Il ddl di riforma del processo penale

di Antonio Mazzone

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Per formularlo occorre, dapprima, verificare quale sia la finalità di politica criminale che la riforma si propone di soddisfare, quale sia il livello di capacità della nuova norma processuale a funzionare da strumento di rafforzamento della capacità di prevenzione generale e speciale del sistema penale o, in alternativa a quest’ultimo passaggio, quale sia la capacità di una tale norma di rinforzare i profili di garanzia.
Se si procede ad una verifica del ddl di riforma del processo penale, che si avvia all’approvazione definitiva, in base al parametro dell’idoneità ad incrementare l’efficienza del sistema, si deve rispondere che tale disegno contiene novità importanti, da valutarsi molto positivamente, relative alla riduzione degli spazi di sostanziale discrezionalità nell’esercizio dell’azione penale e dei tempi processuali.
Un primo riferimento è alla norma che prevede un automatismo nell’avocazione da parte del Procuratore Generale nell’ipotesi in cui la Procura della Repubblica, una volta decorso il termine per la conclusione delle indagini preliminari, non assuma le proprie determinazioni (richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione) entro un termine di tre mesi, sei mesi, quindici mesi a seconda della complessità del procedimento e dei reati.
Norma, questa sull’avocazione automatica, che non soltanto rafforza significativamente l’efficienza del sistema processuale penale e, quindi, la capacità di prevenzione generale e speciale dell’ordinamento penale, ma che ha assunto anche un valore simbolico nel dibattito tra gli organi rappresentativi delle categorie facenti parte del settore Giustizia.
Sempre in base al parametro dell’idoneità a incrementare l’efficienza del sistema deve valutarsi, anche, la riforma del regime della prescrizione.


Sarà l’applicazione pratica a consentire di verificare, a posteriori, se la modifica della disciplina della prescrizione porterà, in concreto, all’allungamento o alla riduzione dei tempi di definizione dei processi.
A parere di chi scrive ed andando un po’ controcorrente può formularsi la previsione che la nuova disciplina, pur stabilendo un allungamento dei termini di prescrizione del reato, in concreto comporterà una riduzione dei tempi di trattazione dei processi.
Ciò perché la nuova disciplina, prevedendo la sospensione della decorrenza della prescrizione per il giudizio di appello e un’ulteriore sua sospensione per il giudizio di cassazione, nelle ipotesi e alle condizioni che la norma indica introduce, in sostanza introduce il “termine di fase” e, con esso, il termine di ragionevole durata del processo nella fase di appello e nella fase di cassazione.
Al contrario, con la disciplina oggi vigente, nell’ipotesi in cui un reato si estingua per prescrizione è difficile individuare la fase ed il grado (primo grado, appello, cassazione) cui sia addebitabile il ritardo.
Con la nuova disciplina, invece, nell’ipotesi in cui si realizzi l’estinzione per prescrizione del reato è facilmente individuabile la fase e, con essa, se non proprio il Magistrato, almeno l’Ufficio cui sia addebitabile il ritardo.
La sospensione del decorso del termine nella fase successiva consente al giudice di tale fase di riparare, comunque, all’eventuale ritardo nella trattazione da parte del giudice della fase precedente: purché il reato, a causa di tale ritardo riferibile al giudice della fase precedente, non si sia già estinto per prescrizione, prima che possa operare la sospensione del decorso del termine prevista per ciascuna delle fasi di impugnazione.
Il riferimento, dunque, alla fase precedente o alla fase successiva non potrà più avere alcun effetto deresponsabilizzante per la fase in cui l’estinzione del reato si è, in ipotesi, realizzata.
Ciò dovrebbe dunque produrre l’effetto di accelerare i tempi di trattazione dei processi e ridurre il numero dei reati estinti per prescrizione.
L’impegno di tutte le categorie che operano nel settore Giustizia deve essere quello di verificare quale sarà l’impatto di questa riforma sul processo penale, per proporre ulteriori interventi diretti a rafforzarne sia l’efficienza, sia le garanzie: principi, questi, che non sono antitetici ma che, invece, in uno Stato democratico e liberale, sono tra loro inscindibili.



In proposito è bene sempre ricordare che la garanzia del contraddittorio, che si sostanzia, innanzitutto, nella necessità dell’effettività della partecipazione dell’indagato/imputato al procedimento/processo e dell’effettività del pieno esercizio delle sue facoltà difensive, costituisce anche il metodo migliore per accertare la verità e, quindi, per soddisfare pienamente la funzione del processo.
In una prospettiva, poi, di recupero di organicità è forse giunto il momento di chiedersi se non sia opportuno iniziare a percorrere la strada diretta alla realizzazione di un nuovo codice di procedura penale.


Antonio Mazzone - Avvocato del Foro di Locri

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