Affidamento dei servizi legali: il Consiglio di Stato rinvia ogni pronunciamento
08/12/2017
Stampa la paginaIndubbiamente il tema è delicato, in particolare per quanto riguarda - nell’ambito dei servizi legali - gli incarichi di patrocinio in giudizio, in ordine ai quali non sembra, invero – contrariamente a quanto dedotto dall’ANAC nella richiesta di parere al Supremo Consesso -, che né la Direttiva n. 2014/24/UE, né il D.Lgs. n. 50/16, abbiano introdotto significative variazioni rispetto alla disciplina comunitaria e nazionale previgente. Sul piano del diritto comunitario, la previgente Direttiva n. 2004/18/CE collocava i servizi legali nell’Allegato II B, soggetto all’applicazione dei soli artt. 23 (specifiche tecniche) e 35, comma 4 (avviso di aggiudicazione), non già dell’intera direttiva comunitaria. In seguito, il Considerando 25 e l’art. 10 della Direttiva n. 2014/24/UE, che ha abrogato la previgente disciplina, hanno escluso dall’applicazione della stessa Direttiva “i servizi di rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato” e nessun articolo della Direttiva in questione disciplina l’affidamento dei servizi esclusi. Sul diverso piano del diritto nazionale, l’art. 17 del D. Lgs. n. 50/16 dispone che i servizi legali concernenti la rappresentanza in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali, nonché la consulenza legale fornita in preparazione di un procedimento di arbitrato o di conciliazione e gli altri servizi legali connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri, sono esclusi dall’applicazione delle disposizioni del codice dei contratti pubblici. L’art. 4 del predetto D.Lgs. n. 50/16 enuncia i principi generali per l’affidamento degli appalti esclusi dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici: economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica. Ed invero, il previgente D.Lgs. n. 163/06 collocava i servizi legali nell’Allegato B – i quali, in base all’art. 27 del medesimo Decreto legislativo, dovevano essere affidati nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, previo invito ad almeno cinque concorrenti –. Pertanto, non è dato all’interprete individuare appieno, dal punto di vista sostanziale, significative differenze tra la disciplina previgente e quella attualmente in essere, pure nel diverso dettato testuale. Non può certamente omettersi di considerare che l’orientamento comunitario tende sempre più a ricomprendere le attività professionali nel concetto di “servizi”, tuttavia la giurisprudenza nazionale di legittimità formatasi sotto la vigenza del predetto D.Lgs. n. 163/06 aveva affermato che il conferimento da parte di un ente pubblico di un incarico a un professionista costituisce espressione di semplice autonomia privata e quindi la scelta del contraente è permeata di natura soltanto privatistica (Cass., SS.UU., n. 4/07). Anche la giurisprudenza amministrativa, vigente il precedente codice dei contratti pubblici, aveva chiarito che l'affidamento di servizi legali è configurabile allorquando l'oggetto della prestazione non si esaurisca nel patrocinio legale, ma si configuri quale modalità organizzativa di un servizio più complesso e articolato (Cons. Stato, n. 2730/12; cfr. Determinazione n. 4/2011 dell'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici). La magistratura contabile, dal canto suo, si era attestata sulla medesima posizione interpretativa rilevando che il servizio legale, per essere oggetto di appalto, richiederebbe un quid pluris, per prestazione o modalità organizzativa, rispetto alla mera prestazione del patrocinio legale (Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Basilicata, Delib. n. 19/09). In sintesi, si era consolidato un orientamento giurisprudenziale che oggi il Consiglio di Stato non si è sentito di superare, tanto da affermare che, per espressa indicazione del codice dei contratti pubblici, i servizi legali sono esclusi dall’applicazione dello stesso codice, “anche in ragione di una rilevante – anche se non esclusiva – componente fiduciaria delle scelte, che pure deve essere tenuta in considerazione”, evidenziando altresì che, nell’adozione delle linee guida, l’ANAC dovrebbe anche (e, forse, soprattutto, per quanto innanzi esposto circa la normativa comunitaria) valutare la compatibilità di una regolazione particolarmente stringente e dettagliata in subiecta materia con il divieto di gold plating. Conclude, pertanto, il Supremo Consesso, prima di esprimere il proprio parere definitivo, circa la necessità di acquisire il parere del Consiglio Nazionale Forense, del Ministero della Giustizia, del Ministero dei trasporti e delle infrastrutture e del Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Insomma, per il momento….tutto come prima….nulla di nuovo sotto il sole, in attesa di ulteriori pronunciamenti e di maggiori indicazioni sul modus operandi per la scelta dei legali cui affidare i c.d. “servizi legali”.
Marcello Bella – Dirigente Area giuridica e legale Cassa Forense