La giustizia dissuasa

di Marcello Adriano Mazzola

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Un diritto inviolabile che presuppone, - anzi postula e pretende -, un “sistema giustizia” efficiente. Diversamente tale diritto verrebbe violato. Come accade in Italia, sistematicamente, posto che le classifiche internazionali stilate annualmente da organismi indipendenti autorevoli, collocano l’Italia sempre negli ultimi posti.
Il diritto alla difesa pretende il diritto alla giustizia. Uno tra i diritti più sacri, scritto dai nostri padri costituenti, è violato dai poteri legislativo ed esecutivo e dalle istituzioni che non curano una metastasi che ha aggredito l’intera vita democratica. Da tempo e ancora oggi da questo esecutivo che oramai ha esautorato la repubblica parlamentare.
Senza la salvaguardia del diritto alla difesa, soccombono tutti gli altri diritti. Il sistema della legalità - e dunque dello stato di diritto e dello stato sociale - poggia sulla certezza del diritto, la cui vis si manifesta solo in un efficiente sistema di giustizia. La giustizia è l’architrave sulla quale poggia tutta la società e la stessa democrazia. Se l’architrave cede, cedono i diritti e tra essi anche quelli fondamentali. Ancor peggio, i diritti collassano su se stessi, alimentando il sistema di sacche di soprusi ed illegalità, a vantaggio di soggetti disonesti. Ciò sino ad aggredire tutto il sistema economico, disgregandolo, indebolendolo. In pratica si ha un Paese senza futuro, composto da cittadini virtuali in una democrazia virtuale. Cittadini ai quali vengono riconosciuti diritti sulla Carta ma che non hanno poi strumenti di tutela. Un diritto senza tutela, dunque la necrosi dei diritti.
Negli anni abbiamo assistito a mediocri mini-riforme della giustizia, farraginose e inutili, tutte con un solo intento: non riformare la giustizia. Difetta la volontà ed ancor peggio tale mancata riforma viene addebitata dall’opinione pubblica, disinformata dai mass media poco indipendenti ed equilibrati, all’avvocatura, prona a garantirsi entrate reddituali certe dalle lungaggini processuali. Dunque, come si suol dire, “cornuti e mazziati”.


L’avvocatura paga due volte questa tragica farsa: la prima come categoria poiché non è posta nelle condizioni di assolvere al meglio la professione ed il delicato ruolo di tutela dei diritti, dunque con una grave mortificazione e con l’erosione della credibilità e della stessa area reddituale, posto che la spirale negativa che si è radicata è quella della sfiducia nella giustizia e dunque nella stessa avvocatura, oramai definita all’occorrenza casta, lobbie etc.; la seconda è quella che coinvolge comunque gli avvocati (circa 200.000 individui, non dimentichiamolo) nella loro veste di cittadini però più consapevoli, impotenti dinanzi ad una giustizia sorda, autoreferenziale, impunita nelle responsabilità, e legittimata nell’inefficienza da un legislatore che oscilla tra l’incompetenza e la mala fede. In ogni caso gravemente responsabile.
Sappiamo bene che la giustizia efficiente si può avere subito se si interviene su almeno 4 punti cardine: a) l’organizzazione della giustizia (processo telematico; tutte le notifiche via pec; nessuna fila per adempimenti burocratici che si possono fare con un click; manager dei tribunali); b) la responsabilità dei magistrati da rendere effettiva (dal 1988 ad oggi 400 cause ammesse dopo il filtro ma solo 4 responsabilità accertate!); c) un processo civile (esecutivo incluso) più agile e snello; d) mantenere le risorse economiche in entrata (spese processuali) al Ministero della Giustizia, mentre oggi solo una piccola parte si tiene ed il resto va a tappare le falle dello Stato. Da ultimo, giusto per non tirarci fuori dal coro, avvocati più preparati e il cui accesso alla professione sia consentito solo ai più meritevoli.
Invece cosa ti combina il legislatore da tempo ed ancora in questi giorni? Invece di riparare l’auto, invita tutti i passeggeri ad andare con altri mezzi (bici, skate, pattini, pelli di foca, a piedi etc.). Attua la politica chiamata da alcuni come “moral (dis)suasion”. L’intento dichiarato apertamente è quello di deflazionare il contenzioso ma mica migliorando il contenzioso oppure predisponendo strumenti culturali di mediazione, no, devastando l’architrave della giustizia, introducendo norme di dubbia tenuta costituzionale (la mediazione obbligatoria), comprimendo i diritti di difesa (ora con il decreto “sviluppo” avremo l’appello col filtro, il ricorso in cassazione azzoppato, la legge Pinto a scartamento ridotto, la cancellazione di tutti i piccoli tribunali a prescindere), intimidendo le parti processuali (la condanna per lite temeraria ex art. 96, III co. come scheggia impazzita; liquidazione delle spese processuali ad abundantiam).


Tutto questo è inaccettabile, miope, pericoloso perché arreca un grave vulnus alla tutela dei diritti e dunque alla democrazia in generale. Manca in tutto ciò una progettualità, un disegno per il futuro, una politica sana e responsabile. L’avvocatura deve opporsi e proporsi (con un progetto) per gestire un tale cambiamento, insieme alla magistratura responsabile e consapevole.
Non v’è alcun futuro per un Paese che non garantisca una giustizia efficiente.

Marcello Adriano Mazzola - Delegato di Cassa Forense

 

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