UNA NUOVA PROSPETTIVA DI MEDIAZIONE

di Massimiliano Blasone

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In un contesto in cui fervono proposte e controproposte di riforma del processo civile, si è tornato a pensare agli strumenti di risoluzione alternativa delle controverse quale risorsa per il tanto agognato miglioramento dell’efficienza della Giustizia.

In tal senso, infatti, tendono non solo il disegno di legge delega AS 1662 in discussione al Senato, ma anche le Linee Programmatiche recentemente pubblicate dal Ministro della Giustizia.

Partendo dal presupposto che il fine ultimo di un sistema processuale civile è la definizione delle controversie, ci si domanda se una soluzione medio-conciliativa possa essere adottata non solo per il contenimento dei giudizi di merito, ma anche dei conseguenti procedimenti esecutivi ed in particolar modo di quelli immobiliari.

Come è noto, la sospensione dei procedimenti esecutivi aventi ad oggetto immobili destinati ad abitazione familiare, disposta dalla normativa emergenziale, ha congelato oltre metà delle procedure pendenti, che verranno riattivate tutte contemporaneamente alla scadenza del termine fissato per il 30.6.2021. La crisi economica contingente, conseguente a quella pandemica, determinerà inoltre un aumento dei pignoramenti di immobili, ivi compresi quelli ad uso non abitativo.

È lecito prevedere, pertanto, un prossimo inevitabile ingolfamento, se non addirittura un collasso, dei Tribunali delle Esecuzioni e, contestualmente, una probabile acuizione delle tensioni sociali a causa delle connesse liberazioni di immobili che avverranno in una situazione di conclamata emergenza abitativa.

In ragione di un tanto, l’introduzione di un tentativo di conciliazione tra le parti volto ad estinguere le procedure, ivi comprese quelle pendenti ed attualmente sospese, ben potrebbe essere considerato quale via da seguire, parallelamente a quella di un necessario miglioramento dell’efficienza delle ordinarie vie giudiziali.

Ben potrebbe il giudice dell’esecuzione, pertanto, in una prospettiva de iure condendo, conferire tale incarico ad un professionista delegato di cui all’elenco dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c. 

Una tale scelta, infatti, permetterebbe l’intervento di un soggetto che, quale ausiliario del giudice e quindi pubblico ufficiale, avrebbe un ruolo super partes e sarebbe dotato di esperienza e competenza specialistica in materia esecutiva.

Un tale tentativo di conciliazione andrebbe esperito entro un termine perentorio fissato nel provvedimento assunto dal giudice all’udienza ex art. 569 c.p.c. e consisterebbe in un’attività del delegato da svolgere preliminarmente alle operazioni di vendita, che verrebbero avviate in caso di esito negativo.

La conciliazione, inoltre, potrebbe svolgersi in sede di incontro tenuto anche su una piattaforma on line, come è stato recentemente introdotto in Francia.

Il professionista delegato, in sostanza, sulla base delle conoscenze acquisite dall’esame del fascicolo dell’esecuzione e delle risultanze della perizia, potrebbe efficacemente prospettare alle parti un giudizio prognostico sulla fruttuosità della vendita e sui costi della procedura, al fine di promuovere un accordo volto alla rinuncia agli atti esecutivi dei creditori e all’eventuale permanenza nell’immobile del debitore esecutato.

Il debitore esecutato, pertanto, potrebbe giovarsi di tale opzione al fine di tentare un ultimo, estremo accordo con i creditori, soprattutto nei casi in cui, a seguito delle soventi molteplici cessioni del credito, risultino di difficile ricostruzione i vari passaggi e l’individuazione del corretto interlocutore cui sottoporre un’eventuale proposta di natura economica, volta a cercare di salvare la casa di abitazione.

Come sopra accennato, l’applicazione dell’istituto media-conciliativo ai procedimenti esecutivi immobiliari non è estraneo ad altri ordinamenti, tra cui Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Serbia ed Argentina, ma di certo rappresenterebbe una novità per il nostro.

Provare per credere.

Massimiliano Blasone – Foro di Trieste e Kristel Torri – Foro di Rimini


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