale per appagare desideri inespressi.
E la Cassa ne è strenuo difensore.
Marcello Adriano Mazzola