Cassa Forense: le nuove società tra avvocati

di Vittorio Minervini

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Con la "Legge annuale per il mercato e la concorrenza", legge 124/2017, il legislatore ha voluto modificare la legge professionale forense (legge 247/2012): si è voluto disciplinare la possibilità di esercitare la professione forense da parte di società di persone, di capitali o cooperative, iscritte in apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione la società pone la propria sede L’esercizio della professione forense in forma societaria riveste particolare delicatezza sotto molteplici aspetti.

L’art. 5 della legge professionale n. 247/2012 conteneva una delega al Governo per la regolamentazione dell’ esercizio della professione forense in forma societaria, nel rispetto di alcuni principi che erano posti a salvaguardia dell’ attività forense. Tra questi: la sua definizione oltre il perimetro della attività d’impresa, l’insoggettabilità alle procedure concorsuali, la partecipazione di soli avvocati alla compagine sociale, la partecipazione da parte dell’ avvocato ad una sola società forense, la qualificazione dei redditi prodotti dalla società tra avvocati come redditi da lavoro autonomo anche ai fini previdenziali.

L’ abrogazione dell’ art. 5 legge 247/2012 e la introduzione dell’ art. 4 bis nel testo della legge professionale disegnano in modo completamente difforme, rispetto quanto prescritto sino ad ora, l’ esercizio in forma societaria della professione.

Molte voci si sono levate in critica alla nuova disciplina, in particolare per la previsione della presenza nella compagine sociale di un socio di capitale e di professionisti di diversa estrazione, critiche ampiamente condivisibili, che vorrebbero indurre il legislatore all’adozione di alcuni correttivi, nel richiamo del contenuto dell’ abrogato art. 5.

Nei rilevi critici rientra anche il tema, omesso dal legislatore, della denominazione della società, la quale, per trasparenza nei confronti degli utenti e dei consumatori, deve invece trovare immediato riconoscimento quale soggetto esercente la professione forense, in attuazione ai principi dettati dalla legge 247/2012, al cui interno la norma è stata collocata dal legislatore. Per quanto attiene i riflessi previdenziali della nuova disciplina, si deve osservare come difetti l’inquadramento fiscale dei redditi della società tra avvocati e come difetti, del tutto, il delicato profilo del trattamento previdenziale e dei rapporti con le casse professionali. I riflessi attengono la tutela pensionistica del singolo avvocato e le potenziali ricadute negative sul sistema previdenziale forense che, dopo una lunga stagione di riforme ha raggiunto la propria stabilità, di medio e lungo periodo.

Per quanto riguarda il profilo relativo alla stabilità finanziaria di Cassa Forense, si è valutato l’ impatto della nuova disciplina alla quale potrebbero rivolgersi gli avvocati di maggior reddito interessati a migliorare l’ efficienza organizzativa e fiscale del proprio studio professionale. Il numero degli avvocati con volume d’affari superiore ai 100.000 euro è di 26.500 unità, con un gettito di contributo integrativo pari ad oltre 320 milioni di euro su base annua: nell’ipotesi in cui un numero non esiguo degli avvocati così definiti dovesse ricorrere all’esercizio professionale in forma societaria, in assenza di una puntuale disciplina previdenziale, il minor gettito quale contributo integrativo potrebbe assumere volumi prossimi ad un terzo dell’ ammontare attuale del contributo integrativo parametrato sul volume d’ affari, con un nocumento che si potrebbe ipotizzare di circa 100 milioni annui.

L’ assenza di una specifica definizione del reddito prodotto dall’ avvocato nella società professionale deve inoltre indurre a considerare come la mancanza di un adeguato regime di raccordo con l’ordinamento previdenziale forense potrebbe causare danni alla posizione previdenziale personale: la mancata equiparazione, a fini previdenziali, dei redditi prodotti nell’ambito della società a quelli libero professionali, potrebbe avere un negativo impatto sul trattamento pensionistico spettante al professionista i redditi del quale, per effetto di tale discrasia, dovessero portarsi al di sotto della soglia c.d. “tetto pensionistico”. Vi è, inoltre, da considerare l’eventuale minor gettito legato a quella parte di contributo soggettivo corrispondente all’aliquota al 3% (per redditi superiori ai 100.000 euro), che ha finalità esclusivamente solidaristiche e che riguarda circa 16.000 avvocati: il minor gettito potrebbe assestarsi in circa 70 milioni di euro, su base annua. In tale contesto, difficile poter avere una puntuale rappresentazione del mancato introito annuale per effetto della nuova normativa: di certo gli effetti sarebbero rilevantissimi per la stabilità finanziaria di lungo periodo dell’ ente previdenziale.

Tali preoccupazioni sono state comprese e condivise dal legislatore, che nella ultima redazione della Legge di Bilancio 2018, ha voluto apportare un correttivo alla legge 124/2017, introducendo due ulteriori comma all’ art. 4 bis della legge 247/2012, il comma 6 bis ed il 6 ter e ciò con il comma 443 dell’ art. 1 della legge di bilancio. Con il comma 6 bis , dopo aver colmato la lacuna della definizione ed aver affermato l’ obbligo della società formata nell’ alveo della legge professionale forense di definirsi come “società tra avvocati”, si introduce l’ obbligo, per tali società, in qualunque forma costituite, ad applicare sul volume di affari prodotto nell’ anno la maggiorazione del 4% quale contributo integrativo da riversare annualmente a Cassa Forense.

Con il comma 6 ter, è stato previsto che sia Cassa Forense a disciplinare con proprio regolamento, da adottare nel termine di un anno, termini e modalità di dichiarazione e di riscossione e le eventuali sanzioni, così riportando nell’ ambito regolamentare dell’ ente tutti i soggetti che esercitano la professione forense.

La importanza della modifica normativa è evidente: la società tra avvocati è una species peculiare, inserita nell’ ambito della disciplina della legge professionale forense. La Cassa Forense rappresenta il sistema previdenziale ed assistenziale che gli Avvocati hanno voluto costruire con la proprie risorse, senza utilizzare fondi di altra provenienza; il contributo integrativo rappresenta il costo per il servizio avvocatura che grava sulla collettività e a tale onere sono assoggettati tutti i soggetti che svolgono la professione forense: in assenza della specificazione che il legislatore ha voluto inserire nella Legge di Bilancio 2018, la attività professionale forense svolta in forma societaria avrebbe goduto di una indebita esenzione dal contributo a Cassa Forense, con la possibilità di godere di maggiori utili a discapito degli altri iscritti.

L’ attenzione che il legislatore ha voluto esprimere con tale intervento è conseguente ad una prima corretta ponderazione degli interessi che sottendono alla nuova disciplina: la regolamentazione delle attività che attengono l’ esercizio dei diritti non può esser assoggettato alla legge di mercato.

Avv. Vittorio Minervini - Delegato Cassa Forense

Estratto dalla Legge di Bilancio 2018

443. All’ art. 4 bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

6-bis. Le società di cui al comma 1, in qualunque forma costituite, sono tenute a prevedere ed inserire nella loro denominazione o ragione sociale l’ indicazione “società tra avvocati” nonchè ad applicare la maggiorazione percentuale, relativa al contributo integrativo di cui all’art. 11 della legge 20 settembre 1980, n. 576, su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini IVA; tale importo dovrà essere riversato annualmente alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense.

6-ter. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con proprio regolamento da emanare entro un anno dall’entrata in vigore della presente disposizione, provvede a definire termini, modalità dichiarative e di riscossione, nonché eventuali sanzioni applicabili per garantire l’applicazione delle disposizioni del comma 6 bis. Il regolamento di cui al primo periodo è sottoposto ad approvazione Ministeriale, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettera a, del decreto legislativo 30 giungo 1994, n 509.

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