Covid-19: L’app “Immuni” e il contact tracing, il difficile bilanciamento fra salute e privacy

di Emanuele Nagni

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Si chiama “Immuni” la nuova applicazione italiana ideata e sviluppata dalla società Bending Spoons Spa per il tracciamento dei contagi da Covid-19

Il contact tracing costituisce uno degli strumenti di sanità pubblica più idonei a prevenire e contenere il contagio giacché consente di risalire, mediante una mappatura degli ultimi contatti avuti dal suo utilizzatore, alla c.d. catena dei contagi, impedendo con tempestività l'eventuale e successiva trasmissione del virus ai casi secondari.

Come funziona Immuni

A seguito delle valutazioni effettuate dalla task force per l’utilizzo delle tecnologie dell’innovazione connesse ai dati, istituita nei giorni scorsi dal Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, in accordo con il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Immuni è stata ritenuta non solo in grado di contribuire ad un’efficace azione di contrasto alla diffusione del Covid-19, in conformità al modello europeo delineato dal Consorzio PEPPPT (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing), ma anche di garantire il rispetto della privacy, punto fondamentale e di discussione in relazione alla legittimità dell’app.

Quest’ultima permette all'utente di mantenere un controllo efficace sui propri dati e sui contatti intervenuti con altri individui che, una volta ‘tracciati’ digitalmente, restano contenuti nel proprio dispositivo smartphone.

Il tracking dei dati avviene attraverso la tecnologia Bluetooth e l’archiviazione delle informazioni raccolte non viene rilevata finché non vi sia l’assoluta certezza che l’utilizzatore risulti positivo al test del Covid-19.

Solo dopo tale circostanza l’utente potrà prestare il consenso al trattamento dei dati sensibili registrati dallo strumento, consentendo così all'algoritmo di valutare il rischio di contagio e di stilare un elenco degli utilizzatori da avvertire: l’alert perverrà dalle autorità sanitarie e chiederà di attenersi ad uno specifico protocollo di autoisolamento o di effettuazione del test.

Questa soluzione tecnologica presenta due componenti: un diario clinico dell’utente e della sua eventuale positività al coronavirus, nonché un sistema di tracciamento dei soggetti incontrati attraverso dei codici identificativi anonimi generati direttamente dai singoli dispositivi, secondo un modello decentralizzato che non permetta al software di conservarli in un unico server. 

Nessun dato, pertanto, sarà raccolto o diffuso prima che il soggetto che abbia contratto il coronavirus abbia acconsentito al loro utilizzo.

In termini di efficacia della tecnologia, inoltre, secondo uno studio condotto dalla Oxford University con un team di esperti del Big Data Institute, si richiederebbe una copertura del 56% della popolazione, che di fatto corrisponde all’80% degli utilizzatori di smartphone di uno Stato.

In tal modo, l’applicazione porrebbe al maggior numero possibile di utenti alcune domande specifiche per comprendere l’effettiva sussistenza del rischio di esser stati contagiati. 

Sotto il profilo della privacy, tuttavia, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) ha evidenziato il possibile impatto dell’app sul sistema complessivo delle libertà e delle garanzie di cui è portatore il nostro ordinamento.

Come evidenziato da alcune forze politiche, invero, non sarebbero ancora note le valutazioni del Comitato in ordine all'efficace funzionamento di questo innovativo strumento tecnologico, degli obiettivi proposti dai suoi ideatori e, soprattutto, della sicurezza dei sistemi di archiviazione digitale dei dati raccolti.

Alla luce di tali questioni, a cui si auspica una pronta risposta in termini risolutivi, non può ora non assumere rilievo la prudenza mostrata dagli altri Stati membri UE, in cui è stata più volte ribadita l’imprescindibile necessità di assicurare, ad un livello normativo, che i dati sensibili tracciati non siano resi accessibili anche a chi manchi di idonea autorizzazione. 

Avv. Emanuele Nagni - Foro di Roma


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