I redditi degli avvocati

di Alessandro Di Battista

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Alcuni dati:

  • gli avvocati iscritti alla Cassa al 31.12.2012 erano 177.088 con un reddito medio di € 46.921: però, solo il 10,1% (17.903) ha dichiarato un reddito superiore ad € 91.550, che costituiva il tetto reddituale per quell’anno, mentre la media del restante 89,9% (159.181) si riduce ad € 23.901;
  • gli avvocati iscritti agli Albi al 31.12.2012 erano 230.435 (di cui 177.088 come detto iscritti anche alla Cassa) con reddito medio di € 38.629; mentre quella del restante 92,2% “precipita” ad € 18.438;
  • gli avvocati iscritti agli Albi ma non alla Cassa al 31.12.2012 erano 53.347 con reddito medio di € 3.182;
  • gli avvocati iscritti alla Cassa che dichiarano oltre € 91.550 hanno una media reddituale di circa 10 volte superiore a quella dei colleghi iscritti alla Cassa con redditi dichiarati inferiori ad € 91.550.

Nel nostro sistema previdenziale la solidarietà ha una rilevanza non secondaria, nel senso che gli avvocati che dichiarano un reddito elevato autofinanziano totalmente la propria futura pensione e contribuiscono, appunto per il principio di solidarietà, a finanziare quella dei colleghi con redditi più bassi.
Inoltre, proprio poiché per il calcolo della media reddituale vengono presi solo i redditi fino alla soglia, di fatto esiste un “tetto”, sia pure indiretto, alle pensioni anche per coloro i quali dichiarano redditi ben superiori.


A tal proposito riporto ulteriori dati:

  • i colleghi che dichiarano redditi elevati (c.d. carriera alta) autofinanziano la propria pensione per circa il 113% (ovvero versano più di quanto poi percepiranno);
  • i colleghi che dichiarano un reddito medio (cd. carriera media) autofinanziano la propria pensione per oltre il 98%;
  • i colleghi che dichiarano un reddito basso (c.d carriera minima) autofinanziano la propria pensione per poco più del 93%;
  • inoltre, come noto, i colleghi che dichiarano un reddito superiore alla soglia, su tale “supero” versano il 3% (anziché il 14%) destinato interamente a solidarietà.

Considerando i dati richiamati, bisogna senz’altro riconoscere ai colleghi che dichiarano redditi molto elevati il merito di sostenere la solidarietà della categoria in misura, in alcuni casi, certamente assai rilevante.
Ridurre un tale contributo di solidarietà nei confronti dei colleghi con redditi elevati comporterebbe inevitabilmente un aggravio a carico di tutti gli altri, in termini o in aumento della contribuzione, e/o di diminuzione delle prestazioni previdenziali, non potendo in alcun modo permetterci di intaccare la sostenibilità del sistema.
Aumentare la contribuzione alla stragrande maggioranza dei colleghi, che, comunque, hanno svolto, svolgono e, sono sicuro, svolgeranno sempre con dignità, competenza e autorevolezza la professione, e che nella quasi totalità fa già fatica a sostenere tali oneri nell’attuale misura, o diminuirne in futuro la pensione, che non sarà mai comunque “d’oro”, ritengo debba essere sentita come una scelta non condivisibile, specialmente in questo momento di profonda crisi, che colpisce, si sa, maggiormente sempre i più “deboli”.


Tali considerazioni dovrebbero essere condivise indipendentemente dalla situazione “reddituale” di ognuno di noi, con una visione non particolare ed egoistica, ma generale ed, appunto, “solidaristica”.
Sarebbe opportuno, specialmente in questo momento di grande, ed in tanti casi, drammatica difficoltà, che richieste del genere non vengano neppure avanzate dai “diretti interessati”, o, se è già … accaduto, che vengano prontamente “desistite”.

Avv. Alessandro Di Battista – Delegato di Cassa Forense

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